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Fiducia nelle istituzioni? In crescita, ma con eccezioni

Fiducia nelle istituzioni? In crescita, ma con eccezioni

L’Edelman Trust Barometer individua livelli alti in Asia e nei paesi emergenti, meno in Europa e nel blocco occidentale.

La fiducia nelle istituzioni, pubbliche e private, è ancora bassa a livello globale, ma in crescita. È quanto emerge da un’indagine Edelman su 27 paesi, volta a verificare il grado di fiducia dei cittadini verso diversi tipi di istituzioni, tra cui governi, imprese, media, organizzazioni internazionali e Ong. L’indagine si è svolta sul finire del 2018 su un campione di oltre 31 mila intervistati, circa 1.150 per paese.

Complessivamente vi sono ancora alti tassi di sfiducia, soprattutto nei confronti di media e governi, ma questa è tendenzialmente in calo. La ricerca considera “fiduciosi” i paesi che raggiungono almeno il 60% di indicazioni favorevoli verso un’istituzione, “neutrali” quelli posizionati nella fascia 50-59%, e “sfiduciati” quelli con valori al di sotto del 50%.

Sfiducia in calo, ma con moderazione

Sembra dunque passato il periodo più negativo, successivo alla crisi economica. Il dato medio assoluto – che tiene conto di tutto – parla di un tasso di fiducia del 52%, in crescita del 3% rispetto al 49% dell’anno precedente. Tuttavia c’è ancora molto da recuperare: dei 27 paesi considerati, solo in 5 casi si può parlare di una “fiducia generalizzata”: si tratta di paesi emergenti (Cina, Indonesia, India, Emirati Arabi Uniti e Singapore), che non a caso si trovano al livello più alto di tutte le graduatorie. Per contro, gli unici paesi sviluppati a mantenere un tasso di fiducia superiore al 50% sono Paesi Bassi e Canada, mentre il resto del mondo occidentale è ancora classificabile come “sfiduciato”, a partire dagli Stati Uniti (49%). I paesi che più hanno limitato la crescita sono Spagna e Russia, entrambe con un calo medio del 7% e che, insieme al Giappone, presentano il dato peggiore.

Dilaga un senso di ingiustizia e voglia di  cambiamento

La graduatoria dà l’immagine di un mondo ancora in fermento dopo i grandi cambiamenti che lo hanno investito nell’ultimo decennio. Alcuni trend sono evidenti: i paesi emergenti, dove milioni di persone stanno uscendo dalla povertà, guardano al futuro con maggior fiducia, mentre i paesi più duramente colpiti dalle crisi degli ultimi anni faticano a ritrovare l’ottimismo perduto.

Occorre però considerare come le contingenze specifiche di ogni luogo possano influire con decisione sui risultati: il Giappone risente di anni di stagnazione economica e dei timori dovuti alla crescita di un vicino a dir poco scomodo come la Cina. La Spagna è scossa dalle crescenti tensioni interne (portate ad esempio dall’indipendentismo catalano e dall’instabilità politica). Paesi come l’Italia, ma anche Francia e, in misura minore, Germania, scontano una lunga e complessa transizione politica che aumenta le incertezze.

Più informati, più ottimisti

La ricerca nota anche come, almeno a livello globale, vi sia una forte differenza tra il pubblico “generale” e quello degli “informati”. Quest’ultimi sono definiti come persone sopra i 25 anni, in possesso di un alto livello di istruzione (universitaria o superiore), appartenenti al 25% più benestante a livello di reddito in ciascun paese, e che dichiarano un consumo significativo di notizie di politica ed economia. Gli informati risultano più fiduciosi (in media del 16%) rispetto alla popolazione generale. Tuttavia, hanno tutti una visione negativa sullo stato della società: quasi la maggioranza di entrambi i gruppi pensa che il sistema agisca contro di loro, e sono fortissimi il senso di ingiustizia e la richiesta di cambiamento. È forte anche l’assenza di fiducia, ma non di speranza, segno della percezione che le cose possono cambiare.

Cinesi i più fiduciosi nelle istituzioni, italiani nella media

Ong e imprese

Per quel che riguarda le singole istituzioni, c’è molta variabilità: in generale, ad ottenere i valori più alti sono le Nazioni Unite, seguite da Ong, imprese e Unione Europea. I dati peggiori sono – in continuità con le indagini passate – quelli di governi nazionali e media, le uniche due istituzioni che non raggiungono, complessivamente, un tasso di fiducia del 50%.

