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Il difficile salto dei sindaci nella politica nazionale

Il ruolo di sindaco, specie di un grande comune, appare più come punto di arrivo che di partenza nella carriera di un politico.

Passata la tornata di elezioni amministrative, il ruolo dei sindaci è tornato episodicamente nel dibattito pubblico, grazie soprattutto al Presidente dell’ANCI Antonio Decaro, primo cittadino di Bari dal 2014. “È arrivata l’ora: anche noi sindaci tra i grandi elettori”, titola una sua intervista a Repubblica in cui spinge per il coinvolgimento dei sindaci nell’elezione del Presidente della Repubblica. L’intervista è uscita meno di un mese dopo la richiesta dello stesso Decaro a Letta di coinvolgere maggiormente i sindaci nel Partito Democratico e pochi giorni dopo l’inserimento in legge di bilancio di aumenti stipendiali per i primi cittadini – una misura volta a riconoscere l’importanza del loro ruolo.

Le osservazioni di Decaro – e non solo sue – partono da una constatazione: in ogni comune il primo cittadino è figura più nota della grande maggioranza dei politici nazionali, anche dei parlamentari locali. Inoltre, secondo un sondaggio di Demos & Pi il Comune è una delle istituzioni politiche in cui i cittadini ripongono più fiducia (43%), ben più che nello Stato (33%), per non parlare di Parlamento (23%) e partiti (9%). E infatti spesso e volentieri si sente parlare di sindaci illustri pronti a ruolo di spicco nella politica nazionale, o di “partito dei sindaci”, per indicare la volontà di coinvolgere maggiormente i primi cittadini.

Eppure, anche se oggi i sindaci sono eletti direttamente, hanno una forte legittimazione democratica e spesso e volentieri una costante presenza sui media, è raro vedere un salto dai vertici della politica locale a quelli della politica nazionale. Quelli di Walter Veltroni e soprattutto di Matteo Renzi sono insomma casi molto rari.

 

Pochi ex sindaci al governo

Prima di Renzi, ad esempio, solo Emilio Colombo era diventato Presidente del Consiglio (nel 1970) dopo aver ricoperto la carica di sindaco (a Potenza, nella prima metà degli anni ‘50). Ancora oggi, inoltre, nessun Presidente della Repubblica ha mai avuto un passato da primo cittadino.

Un dato che dipende anche dal fatto che fino al 1993, quando è entrata in vigore l’elezione diretta dei sindaci, il ruolo del primo cittadino era meno prestigioso di oggi. Anche ora, però, la carriera di amministratore locale e quella di politico nazionale di spicco sembrano viaggiare su binari separati. Molto raramente, ad esempio, leader nazionali dei partiti maggiori hanno un passato da sindaco. Gli unici casi di politici passati dalla guida di un comune superiore a quella di un grande partito sono quelli dei già citati Veltroni e Renzi, ai quali si aggiunge Guido Crosetto, ai vertici di Fratelli d’Italia dopo essere stato sindaco di Marene, piccolo comune in provincia di Cuneo.

Molto rari sono anche gli ex sindaci nei ruoli di governo. Negli ultimi cinque governi, solo due ex sindaci di comuni superiori (oltre 15.000 abitanti) hanno ricoperto la carica di ministro: Graziano Delrio, ministro delle infrastrutture dei governi Renzi e Gentiloni, e Lorenzo Guerini, ministro della difesa nei governi Conte II e Draghi. Un numero molto basso se si pensa ai tanti nomi che si sono avvicendati alla guida dei ministeri, dal governo Renzi al governo Draghi.

A questi si aggiungono due ministri leghisti del governo Draghi che sono stati in passato sindaci di piccoli comuni, ossia Giancarlo Giorgetti (a Cazzago Brabbia) e Massimo Garavaglia (Marcallo con Casone), oltre alla ministra degli affari regionali del governo Renzi, Maria Carmela Lanzetta, che precedentemente era stata sindaca di Monasterace (in provincia di Reggio Calabria).

