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Guida alle elezioni nel Regno Unito

Guida alle elezioni nel Regno Unito

Tutto quello che c’è da sapere sul voto nel Regno Unito di giovedì. Riuscirà Johnson ad ottenere la maggioranza dei seggi?
 

Giovedì 12 dicembre si voterà nel Regno Unito: proviamo a capire qualcosa su contesto, scenari, sistema elettorale, strategie, sondaggi. Partiamo da queste domande: perché si vota il 12 dicembre? E perché si vota per la terza volta in quattro anni (2015, 2017, 2019)?

Il 12 dicembre si rinnoveranno i 650 seggi della Camera dei Comuni perché quest’ultima ha approvato la richiesta di Boris Johnson di elezioni anticipate: il leader laburista Jeremy Corbyn, che era inizialmente contrario, ha dato il via libera dopo la “flextension garantita dalla UE su Brexit. Si vota, dicevamo, per la terza volta in 4 anni (in Italia abbiamo invece avuto tre elezioni politiche negli ultimi 11 anni) per un motivo molto semplice: Brexit.

Tre elezioni in quattro anni

Nel 2015 vince David Cameron, che promette un referendum sulla permanenza nella UE: quel referendum si tiene a giugno 2016 e sapete come è finito. Dopo la sconfitta nel referendum, dove aveva sostenuto il Remain, Cameron si dimette e gli subentra Theresa May. Ad aprile 2017 la May chiede elezioni anticipate, con l’obiettivo di avere un mandato pieno: le elezioni del giugno 2017 però, a sorpresa, sono un mezzo disastro per i Conservatori. Anche grazie a un’efficace campagna elettorale da parte di Corbyn, infatti, finisce con un sostanziale testa a testa nel voto popolare (42% ai Tories, 40% per il Labour).

Quel che più conta, comunque, sono i seggi in Parlamento. Non solo la May non aumenta i seggi dei Tories come sperava (erano 330), ma ne perde 13, perdendo anche la maggioranza nella House of Commons. Il Primo Ministro si ritrova così appeso agli unionisti nordirlandesi del DUP e ai loro 10 deputati.

Come è noto, Theresa May passa i due anni successivi a cercare di far approvare un accordo sull’uscita dalla UE alla House of Commons, senza successo. A maggio di quest’anno si dimette e viene rimpiazzata da Boris Johnson, uno degli esponenti Tory più esposti per il Leave. Anche Johnson ha le sue difficoltà a uscire dal ginepraio Brexit in Parlamento: chiede più volte di andare a elezioni anticipate, gliele negano, poi arriva la flextension di cui sopra e ottiene le snap elections.

Come si vota nel Regno Unito

Eccoci quindi alle elezioni di giovedì prossimo. La domanda a questo punto è centrale: come si vota nel Regno Unito? Con un sistema elettorale chiamato “first-past-the-post“, cioè con un maggioritario a turno unico in collegi uninominali. Il territorio del Regno Unito, a tal fine, è diviso in 650 collegi (constituencies).

Elezioni in Regno Unito – La mappa dei collegi uninominali

La mappa qui sopra sovrarappresenta i collegi vasti ma poco popolosi (es. quelli della Scozia, in giallo) e al contrario sottorappresenta Londra e le aree urbane. Per questo motivo, si utilizza anche quest’altra versione, che dà a tutte le constituency la stessa dimensione rappresentandoli come esagoni.

Elezioni in Regno Unito – La mappa dei collegi a parità di dimensioni (2017)

Sta di fatto che, per ciascuno dei 650 collegi, il candidato che ottiene anche solo un voto in più degli altri in quel collegio viene eletto e va alla House of Commons. A volte bastano davvero pochi voti per ribaltare un risultato: per esempio, questa è Kensington nel 2017: il Labour vinse di 20 (VENTI) voti.

Elezioni in Regno Unito – I risultati del 2017 a Kensington

Come potete immaginare, questo sistema elettorale (che peraltro è di fatto quello che Salvini vorrebbe introdurre in Italia con la sua proposta di referendum) ha pesanti implicazioni politiche e comunicative.

La prima: favorisce i partiti che hanno una certa distribuzione geografica del voto più concentrata (ad esempio lo Scottish National Party). Al contrario, danneggia i partiti medi che non hanno grande concentrazione locale (per esempio i LibDem, o lo UKIP in passato).

Elezioni in Regno Unito – Il sistema elettorale favorisce i partiti territoriali

La seconda: quella inglese è un’elezione nazionale, ma è come se si trattasse di 650 micro-elezioni locali indipendenti, constituency per constituency.
 
Per questa ragione i partiti a inizio campagna elettorale costruiscono mappe e modelli statistici per identificare i “marginal seats“, quei collegi in cui si vince o si perde per pochi voti.

