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Canada al voto: Trudeau e Scheer sono testa a testa

Canada al voto: Trudeau e Scheer sono testa a testa

Il Primo Ministro liberale e il suo giovane sfidante conservatore sono alla pari nei sondaggi, ma con un governo di coalizione…

Mancano ormai pochi giorni alle elezioni in Canada – si vota lunedì 21 – e grazie al voto anticipato molti elettori hanno già messo la scheda nell’urna. Mentre il Paese è chiaramente con il fiato sospeso, anche il mondo è molto interessato a quello che potrebbe succedere a Ottawa. Neanche nel 2015, quando il volto del giovane Justin Trudeau entrava di prepotenza nell’Olimpo del progressismo mondiale, il voto canadese aveva attirato così tanta attenzione a livello mondiale.

Senza considerare quanto l’Unione Europea sia interessata a vedere ancora forte e stabile un alleato come Trudeau, c’è un’altra ragione per cui questa tornata elettorale attira molto gli osservatori internazionali. Il voto in Canada infatti, nonostante le differenze di scala, non può che far venire in mente quello dell’anno prossimo negli Stati Uniti. Quindi, se persino nel democratico, pacifista e beneducato Canada dovesse arrivare la vittoria della destra populista, simboleggiata da Scheer, anche la base dei Repubblicani statunitensi che spera nella rielezione di Trump potrebbe uscirne rinvigorita.

Le regole del gioco

Le urne si apriranno il 21 ottobre alle 8 del mattino e sono state indette dal Governatore Generale Julie Payette l’11 settembre dopo la proposta del primo ministro Justin Trudeau. Va infatti ricordato che il Canada è una monarchia parlamentare federale: il Capo dello Stato è tuttora la Regina Elisabetta II d’Inghilterra, la quale però non ha più alcun potere formale. È invece rappresentata dal Governatore Generale, una figura facilmente avvicinabile al nostro Presidente della Repubblica.

Il Paese ha due camere, una alta – il Senato – e una bassa – la Camera dei Comuni – sul modello del Parlamento britannico. Il voto riguarderà solo la camera bassa, con un sistema elettorale maggioritario puro a collegi uninominali, cioè il “first-past-the-post”.

Ai sensi della sezione 51 del Constitution Act, il numero dei componenti della Camera è stabilito in base alla popolazione delle province, dato che viene aggiornato ogni 10 anni. In virtù del Fair Representation Act del 2011, la nuova Camera dei comuni è composta da 338 deputati. Per rendere la distribuzione dei seggi maggiormente proporzionale alla popolazione del territorio, la legge ha attribuito 15 seggi in più all’Ontario, 6 in più a British Columbia e Alberta e 3 in più al Québec rispetto al 2011. Questi Stati, in particolare l’Ontario, sono più liberali della media e potrebbero decidere le elezioni in un senso o nell’altro.

I candidati

A sfidarsi lunedì saranno i sei partiti principali. I due che possono ambire alla vittoria sono i Liberali di Justin Trudeau e i Conservatori di Andrew Scheer di cui abbiamo già parlato. Alle loro spalle invece vi sono altri quattro partiti minori che saranno fondamentali nella corsa alla leadership del Paese.

Il New Democratic Party

Il New Democratic Party, di stampo socialdemocratico, è guidato da Janghmeet Singh ed è il concorrente principale per la terza posizione: i sondaggi lo danno intorno al 14%. Singh, il quale è un sikh osservante e ha guadagnato la leadership del partito nel 2017, ha vissuto momenti alterni in questa campagna elettorale dopo essere partito in sordina e senza una direzione chiara.

Per lungo tempo è stato infatti in un limbo dove il criticare Trudeau gli faceva piovere addosso critiche, in quanto sembrava spianare la strada a Scheer, nemico numero uno del partito. Allo stesso tempo il risparmiare critiche al Primo Ministro lo condannava all’irrilevanza. Con l’aiuto della sua campaign manager Jennifer Howard però Janghmeet Singh è riuscito a trovare una direzione, avvicinandosi molto alle campagne liberal statunitensi di Warren e Sanders, con tre idee ben chiare: Medicare For All, ecologia e lotta alla corruzione.

