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Un anno di zone colorate

Il sistema a colori esiste da un anno, ma è cambiato molte volte e da mesi quasi tutte le regioni sono in zona bianca.

All’inizio di novembre 2020, con il rapido peggioramento dell’epidemia in Italia, il governo di Giuseppe Conte decise di introdurre un sistema di restrizioni differenziato per regione, al fine di evitare un nuovo lockdown nazionale come quello di marzo e aprile 2020. 

 

Come sono cambiati i colori

Quando il sistema venne introdotto, con effetto immediato oltre un quarto della popolazione italiana si trovò in zona rossa, dove non si poteva uscire dalla propria abitazione se non per motivi essenziali. A metà novembre la quota di popolazione in zona rossa arrivò al 45% e quella in zona arancione, dove non si poteva uscire dal proprio comune, al 32%.

Successivamente, con il miglioramento dell’epidemia aumentò progressivamente la popolazione in zona gialla (allora la bianca non esisteva) fino a che non arrivò a essere pari all’80% poco prima di Natale. Nel periodo delle festività natalizie si sospese il sistema a colori per mettere tutta Italia in zona rossa, arancione e gialla a seconda del giorno e poi a gennaio si tornò alle misure differenziate. A gennaio fino a più del 70% della popolazione si trovò in zona arancione e tra il 10 e il 20% in zona rossa, anche a causa di un errore che portò la Lombardia in quella rossa. 

Dopo che a febbraio buona parte della popolazione rimase in zona gialla, con il peggiorare dell’epidemia tornò la zona arancione e poi a marzo il 70% della popolazione italiana finì in zona rossa e il 30% in arancione con la zona gialla sospesa. Dopo una Pasqua in zona rossa, la maggior parte delle regioni tornò in arancione e da fine maggio in gialla.

Da giugno tutta Italia è poi entrata in zona bianca, dove quasi non si applicano restrizioni, e ci è rimasta fino ad oggi con l’eccezione della Sicilia che ha passato sei settimane in zona gialla.

 

Come sono cambiate le regole

In questo anno il sistema a colori è cambiato diverse volte. La versione originale del sistema era estremamente complessa, andando a combinare l’analisi del rischio condotta dall’Istituto superiore di sanità e l’indice di riproduzione Rt. 

Il primo sistema dava esiti non controllabili poiché si basava su informazioni non pubblicamente disponibili, come la distribuzione dei casi sintomatici a livello regionale (necessari per Rt) e diversi indicatori che si usavano per l’analisi del rischio. 

A gennaio 2021 il Ministero della Salute andò a modificare il sistema a colori introducendo anche l’incidenza settimanale ogni 100 mila abitanti come indicatore, per far sì che le regioni che pur avendo un’alta incidenza ma un basso Rt e un’analisi del rischio che non portava a un rischio “alto” potessero essere soggette a restrizioni (come il Veneto). Con quella modifica si introdusse anche la zona bianca e cambiarono le soglie di Rt. 

A maggio 2021 è stato nuovamente rivisto il sistema, andando a basarsi principalmente su occupazione ospedaliera e incidenza, sebbene rimanesse ancora un ruolo per l’analisi del rischio settimanale, decidendo inoltre di tenere per un mese sia il vecchio sia il nuovo sistema e usare quello che dava le minori restrizioni. 

Infine, l’ultima modifica introdotta a luglio 2021 ha rivisto ulteriormente il sistema, andando a basarsi esclusivamente su occupazione delle aree mediche rilevanti (AM), occupazione delle terapie intensive (TI) e incidenza settimanale dei casi, abbandonando in modo definitivo l’analisi del rischio. 

Le soglie attuali sono le seguenti e affinché si passi in una zona che preveda restrizioni maggiori serve superarle tutte e tre:

  • zona bianca: incidenza inferiore 50 casi ogni 100.000 abitanti
  • zona gialla: AM tra il 15 e il 30%, TI tra il 10 e il 20% e incidenza superiore a 50
  • zona arancione: AM tra il 30 e il 40%, TI tra il 20 e il 30% e incidenza superiore a 150
  • zona rossa: AM superiori al 40%, TI superiori al 30% e incidenza superiore a 150. 

Come abbiamo visto prima, con questo sistema di regole solo la Sicilia è finita in zona gialla. 

Va considerato che, sebbene si sia continuato a parlare di zone gialle, arancioni e rosse in questo anno, il significato dei colori è cambiato. Oltre ai criteri di assegnazione dei colori sono infatti state riviste anche le regole che le disciplinano. Ad esempio, la zona gialla attuale è estremamente simile alla zona bianca e l’obbligo della mascherina all’aperto è l‘unica differenza importante tra le due.

Bisogna inoltre tenere conto che il sistema a colori è stato caratterizzato in tutte le sue versioni da una considerevole nebulosità su come funzionasse. Sebbene le regole base fossero contenute in decreti legge o Dpcm, il funzionamento pratico andava dedotto da quello che succedeva perché si basava su interpretazioni del Ministero della Salute che potevano cambiare in qualsiasi momento (e a volte lo hanno fatto). 

Per tenere sotto controllo quali regioni siano vicine al cambio di zona ci si può basare sul monitoraggio che porta avanti da diversi mesi Vittorio Nicoletta, dottorando in sistemi decisionali e analisi dei dati all’Università di Laval (Canada). 

Quali regioni sono rimaste più tempo in zona rossa

Le regioni che in questo anno hanno passato più tempo in zona rossa sono state la Valle d’Aosta e la Campania (20% del tempo), seguite dalla Lombardia con il 19% e dal Piemonte con il 17%. 

In zona arancione sono l’Umbria e la Sicilia ad esserci state più tempo, avendoci passato oltre un terzo dell’anno. Seguono l’Abruzzo e la provincia autonoma di Bolzano poco sotto il 30%. Il Lazio ha invece passato fino al 40% del tempo in zona gialla, seguito dalla Provincia autonoma di Trento, dal Veneto, dal Molise e dalle Marche con un terzo del tempo.

In zona bianca è stata la Sardegna ad averci passato più tempo essendoci stata, oltre che in estate, anche a marzo, mentre la regione che ci ha passato meno tempo è la Sicilia. Le altre sono a livelli molto simili tra di loro considerando che da giugno in poi tutte le regioni sono rimaste in bianca. 

 

Lorenzo Ruffino

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