Questi numeri suggeriscono già una prima osservazione: il centrosinistra premia maggiormente i suoi sindaci rispetto al centrodestra, che mantiene una maggiore separazione fra la carriera politica locale e quella nazionale.

 

Da sindaco a presidente di Regione

Anche un passaggio più comune come quello da sindaco a presidente di Regione sta diventando più raro. Se infatti nel 2016 ben 11 presidenti in carica avevano un passato da sindaco, oggi solo 6 hanno guidato un comune: Acquaroli (Potenza Picena), De Luca (Salerno), Fontana (Varese e Induno Olona), Emiliano (Bari), Tesei (Montefalco) e Lavévaz (Verrayes).

Confermando l’osservazione fatta pochi paragrafi fa, il calo può essere spiegato anche con l’aumento delle regioni guidate dal centrodestra. Degli undici presidenti ex sindaco in carica nel 2016, ben dieci erano infatti di centrosinistra: D’Alfonso (Pescara), Marcello Pittella (Lauria), Oliverio (San Giovanni in Fiore), De Luca (Salerno), Ceriscioli (Pesaro), Chiamparino (Torino), Emiliano (Bari), Crocetta (Gela), Rossi (Pontedera) e Marini (Todi), ai quali si aggiunge Rollandin (Brusson). Dieci anni fa erano sette, un numero ben più vicino ai sei attuali.

 

I sindaci dei grandi comuni

Almeno nei comuni più importanti il percorso fra la poltrona di sindaco e i vertici della politica nazionale sembra essere inverso. Molti dei personaggi che hanno guidato i dieci maggiori comuni italiani avevano nel curriculum importanti cariche monocratiche, ma pochi ne hanno aggiunte di nuove dopo aver fatto il sindaco, come abbiamo già visto.

A Roma, ad esempio, ben quattro sindaci dal 1993 a oggi avevano precedentemente fatto il ministro (Rutelli, Veltroni, Alemanno e Gualtieri), ma nessuno dopo Veltroni ha più ricoperto ruoli politici nazionali dopo aver fatto il sindaco. 

Nessuno degli ex sindaci di Milano ha avuto una carriera da protagonista dopo aver lasciato Palazzo Marino, anche se tutti sono rimasti nella politica nazionale. Ben tre di loro sono stati eurodeputati (e uno anche senatore), mentre Letizia Moratti è diventata un anno fa vicepresidente della Regione Lombardia. 

A Napoli Antonio Bassolino è diventato ministro nel governo D’Alema mentre era sindaco del capoluogo campano, per poi diventare presidente della Regione per due mandati. Due dei suoi successori hanno invece fatto il percorso opposto, da ministro a sindaco della città: Rosa Russo Iervolino e Gaetano Manfredi.

Guardando le carriere dei sindaci delle dieci città più popolose dal 1993 a oggi, i grandi salti nella politica nazionale sono pochi. Renzi è diventato Premier, e insieme a lui Veltroni è diventato segretario di partito; tre sono diventati ministri (Rutelli, Bassolino e Bianco, tutti fra la fine degli anni ‘90 e i primissimi anni 2000) e tre sono diventati presidenti di Regione (Chiamparino, Bassolino ed Emiliano); sei sono diventati eurodeputati.

Tanti sono rimasti quindi nella politica nazionale, anche se pochissimi con ruoli di vertice. Occorre però considerare che molti dei sindaci delle grandi città ricoprivano già ruoli di prestigio, in parlamento o al governo. Osservando questi dati, sembra infatti che il ruolo di sindaco, specie di un grande comune, sia più un punto di arrivo nella carriera di un politico piuttosto che una rampa di lancio.

Francesco Cianfanelli

Collaboro con YouTrend dal 2018 e con Agenzia Quorum dal 2019, occupandomi di strategia, messaggio e social media per soggetti politici e candidati. Nel tempo libero amo la corsa, la bicicletta, i podcast e altre attività da asociali.

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