Elezioni in Regno Unito – I seggi più in bilico

Quasi tutta la campagna elettorale si concentra in questi pochi marginal seats, detti anche battleground seats, che sono un po’ come gli swing states americani. Un voto strappato un collegio in bilico, in altre parole, questo “vale” di più.

Elezioni in Regno Unito – I seggi in bilico a Londra

Facciamo qualche caso concreto: per i Laburisti è quasi inutile investire su Tottenham, dove due anni fa hanno vinto con l’82%, ma anche a Tiverton and Honiton, dove l’ultima volta hanno perso per 34 punti di distanza dai Conservatori. Al contrario, sarà molto importante la campagna nei seggi di Kensington (per rafforzare il piccolissimo vantaggio di due anni fa) e Chipping Barnet (per recuperare il lieve svantaggio dai Tories in un seggio molto pro-Remain).

Parlando di “key seats“, cioè dei collegi chiave, è molto interessante questo approfondimento della BBC con mappe e analisi che tengono conto di quanto i collegi erano testa a testa nel 2017, ma anche del risultato del referendum Brexit e di alleanze locali. Questo video del Telegraph, invece, individua e racconta alcuni seggi chiave per i Conservatives: quelli in cui il Leave ha preso più del 55% e in cui basta il 2% di swing a favore dei Tories per strappare il seggio.

Il voto tattico

Una conseguenza molto interessante di questo sistema è il cosiddetto “tactical voting“, il voto tattico. Di che si tratta? Semplificando, potremmo dire che è la versione british del nostro “turarsi il naso”. Esempio concreto: se sono un LibDem anti-Brexit e voglio evitare a tutti i costi che nel mio collegio vinca il candidato Conservatore, può darsi che mi convenga turarmi il naso e votare Labour, perché avrei più chances che nel mio collegio non vincano i Tories.

Negli ultimi anni c’è stata un’esplosione di siti che danno indicazioni sul tactical voting, soprattutto da parte di attivisti e comitati anti-Brexit che cercano di unire le forze contro i Conservatori: ad esempio Best for Britain, People’s Vote, TacticalVote, Remain United. Esistono anche degli aggregatori come votetools che permette di fare una comparazione tra i voti tattici suggeriti dai vari siti.

Elezioni in Regno Unito – Il voto tattico secondo Votetools

Cosa dicono i sondaggi?

Arriviamo adesso alla domanda delle domande: cosa dicono (e cosa non dicono) i sondaggi? Possiamo fidarci? Che trend stanno registrando?

Elezioni in Regno Unito – I sondaggi

Potremmo parlare di un riallineamento sulle posizioni storiche. Se a giugno c’erano 4 partiti in un range di 6 punti (Labour, Brexit Party, Conservatives e Liberal Democrats), ora invece si assiste a una nettissima tendenza alla bipolarizzazione: Conservatori e Laburisti insieme sono quasi all’80%, i LibDem tornano a un  fisiologico 13% e il partito di Nigel Farage quasi scompare.

Una delle chiavi del risultato di giovedì sarà questa: la bipolarizzazione favorisce Johnson o Corbyn? Sicuramente favorisce entrambi, ma più l’elezione diventa un esplicito referendum su Brexit più le cose potrebbero complicarsi per i Conservatives. Vediamo perché.

Da una parte, la strategia di Boris Johnson è molto chiara: fare il pieno dei “Leavers”, prosciugando il Brexit Party di Farage ma pescando anche tra i laburisti che hanno votato Leave. I sondaggi mostrano che per il momento quest’operazione sembra riuscita: circa il 70% degli elettori che nel 2016 avevano votato Leave oggi voterebbe per i Conservatives. Lo slogan “Get Brexit done” di Boris, ripetuto come un mantra, sembra aver funzionato.

Elezioni in Regno Unito – Il 72% dei Leavers votano Tory

D’altra parte, il fronte Remainer è più diviso. La maggioranza relativa va sul Labour (44%), ma c’è un 26% che preferisce i LibDem. Sia i laburisti, sia i liberaldemocratici alla fine appoggerebbero un secondo referendum, ma questi ultimi vorrebbero revocare direttamente l’articolo 50 che ha avviato la Brexit.

Elezioni in Regno Unito – I Remainers sono divisi fra Labour e LibDem

Perché allora la bipolarizzazione può aiutare più Corbyn che Johnson? Perché nelle ultime settimane sembra che una parte dei Remainers che guardavano ai LibDem si stia ricompattando sul Labour. Lo spiega il mitico John Curtice in questo articolo.

