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Spagna, Rajoy rischia la sfiducia. Verso nuove elezioni?

Spagna, Rajoy rischia la sfiducia. Verso nuove elezioni?

Se l’Italia è immersa in una crisi istituzionale che non sembra vedere la fine, neanche in Spagna si possono dormire sonni tranquilli. Lo scandalo che ha colpito il Partido Popular (PP), oggi al governo del paese, potrebbe portare all’approvazione di una mozione di sfiducia da parte del Parlamento. Da lì poi tutto è possibile, con le elezioni anticipate che si farebbero sempre più concrete. 

Questo grigio scenario è confermato anche dal contributo che abbiamo chiesto a Marìa Sagrario Ruiz de Apodaca, corrispondente in Italia per la RNE (Radio Nacional de España):

Sono tempi difficili per il governo di minoranza di Mariano Rajoy, costantemente in conflitto sulla questione catalana, sempre alla ricerca di alleati che appoggino le sue proposte e ora sotto l’ombra degli scandali di corruzione del suo partito. Il più clamoroso di questi è senz’altro il caso Gurtel, che ha portato alla condanna (tra gli altri) dell’ex tesoriere del PP e che mette in dubbio la credibilità del Presidente, che testimoniò in suo favore. Ciò ha portato Sánchez, leader del PSOE, ad avanzare una mozione di sfiducia contro Rajoy, anche se la stessa sinistra non sta vivendo tempi migliori. Il PSOE, infatti, è ancora in cerca di una sua collocazione sullo scacchiere politico, mentre Podemos (non paragonabile al M5S) prova a far rientrare i conflitti interni. L’unico a crescere nei sondaggi è Ciudadanos, un partito di centrodestra alternativo al PP che oggi potrebbe vincere le elezioni

Lo scandalo Gurtel

Riguardo al citato scandalo Gurtel, il tribunale madrileno ha condannato 29 dei 37 imputati, accusati di aver fatto parte di una rete di corruzione ben strutturata fino agli alti livelli istituzionali. Secondo le autorità giudiziarie il sistema di malaffare era coordinato dal faccendiere Francisco Correa (condannato a 51 anni e 11 mesi di carcere), il quale distribuiva tangenti e favori in cambio di commesse ad hoc ottenute dalle amministrazioni pubbliche locali guidate dal Partido Popular. Una parte dei proventi derivanti dalle commesse venivano reinvestiti su un fondo “segreto” gestito dall’ex tesoriere del partito Luis Barcenas (condannato a 33 anni), mentre i restanti venivano trasferiti all’estero. Le regioni maggiormente colpite da questa rete, tra il 1999 e il 2005, sarebbero quella della capitale Madrid e quella di Valencia. In queste zone il PP ha sempre goduto di forti consensi ed è stato considerato dai giudici come “partecipante a titolo lucrativo”: dovrà perciò pagare una multa di 240 mila euro.

Come detto, la chiusura del processo (dopo ben dieci anni di indagini) sta producendo una serie di ripercussioni tali da scuotere il fragile equilibrio politico del paese iberico. Le elezioni del giugno 2016, infatti, avevano generato un parlamento frammentato e portato a un governo di minoranza guidato da Rajoy, storico leader del PP. Ciò soprattutto grazie alla astensione di gran parte dei deputati del PSOE (ad eccezione dei fedelissimi del segretario Pedro Sánchez) e all’appoggio esterno di Ciudadanos.

La mozione di sfiducia a Rajoy

Nell’ultimo anno, poi, il persistere di un’elevata disoccupazione, la questione catalana e infine la recente tempesta giudiziaria hanno messo seriamente in difficoltà il Primo Ministro. Durante una delle udienze, Rajoy è stato perfino chiamato a testimoniare in merito all’esistenza o meno dei fondi neri, negando ogni accusa. Anzi, ha definito l’intera vicenda come un insieme di vecchi casi isolati. Ma tale versione non è stata ritenuta credibile dai giudici – né tanto meno dai suoi avversari. Così i deputati del PSOE hanno presentato una mozione di sfiducia, uno strumento previsto dall’articolo 113 della Costituzione spagnola molto simile a quello della sfiducia costruttiva tedesca. La mozione, infatti (che può essere chiesta da almeno un decimo dei deputati) deve indicare obbligatoriamente una figura alternativa per ricoprire la carica di primo ministro e deve essere infine approvata a maggioranza assoluta.

La sessione parlamentare per la discussione di questa mozione è già stata calendarizzata: si terrà giovedì e venerdì. La partita è estremamente delicata poiché alla questione governo-opposizione si sovrappone la questione centralismo-autonomismo. Vediamo allora le singole posizioni dei gruppi parlamentari in merito alla mozione.

