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Giuseppe Conte: il Premier “per caso” che ha saputo conquistare gli italiani

Da professore universitario a Presidente del Consiglio di due governi completamente diversi tra loro

La parabola politica di Giuseppe Conte è senza dubbio singolare, unica nel suo genere: dopo l’accordo post-elettorale (2018) tra M5S e Lega, si individua in Conte, professore ordinario di diritto privato all’Università di Firenze, il premier del cosiddetto “governo del cambiamento”, e non senza difficoltà nasce il governo gialloverde.

 

Conte il sovranista

Il governo gialloverde si caratterizza per una forte discontinuità con i governi precedenti soprattutto sulla gestione delle politiche migratorie, della sicurezza e per quanto riguarda le misure economiche, portando avanti politiche di stampo sovranista più volte rivendicate dallo stesso Presidente del Consiglio. Come dimostrato dai dati riportati, il governo Conte I ha fin da subito goduto di un consenso popolare abbastanza esteso. I dati vanno ad analizzare le principali aree su cui verteva le iniziative di governo già prima citate: sicurezza, immigrazione ed economia. Un italiano su due era d’accordo sulle modalità di gestione dei flussi migratori, mentre per le politiche atte a salvaguardare la sicurezza e per i provvedimenti economici i giudizi positivi si attestavano rispettivamente al 35% e al 31%.

 

Se si confrontano gli indici di gradimento (fonte: Lorien Consulting) del governo allora in carica con i governi della diciassettesima legislatura, si può ben notare come soltanto il governo guidato da Matteo Renzi (59% dei giudizi positivi dopo 3 mesi dalla nascita del governo) abbia potuto godere di un indice maggiore, seppur di poco, del governo gialloverde guidato da Conte (54% dei giudizi positivi). Questi sono considerati dati significativi in quanto il governo gialloverde è stato, per sua natura, un governo eterogeneo rispetto al “monocolore” governo Renzi.

 

Per quanto riguarda gli indici di gradimento personali dei vari leader politici (fonte: media tra Piepoli, Ipsos, Lorien e Tecnè) durante il governo gialloverde, possiamo notare come Giuseppe Conte sia stato il politico più apprezzato dagli italiani con una media del 49% di giudizi positivi, seguito dai due vicepremier: Salvini aveva circa il 48% di giudizi positivi e Di Maio il 44%. In definitiva, un italiano su due aveva fiducia nell’azione del primo governo Conte. Lontanissimi i politici che fino a quel momento avevano dominato la scena politica italiana, con Renzi che si attestava intorno al 19% di gradimento e Berlusconi al 15%.

 

Con l’avanzare dell’azione del governo gialloverde, il protagonismo di Conte è andato sempre aumentando anche grazie alla credibilità personale acquisita in campo internazionale: se all’inizio Conte era visto come una figura “fantasma” nelle mani del duo Salvini-Di Maio, con il passare dei mesi la sua figura ha acquisito molta più importanza risultando l’unico punto di equilibrio del rapporto sempre più difficile tra M5S e Lega. Come ci testimoniano i dati EMG raccolti all’inizio del 2019, Salvini era l’uomo che secondo gli italiani contava di più al governo (per il 54% degli intervistati) ma significativa era stata la scalata del premier Conte con il passare del tempo a Palazzo Chigi, dal 15% al 24%.

 

 

Conte l’europeista

In seguito ad alcune settimane di tensione tra i partiti di maggioranza, l’8 agosto 2019 il leader della Lega innesca la crisi di governo, ritirando la fiducia e, forte del successo elettorale delle elezioni europee, invoca elezioni anticipate. In seguito alle rituali consultazioni, sorge la possibilità di una nuova maggioranza parlamentare tra Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali, che concordano sul nome del premier: Giuseppe Conte.