Elezioni in Regno Unito – I LibDem si spostano verso il Labour

In sostanza, il voto nel Regno Unito è a un bivio strategico fondamentale: sarà Boris Johnson a vincere la scommessa (aggregare sui Tories il voto pro-Brexit) o Corbyn riuscirà nell’impresa di attrarre abbastanza Remainers più una parte di elettorato più vicina al Labour sui temi sociali?

Come prevedere i risultati collegio per collegio?

In tutto questo, visto come funziona il sistema elettorale britannico, la percentuale nazionale dei voti è indicativa fino a un certo punto per capire chi vincerà. In teoria bisognerebbe fare 650 sondaggi ogni volta (uno per ogni constituency), ma naturalmente è impraticabile. Come si fa, allora? Istituti di sondaggio, media, analisti, ricercatori usano sostanzialmente due modelli statistici.

Il primo è chiamato UNS (Uniform National Swing) e consiste nell’applicare a ciascun collegio la variazione nazionale di ciascun partito rispetto all’elezione precedente. Questo metodo è stato applicato allo Swingometer: trasmesso in TV già nel 1966, si trattava di un “seggiometro” che misurava i seggi di Labour e Conservatives a seconda della percentuale di vantaggio nazionale proprio sulla base dello UNS.

Elezioni in Regno Unito – Lo Swingometer nel 1966 sulla BBC

Il problema dell’Uniform National Swing è che funzionava bene con un sistema bipartitico e senza grossi cleavages interni.Oggi, invece, abbiamo trasformazione demografica, volatilità di voto, ingresso di nuovi partiti, effetto-Brexit. Che fare, dunque?

Per provare a stimare il risultato di ciascuna constituency partendo da un sondaggio nazionale, oggi si utilizzano tecniche statistiche più avanzate. Parliamo del MRP, cioè “multilevel regression with post-stratification“. Ne parla il Financial Times in questo video:

Elezioni in Regno Unito – Come funziona l’MRP

Per una spiegazione approfondita, c’è anche il nostro articolo di analisi per capire bene come funziona questo metodo MRP e come potrebbe (o non potrebbe) essere applicato anche all’Italia. Nell’articolo e in questa mappa trovate le stime MRP di YouGov, collegio per collegio.

Elezioni in Regno Unito – La mappa dell’MRP di YouGov 

 


La stima nazionale di YouGov, basata sulla somma delle probabilità collegio per collegio elaborata con l’MRP, è al momento questa. Sarebbe una vittoria di misura per Boris Johnson, ma rispetto alla prima stima pubblicata il 27 novembre la maggioranza Tory è diminuita da 68 a 28 seggi, quindi il trend è nettamente in calo e non si può sapere cosa succederà domani.

Elezioni in Regno Unito – Le previsioni di YouGov con l’MRP

Al termine di questa lunga carrellata, vi invitiamo a seguire le elezioni con noi. In primis di persona: se siete a Londra giovedì 12 vi aspettiamo alla LSE per analizzare e commentare insieme il voto inglese. Oltre a questo, naturalmente si potranno seguire le elezioni su tutti i canali social di YouTrend (Facebook, Twitter con l’hashtag #MaratonaYouTrend, Instagram e Telegram) con mappe, grafici, approfondimenti e un occhio di riguardo per i seggi in bilico.

Lorenzo Pregliasco

Nato nel 1987 a Torino. Si è laureato con una tesi su Obama, è stato tra i fondatori di Termometro Politico, collabora con «l'Espresso» e ha scritto su «Politico», «Aspenia», «La Stampa».
È regolarmente ospite di Sky TG24, Rai News, La7 e interviene frequentemente su media internazionali come Reuters, BBC, Financial Times, Wall Street Journal, Euronews, Bloomberg.
Insegna all'Università di Bologna, alla 24Ore Business School e alla Scuola Holden.
Ha scritto Il crollo. Dizionario semiserio delle 101 parole che hanno fatto e disfatto la Seconda Repubblica (Editori Riuniti, 2013), Una nuova Italia. Dalla comunicazione ai risultati, un'analisi delle elezioni del 4 marzo (Castelvecchi, 2018) e Fenomeno Salvini. Chi è, come comunica, perché lo votano (Castelvecchi, 2019).
È direttore di YouTrend.

3 commenti

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  • Complimenti davvero per l’articolo super interessante e ricco di grafici e info!
    Una domanda: come mai nella mappa dell’MRP di YouGov di previsioni dei seggi non si vede il nord Irlanda?
    Grazie

    • Ciao Michele! L’MRP non stima l’Irlanda del Nord perché i partiti sono diversi da quelli della Gran Bretagna, e visto il numero ridotto di collegi (18 su 650) la stima sarebbe inevitabilmente meno precisa.