  • Partido Popoular – Sta attraversando la sua più grave crisi di sempre. Alcuni sondaggi lo danno persino sotto il 20%. Nella seduta dei prossimi giorni i deputati dovranno difendere ad ogni costo il proprio leader. A Rajoy vengono attribuiti i meriti di aver traghettato il Paese fuori dalla crisi economica e istituzionale, ma in questo frangente potrebbe non essere sufficiente. Inoltre, l’alleato Ciudadanos gli sta progressivamente sottraendo i consensi.
  • PSOE – Risanate le fratture interne e sollevati dal mancato sorpasso di Podemos alle scorse consultazioni, i vertici del partito stanno cercando di tornare nuovamente protagonisti della scena politica spagnola. L’idea sarebbe quella di creare un governo monocolore di breve durata (o con Podemos) in grado di traghettare il Paese verso nuove consultazioni. Il leader Pedro Sánchez, però, deve fare i conti con tutte le forze indipendentiste che chiedono una maggiore autonomia, oltre a Ciudadanos favorevole ad un ritorno al voto per capitalizzare i propri consensi in crescita.
  • Podemos – La recente consultazione interna tra gli iscritti ha confermato la credibilità e la leadership di Pablo Iglesias. E dopo lo scoppio delle polemiche (provocate dall’acquisto di una villa con piscina) non era un esito scontato. Sulla sfiducia, invece, tutti si sono dichiarati compattamente a favore.
  • Ciudadanos – Secondo gli ultimi sondaggi è la prima forza politica del Paese. Da alleato (esterno) oggi rappresenta la principale spina nel fianco del PP e di Rajoy, dal momento che ne chiede a gran voce le dimissioni. I parlamentari non voteranno però la mozione di Sánchez perché rischiano di consegnare il paese alle sinistre. Il giovane presidente Rivera, a questo punto, continuerà a fare pressione su Rajoy affinché si dimetta e convochi le elezioni il prima possibile. In caso contrario, qualora sorgesse un governo delle sinistre appoggiato dagli indipendentisti, accentuerà maggiormente i toni anti-catalani così da prosciugare ulteriormente il PP e porsi come l’unica alternativa nazionale possibile. In ogni caso, Ciudadanos si trova in una posizione “win-win“.
  • CDC, Esquerra Rep. Cat ed Eh Bildu –  Queste tre formazioni autonomiste sono orientate a votare la sfiducia in cambio di forti garanzie da parte dei socialisti su ulteriori autonomie al popolo catalano e a quello basco.
  • Partido Nacionalista Vasco – Ancora non si è espresso per via della posizione (non molto chiara) dei socialisti in merito alla creazione degli autogoverni catalani e baschi. Inoltre, molti dei membri sono convinti che questa manovra sia “cortoplacista” ovvero priva di lungimiranza. Nonostante i suoi 5 seggi sarà comunque decisivo, così come lo è stato per l’approvazione della legge finanziaria lo scorso mese.

Così, ad oggi, i deputati favorevoli alla sfiducia sono 175, a fronte di 170 contrari e 5 indecisi. Ma attenzione, nelle prossime ore si infittirà sempre più il dibattito tra separatismo e centralismo come ago della bilancia nella scelta se sfiduciare il premier o meno. Perciò non si può escludere un esito completamente diverso da quello ritenuto finora più probabile (cioè la caduta di Rajoy).

E se si torna al voto?

Ma a prescindere dall’esito del voto della Camera, i sondaggi degli ultimi mesi parlano molto chiaro: Ciudadanos è ad oggi il primo partito, staccando di 8 punti percentuali il PP. Se si dovesse tornare al voto in tempi brevi, quindi, il giovane Rivera parte con i favori del pronostico.

I popolari stanno infatti perdendo consensi ininterrottamente da tre mesi e, se il trend continuasse, rischierebbero seriamente di finire ben al di sotto del 20% alle prossime elezioni. Ciudadanos, infatti, è ormai diventato un punto di riferimento per l’elettorato moderato di centrodestra, contrario alla secessione della Catalogna e favorevole alla creazione di una nuova classe dirigente. A sinistra, invece, il calo del PSOE è compensato dalla crescita di Podemos.

Lo scenario politico spagnolo, come quello italiano, è quindi in continua trasformazione. Sono passati solo10 anni da quando il PSOE guidato da Zapatero vinceva le elezioni con il 44,4% dei voti e il Partido Popular (guidato sempre da Rajoy) veniva sconfitto con il 40%. Alle prossime elezioni i partiti “tradizionali” potrebbero essere addirittura i soci di minoranza di coalizioni più ampie, ferma restando la grande incognita delle rivendicazioni autonomiste, argomento scottante per chiunque sarà al governo nei prossimi mesi.

 

Alessandro Latterini

Laureato alla Cesare Alfieri di Firenze. Appassionato di politica da sempre.

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