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Il punto sulla Spagna: i primi passi del nuovo Governo Sánchez

Il punto sulla Spagna: i primi passi del nuovo Governo Sánchez

Dopo 8 mesi di stallo e 2 elezioni politiche, PSOE e Podemos hanno formato il primo Governo di coalizione della storia democratica spagnola

Alla guida della Spagna c’è il primo Governo di coalizione della storia democratica del Paese iberico: lo scorso 13 gennaio, infatti, ha giurato davanti al Re Felipe VI il secondo Governo presieduto dal leader socialista Pedro Sánchez, che ha formato un Esecutivo insieme a Podemos.

 

Come si è arrivati alla coalizione

PSOE e Podemos, in origine, non trovarono un accordo all’indomani delle elezioni del 28 aprile scorso e, come previsto dalla Costituzione spagnola, il Paese tornò al voto il 10 novembre. In questa ultima tornata le due forze persero complessivamente 10 seggi, ma dopo pochi giorni i rispettivi leader, Pedro Sánchez e Pablo Iglesias, siglarono un accordo per un Governo progressista. L’accelerazione impressa alla coalizione fu dovuta principalmente all’ascesa di Vox, il partito della destra nazionalista e populista guidato da Santiago Abascal che da 24 deputati su 350 è passato, nelle elezioni di novembre, ad eleggerne 52.

L’acceso dibattito di investitura con cui il Congreso de los Diputados ha concesso la fiducia al Governo ha avuto luogo dopo Capodanno ed è culminato col voto del 5 gennaio, nel quale la maggioranza assoluta richiesta (176 su 350) non è stata raggiunta: 166 sono stati infatti i voti favorevoli e 165 i contrari. Due giorni dopo, nel secondo voto di investitura, bastava la maggioranza relativa: fu lì che Sánchez ottenne la fiducia sul filo del rasoio, con 167 voti a favore e sempre 165 contrari. Decisive furono le astensioni, sia da parte dei 5 deputati baschi di EH Bildu, sia soprattutto da parte dei 13 parlamentari di Esquerra Republicana de Catalunya, la formazione indipendentista catalana. Questa non contrarietà dei catalani è stata resa possibile dopo una lunga contrattazione, criticata duramente dal centrodestra per il fatto che ERC ha ottenuto, in cambio dell’appoggio al nuovo Governo, la promessa di concedere maggiore autonomia alla Catalogna.

Pochi giorni dopo l’investitura, sono stati resi noti i ministri. In particolare, nel nuovo Governo Sánchez sono 5 su 23 gli esponenti indicati da Podemos: oltre al leader Pablo Iglesias, secondo Vicepresidente e Ministro per i diritti sociali e l’Agenda 2030, ci sono la sua compagna Irene Montero come Ministra dell’Uguaglianza, il sociologo Manuel Castells come Ministro dell’Università e i deputati Alberto Garzón e Yolanda Díaz, rispettivamente al consumo e al lavoro.

Sánchez ha invece assegnato al PSOE i restanti ministri e le restanti tre vicepresidenze, tutte al femminile: Carmen Calvo è stata riconfermata prima Vicepresidente con delega ai rapporti con il Parlamento e alla memoria democratica, mentre Nadia Calviño e Teresa Rodríguez sono rispettivamente la terza e la quarta Vicepresidente, e hanno entrambe dei ministeri economici.

Ma le acque si sono mosse anche nel centrodestra: España Suma, cioè la proposta di un fronte unico del centrodestra portata avanti dal Partido Popular di Pablo Casado e già sperimentata in alcune elezioni locali, ha incontrato il favore di Ciudadanos, anche per via del tracollo del partito ora guidato ad interim da Inés Arrimadas. Nei fatti, la crisi della forza centrista sembra continuare dopo l’abbandono della politica da parte di Albert Rivera, e Arrimadas non pare essere riuscita a risollevare le sorti del partito. Vox, invece, sta cercando di approfittare della propria ascesa e frenare sul fronte unico di centrodestra, anche per divergenze proprio con Ciudadanos su alcune tematiche legate ai diritti civili.

 

La media dei sondaggi: cosa è cambiato dal 10 novembre

Per quanto concerne i cinque più grandi partiti nazionali, nella media di fine gennaio degli istituti demoscopici il PSOE si attesterebbe sulle stesse percentuali rispetto alle elezioni del 10 novembre, e precisamente al 27,9%, mentre il principale rivale di centrodestra, ossia il PP (20,3%), crescerebbe di mezzo punto percentuale, pur restando sempre vicino a uno dei suoi minimi storici. A crescere significativamente sarebbero invece due forze non tradizionali, ossia Vox (+1,2%) e Podemos che, dopo il deludente 9,8% raccolto il 10 novembre, avrebbe ora il 13,4%. Il tracollo di Ciudadanos, come abbiamo visto, proseguirebbe ancora, e il partito di centro si fermerebbe secondo gli ultimi sondaggi al 5,4%.

Spagna: media delle intenzioni di voto di fine gennaio e confronto con le elezioni del 10 novembre

Alessio Vernetti

Nato nel 1997, si è laureato in relazioni internazionali all'Università di Torino, ma ha studiato anche a Sciences Po Lille e ha frequentato il Summer Program della LUISS. Nel 2019 è entrato nel team Quorum ed è coordinatore contenuti di YouTrend.
La sua vita sociale diminuisce considerevolmente man mano che ci avviciniamo alle elezioni.

1 commento

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  • Continuate a non raccontare le candidature “En Comu Podem (Podemos Catalogna + IU Cat + ICV+ Colau)” ed “En Común (Podemos Galizia + IU Galizia + altri)” nel blocco confederale di Unidas Podemos del 10-N, che sarebbe arrivato a quasi un 13%… Dunque questo 13.4% dai nuovi studi (che stimano il voto di tutte le candidature confederali) non è che ci sia spostata l’intenzione di voto un granché, anzi (e mi dispiace). Piccolo consiglio da uno che non ha formazione in geopolitica o relazioni internazionali: studiate, capite la situazione del paese in particolare e poi scrivete un articolo che abbia senso e non cose a caso che tolgono qualsiasi credibilità. Grazie.

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