Se era facile prevedere che Liberali, Conservatori e Democratici sarebbero stati protagonisti della campagna elettorale, non si può dire lo stesso degli altri tre partiti.

Il Bloc Québécois

Il partito regionale del Québec, Bloc Québécois, è stato storicamente un protagonista delle tornate elettorali canadesi, ma è arrivato a questa campagna carico di punti interrogativi. La causa indipendentista sembra essersi annacquata da tempo e non ha più lo stesso peso nel Paese, soprattutto dopo l’elezione di Trudeau, che ha accettato il dialogo con i suoi leader e che stempera ogni tensione.

L’unica speranza all’inizio della campagna per il leader del BQ, Yves-François Blanchet, era la Legge 21. Questo provvedimento è infatti bandiera del secolarismo estremo del Bloc Québécois e in pratica proibisce a qualsiasi lavoratore dell’amministrazione pubblica di mostrare o portare simboli religiosi. Questo ha creato grande scandalo nel tollerante mondo canadese, dove infatti un leader politico come Singh (che come detto è un sikh osservante e che regolarmente porta simboli religiosi con sé) è solo uno degli esempi. Il dibattito politico si è dunque spostato sulla possibilità o meno del futuro Primo Ministro di appellarsi alla Corte Suprema contro questa legge.

Trudeau e Singh non si sono schierati apertamente a favore dell’appello, ma hanno fatto capire di essere disposti a farlo mentre Scheer non si è espresso. La realtà è che nessuno vuole alienarsi gli elettori del Québec. L’unico che rischia di meno è forse Trudeau che invece sa di poter raccogliere molto consenso tra gli abitanti anglofoni dello Stato, storicamente di tendenze liberali ed estremamente contrari rispetto a questa proposta.

Il Green Party

La vera sorpresa di queste elezioni sono i Verdi di Elizabeth May. La leader del Green Party è una politica di lungo corso e si è garantita un grande seguito con la sua estrema coerenza. La questione ambientale è fortemente sentita in Canada praticamente da tutti i cittadini. Le promesse tradite di Justin Trudeau, tra gasdotti e oleodotti costruiti, e la scarsa vicinanza al tema di Singh nelle prime settimane di campagna hanno garantito a May una forte visibilità e un altissimo livello di approvazione tra i giovani. Il partito Verde è una spina nel fianco di Trudeau a guardare i sondaggi, ma la May sa che il tema del voto utile si aggira come una spada di Damocle sulla sua testa. La tendenza del partito verde nelle elezioni canadesi, infatti, è sempre stata quella di avere sondaggi migliori rispetto ai voti reali.

Il People’s Party of Canada

L’ultimo partito minore che va richiamato è il Partito Popolare di Maxime Bernier. Questa formazione è nata a immagine e somiglianza del suo leader, da sempre stato conosciuto per le sue posizioni di estrema destra e per le sue uscite alquanto stravaganti. Bernier è un ex conservatore, rivale acerrimo di Scheer, di cui ritiene che abbia posizioni estremamente moderate – anche se in realtà sono piuttosto radicali. Nonostante il Partito abbiamo veramente poco seguito e abbia anche candidato personaggi dubbi nelle circoscrizioni, resta un problema per la campagna di Scheer. Il leader conservatore, infatti, dopo la comparsa del Partito Popolare fatica a spostarsi verso il centro dello spettro politico, pena la perdita dei voti di estrema destra. Questa strategia, pur evitando il travaso di voti verso Bernier, potrebbe costare a Scheer la presidenza a favore di Trudeau.