Inizia così la sua seconda esperienza di governo, ma dal diametro politico totalmente diverso. Questa seconda esperienza di governo è caratterizzata da forti tratti europeisti e provvedimenti presi in forte discontinuità rispetto alla precedente esperienza governativa. I principali atti volti a sottolineare un’evidente differenza di vedute sono la modifica dei decreti “sicurezza” voluti da Salvini e la ridiscussione, seppur non arrivata fino in fondo, di “Quota 100”. In questa esperienza di governo, a detta di tutti gli addetti ai lavori, il ruolo del premier è divenuto il più importante della compagine esecutiva anche a differenza del primo governo Conte, quando il capo del governo era ostaggio di Di Maio e soprattutto Salvini. Gli indici di gradimento di Conte nelle prime fasi del suo secondo governo restano prevalentemente invariate, ma calano quelli di tutti gli altri leader di maggioranza, accantonando una volta per tutte la diarchia Conte-Salvini verificatasi durante il governo gialloverde.

 

 

Pandemia, DPCM e picco di consensi personali

Il 2020 ha messo a dura prova la tenuta sanitaria, sociale ed economica dell’intero pianeta. Una pandemia di proporzioni mai viste in precedenza ha portato il governo Conte-bis a compiere scelte dolorose per contrastare il COVID-19: lockdown generalizzati, chiusure forzate, DPCM con regole molto limitanti, e tanto altro. Nonostante fosse il premier Conte a porre la firma su tutte queste limitazioni, la fiducia degli italiani verso di lui non è diminuita, anzi, è notevolmente aumentata. Questo è un fenomeno molto diffuso: in periodi drammaticamente difficili la popolazione tende a identificare una personalità in grado di risolvere la crisi e di fare tornare il sereno; per forza di cose questa personalità non poteva che essere il presidente Conte (anche per la sempre più costante presenza del premier in televisione e sui social network). Secondo i dati Ipsos e Demos, il Presidente Conte ha goduto di un indice di gradimento che si attesta mediamente intorno al 64% durante le prime fasi della pandemia, talvolta toccando valori esorbitanti come 71%. Si può tranquillamente dire che, almeno nei primi mesi dell’emergenza sanitaria, il Premier ha goduto della stima e della fiducia di due italiani su tre. Nel grafico sottostante possiamo ben notare l’impennata dell’indice di gradimento del Presidente Conte, avvenuta in concomitanza con il primo lockdown.

 

 

La rottura con Renzi e la possibilità di un partito di Conte

Il 13 gennaio 2021 Matteo Renzi annuncia il ritiro dal governo della delegazione di Italia Viva, aprendo la crisi. Dopo una sfrenata ricerca di parlamentari “responsabili” conclusasi con un nulla di fatto, il governo si presenta alle Camere per la fiducia: al Senato Conte non ha più la maggioranza assoluta e, visto l’indebolimento dell’esecutivo, il 26 gennaio rassegna le dimissioni del governo da lui presieduto nelle mani del Presidente della Repubblica. Dopo il nulla di fatto registrato dal Presidente della Camera Fico nel tentativo di ricomporre la maggioranza durante il suo mandato esplorativo, il presidente Mattarella ha affidato l’incarico di formare il nuovo governo a Mario Draghi.

L’Italia sembra essersi già dimenticata dell’uomo più chiacchierato degli ultimi anni, ma l’intenzione di Conte non è certo quella di uscire dalla scena politica italiana così: i seguenti dati ci danno la prova di come ancora molti italiani abbiano fiducia nel presidente dimissionario. Si teorizza addirittura la nascita di un partito guidato dall’ormai ex Premier: possiamo notare come la percentuale (13,5%) sia notevole, trattandosi di una formazione politica che è ancora ipotetica.

 

Risulta importante notare dai dati come gli elettori di un ipotetico partito di Conte provengano prevalentemente dalle forze politiche che sostenevano il suo secondo governo, in particolare dal partito  che da sempre riconosciuto come più vicino al Premier (M5S).

Quello che vorrà fare Conte non è ancora noto, senza dubbio risulta difficile che voglia uscire dalla scena politica dopo esserne stato l’assoluto protagonista negli ultimi tempi.

Andrea Tosi

Studente di Scienze Politiche presso l'università di Pisa. Appassionato di attualità politica italiana

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