Le Organizzazioni non governative non godono di enorme credito nel mondo occidentale. Anche in paesi europei come Germania, Paesi Bassi e Regno Unito i cittadini sembrano “sfiduciati” nei loro confronti; tuttavia, tra questi, solo l’Italia, la Russia e la Spagna presentano un dato in flessione rispetto allo scorso anno. Le polemiche sul loro ruolo nel Mediterraneo hanno certamente influito sul quadro. Il dato italiano sulle Ong è infatti migliore di quello riferito specificatamente alle Ong che si occupano di migranti, rilevato recentemente da SWG (sfiducia al 61%, ma in miglioramento di 5 punti sul 2017).

Il dato italiano è invece superiore alla media – e in posizione “neutra” – per quel che riguarda le imprese, rispetto alle quali non si mostrano fiduciosi i cittadini di ben 10 paesi, tra cui molti europei: Irlanda, Spagna, Germania, Regno Unito ed anche Russia.

Governo

Come prevedibile, i dati più negativi riguardano la fiducia nel governo e nei media. Nel primo caso, sono ben 20 (su 27) i paesi in cui la fiducia è inferiore al 50%, e comprendono la maggioranza di quelli più sviluppati. Ma rispetto ai temi precedenti la situazione appare più “fluida”, e la lettura dei dati offre spunti interessanti.

Prima di tutto, l’indice complessivo è in crescita del 3%, segno che i cambiamenti globali stanno avendo degli effetti sulla percezione da parte della popolazione. Inoltre, va notato come a limitare di molto il miglioramento siano i cali particolarmente rilevanti in alcune realtà, dovuti a circostanze tipicamente interne. Si è già detto di Spagna, Francia e Germania, ma è da rilevare come anche in Argentina (-10 punti, 31% di fiducia) vi siano dei forti timori, legati particolarmente alla tenuta economica.

I paesi con la crescita di fiducia più sostenuta, invece, hanno vissuto importanti cambiamenti di governo negli ultimi mesi, che possono portare a una sorta di “effetto luna di miele”: in particolare sono il Brasile di Bolsonaro (+10%, con un dato comunque piuttosto basso, al 28%), e l’Italia, il paese con il dato in maggior crescita: un +13% (43% totale) che testimonia le grandi aspettative sul governo giallo-verde. Altro dato molto positivo è quello della Malesia (+14% al 60%), dopo la recente incoronazione del nuovo sultano Abdullah Sultan Ahmad Shah, che si accompagna ai posti più alti insieme ai soliti paesi emergenti asiatici.

Fiducia in aumento (quasi) ovunque

Media

Il dato peggiore, tuttavia, resta quello della fiducia nei media. Per quanto i dati aggregati siano molto simili a quelli sui governi (47% complessivo, +3% sul 2018, con 16 paesi non fiduciosi), i media rappresentano l’istituzione con meno paesi in cui si riscontra una reale fiducia nella loro attività. Stabile, in questo caso, è il dato italiano, tra i “più fiduciosi tra gli sfiduciati”, con il 45% di favorevoli.

UE e ONU

Infine, sono state prese in considerazione anche due tra le principali organizzazioni internazionali: l’Unione Europea e le Nazioni Unite. Come già evidenziato dai dati dell’Eurobarometro sui Paesi Membri, va notato come solo in tre paesi il dato è in calo: in Russia (-6%), in Spagna (-4%) e nella stessa Italia (-4%). Di fatto, l’Unione è l’istituzione che pare aver recuperato più fiducia nell’ultimo anno al di fuori delle nostre mura domestiche – probabilmente a causa degli innumerevoli scontri degli ultimi mesi – e dei due paesi con le performance generali peggiori.

Migliore il risultato delle Nazioni Unite, il cui dato di fiducia media (59%, in crescita del 2%) è il più alto in assoluto. Da notare come i paesi con minor fiducia nel suo ruolo siano, anche in questo caso, soprattutto europei (Francia e Germania, oltre a Turchia, Russia e Giappone). Ciò pare indicare che, dopo i problemi degli ultimi anni, la percezione della positività del ruolo delle organizzazioni internazionali soffra proprio nei paesi che più hanno contribuito al loro sviluppo durante il ventesimo secolo: che sia un segno visibile degli enormi cambiamenti globali dell’ultimo decennio?

Luca Andrea Palmieri

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