I sondaggi e gli scenari

I calcoli fatti da P.J. Fournier di 338 Canada, che elabora i sondaggi in modo simile alla Supermedia di YouTrend, parlano di un testa a testa. Il partito Conservatore di Scheer è in testa con il 32,3% dei consensi, mentre il partito Liberale di Trudeau è subito dietro con il 31%. I due sono seguiti dal New Democratic Party con il 17,3% dei voti, poi in rapida successione troviamo il partito Verde al 9,1%, il Bloc Québécois al 6,8% e i Popolari al 2,7%.

Nonostante i sondaggi nazionali, la situazione in parlamento sarà diversa grazie al fatto che il sistema è maggioritario e il consenso non è omogeneo sul territorio nazionale. Per questo motivo i Liberali e il Bloc Québécois potrebbero godere di un vantaggio, avendo il loro consenso concentrato in zone che assegnano molti seggi, anche se Trudeau potrebbe soffrire la crescita dei democratici (+4% negli ultimi 10 giorni).

Canada – La media dei sondaggi di 338 Canada

La proiezione dei seggi vede attualmente un pareggio esatto con circa 133 seggi sia per i Liberali che per i Conservatori. Una sorpresa se si considera che il partito di governo fino a una settimana fa sembrava a un passo dalla riconferma della maggioranza assoluta. A seguire, 35 seggi al Bloc, 33 al NDP, solo 4 ai Verdi con un solo seggio (anche molto incerto) per il Partito Popolare. Se andasse così, nessuno raggiungerebbe la maggioranza dei seggi fissata a quota 170, anche se il margine di errore è molto ampio per i partiti maggiori: entrambi potrebbero ancora raggiungere la soglia fatidica.

Se si entra nel campo delle previsioni probabilistiche l’istituto assegna una probabilità simile (44% a 37%) a Conservatori e Liberali di ottenere una maggioranza relativa, comunque non sufficiente per formare un governo autonomo. Allo stesso tempo vi è un 12% di probabilità che Trudeau raggiunga la maggioranza assoluta contro solo il 7% di possibilità che questo possa succedere a Scheer.

Verso un governo di coalizione?

Che cosa potrebbe succedere nel caso in cui nessuno dei due partiti abbia i numeri per governare? Per Scheer, trovare alleati per formare un governo di coalizione sarebbe molto difficile, essendo egli il nemico numero uno degli altri quattro partiti che hanno chance di entrare in Parlamento. I Liberali, invece, in questo scenario avrebbero buone probabilità di formare un governo di coalizione con Democratici e Verdi (che nei sondaggi di oggi arriverebbe esattamente ai 170 seggi necessari). Eventualmente, potrebbero basarsi su un contratto di governo sui temi comuni: combattere le disuguaglianze, affrontare il tema ambientale e limitare Scheer. Questo risultato, tuttavia, potrebbe anche implicare la necessità di un passo indietro di Justin Trudeau.

Nel caso in cui nascesse un governo di coalizione, infatti, potrebbe essere difficile per il New Democratic Party digerire la figura di Trudeau, principalmente per le vicende dello scandalo SNC Navalin, mentre per i Verdi l’ostacolo sarebbe la posizione del Primo Ministro sulla costruzione degli oleodotti. Un volto buono per prendere il posto di Trudeau, si dice già nei corridoi di Parliament Hill a Ottawa, potrebbe essere quello del suo ministro degli Esteri, Chrystia Freeland.

Solo il 21 sapremo se questi scenari saranno reali o no, ma con due leader così polarizzanti come Trudeau e Scheer e il sistema maggioritario canadese, molto difficilmente si arriverà ad un pareggio.

Emanuele Bobbio

Laureato in Scienze Politiche alla Sapienza, in triennale, e in International Relations all'Alma Mater di Bologna, in magistrale, attualmente studia Comparative Politics alla London School of Economics and Politics.
Cofondatore e Direttore de "Lo Spiegone", collabora con Affari Internazionali. Appassionato di mondo, studia politica comparata solo perché non riesce a decidere cosa gli piace di più.

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