Il colore è un elemento importante della comunicazione politica: serve a identificarsi, a rimandare ad un universo di valori preciso, a veicolare determinati messaggi. Da un’analisi cromatica dei loghi presenti alle scorse elezioni amministrative si è anche potuto ricavare un non così imprevedibile legame tra trend visivi e politici, in un articolo che si può leggere qui.
In tempi non troppo lontani le tinte servivano a riferirsi a precise parti politiche, nel solco di una tradizione risalente al 1871, quando venne adottata la bandiera rossa dalla Comune di Parigi. Ancora oggi i colori hanno questa funzione, soprattutto in quei sistemi meno fluidi e soggetti a grandi cambiamenti politici. Si tratta di sistemi dove comunque i colori possono essere protagonisti di curiosi casi, come accaduto negli Stati Uniti.
L’immagine sopra a sinistra è stata condivisa da molti Repubblicani all’alba delle elezioni presidenziali del 2020 (che hanno visto vincere il Dem Joe Biden) e rappresenta il risultato delle elezioni per contea. Questa immagine sarebbe stata molto diversa appena 20 anni fa: fino al 2000, infatti, i colori utilizzati per riferirsi a Democratici e Repubblicani erano esattamente invertiti, secondo la più tradizionale analogia sinistra-rosso e destra-blu a cui siamo abituati. Fu il giornalista TV Tim Russert ad invertire i due colori nelle mappe presentate sul piccolo schermo durante la copertura delle presidenziali del 2000, stabilendo un codice visivo che oggi pare inimmaginabile cambiare.
Se prendiamo però sistemi più mutevoli, le norme grafiche tendono ad essere sempre meno chiare e comuni a tutti. Come sostenuto nell’articolo sulle amministrative citato prima, pare evidente come il colore nelle recenti elezioni comunali sia stato spesso assunto dalle varie forze per piacere più che per scelta politica e strategica.
Per questo motivo, abbiamo pensato che potesse essere il caso di iniziare a dare un ordine agli elementi grafici e di trovare dei codici visivi che possano essere linee comuni o indirizzi futuri. Inoltre, anche se non si possono identificare facilmente vincitori e vinti nel mondo della grafica politica, si può comunque capire quale può essere stato il trend che nell’arco dell’anno appena passato è riuscito ad imporsi. Vi presentiamo quindi quello che per noi è… il colore politico dell’anno!™
I motivi della scelta
La stagione politica italiana del 2021 è stata caratterizzata da molti eventi diversi. Dopo le restrizioni legate alla pandemia, sono tornati a farsi sentire i movimenti ambientalisti di lotta al cambiamento climatico, riempiendo nuovamente piazze e strade. Non solo: la questione della crisi climatica è diventata il tema cardine del G20 di Roma e della successiva COP26 di Glasgow.
C’è poi un colore che è stato tra gli elementi principali della campagna per la promozione del referendum sulla cannabis, nella quale per la prima volta sono state raccolte sottoscrizioni online attraverso lo SPID (con un risultato che non può che far pensare: il traguardo di 500.000 firme è stato raggiunto in meno di una settimana). Quello stesso colore è stato inoltre protagonista di un inaspettato restyling di un logo politico recente: dopo un anno di campagna in gialloblu, Carlo Calenda ha svelato il nuovo logo di Azione, annunciando il primo congresso del partito e rilanciando così l’impegno nazionale.
Ormai lo dovreste aver capito.
Il colore politico dell’anno™ è… IL VERDE!
Cosa aspettarci dal 2022?
In politica fare previsioni è sicuramente azzardato, ma in comunicazione politica forse lo è ancora di più. Registrare semplicemente ciò che è stato sarebbe però troppo facile, e allora – sapendo che saremo sicuramente smentiti – vogliamo provare a segnalare alcuni colori da osservare attentamente in politica per l’anno che verrà.
Il rosa
Bologna non aveva mai visto vincere un sindaco al primo turno con una percentuale simile. Matteo Lepore è stato eletto con il 61,9% dei voti validi e il colore che ha contraddistinto la sua campagna è stato proprio il rosa: una scelta ardita e sicuramente inusuale.
Sempre dalle amministrative un indirizzo cromatico simile si può trovare a Roma: dopo aver partecipato alle primarie abbinando verde (!) e rosa, Giovanni Caudo ha scelto proprio quest’ultimo per identificare la sua lista civica, Roma Futura.
Il giallo
Dopo che nel 2013 il Movimento 5 Stelle si è imposto nel panorama politico acquisendo anche uno spazio cromatico, il giallo non è riuscito a trovare negli anni successivi un suo personale vigore, pur non essendo mancati tentativi in tal senso, come il movimento “Fare!” di Flavio Tosi. Da Torino potrebbe arrivare nuovo vigore per questa tonalità: Francesco Tresso, arrivato secondo alle primarie del centrosinistra, ha guidato una lista civica che ha fatto sua l’abbinata giallo-nero, con una campagna visiva sicuramente interessante. Anche la lista “Torino Bellissima” del candidato di centrodestra Paolo Damilano aveva, insieme al blu, il giallo.
La sfumatura
Nel 2019 sembrava aver sconquassato il panorama cromatico-politico con la sua presenza nel logo di Italia Viva, ma la sfumatura non ha poi goduto di grande fortuna e rilevanza negli anni a seguire. Qualcosa però potrebbe essere sul punto di cambiare: non solo la sfumatura è diventata un ordinario strumento dove inserire testi e citazioni sui social, ma ha iniziato a trovare spazio anche nei loghi delle varie realtà politiche.
Come visto, Azione è solo l’esempio più recente. Guardando il caso di Bologna, la lista di Isabella Conti è risultata coraggiosa nell’assumerlo come unico tratto del logo, insieme al nome. Molte liste civiche, inoltre, hanno iniziato a inserire questo elemento visivo al loro interno (Sinistra Civica Ecologista a Roma, mentre a Milano questo vale sia per i Riformisti che per Milano Salute). Il gradiente si trova anche accennato nel logo di “Cambiamo!” a Napoli, così come nella lista civica del candidato sindaco a Bologna Battistini, anche se lì viene usato per dare profondità e movimento più che per scelta politica.
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