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Le attese elezioni dell’Assemblea Nazionale in Venezuela

Le attese elezioni dell’Assemblea Nazionale in Venezuela

Guaidó cerca un rafforzamento della propria posizione, anche approfittando delle spaccature interne alla coalizione di Maduro

Il 6 dicembre 2020 si terranno in Venezuela le attese elezioni dell’Assemblea Nazionale, l’organo legislativo del Paese. Questo voto coincide con un momento di grave crisi e di confusione sul fronte politico: fra nuove coalizioni, proteste, boicottaggi e Maduro in difficoltà, l’opposizione cercherà di confermare la sua maggioranza parlamentare.

 

Dove eravamo rimasti

Il Venezuela è governato da oltre sette anni dal presidente socialista Nicolás Maduro, delfino di Hugo Chávez e suo erede dopo la morte avvenuta nel 2013. Alle elezioni presidenziali del 2018, però, i risultati erano stati molto contestati sia dall’opposizione sia dalla comunità internazionale per presunti brogli e irregolarità: per queste ragioni, il leader dell’opposizione Juan Guaidó aveva riconosciuto l’illegittimità della vittoria di Maduro, dichiarandosi presidente ad interim del Paese.

Oggi il Parlamento è in mano all’opposizione, raccolta nella coalizione centrista Tavolo dell’Unità Democratica (MUD), che alle elezioni parlamentari del 2015 aveva conquistato 112 seggi su 167. Il Grande Polo Patriottico (GPP), la coalizione dei socialisti di Maduro, aveva invece ottenuto 55 seggi.

Tuttavia, il mandato legislativo dell’Assemblea scadrà ufficialmente il 6 dicembre e così quello di Guaidó, che è anche Presidente dell’Assemblea Nazionale (insieme al socialista Luis Parra, anche se i due non si riconoscono a vicenda). Guaidó da mesi sta portando avanti una campagna per boicottare le nuove elezioni legislative, nella convinzione che non mancheranno tentativi di frode da parte del Governo. Guaidó non ha però l’appoggio dell’intera opposizione: altri leader ritengono infatti più utile dialogare con Maduro, piuttosto che boicottare l’appuntamento elettorale.

 

Le paure sulla regolarità del voto

Di fronte alle divisioni del Parlamento venezuelano, l’opposizione e l’UE hanno chiesto a Caracas di posticipare le elezioni al 2021. Maduro ha tuttavia negato questa possibilità, in quanto rappresenterebbe una violazione della Costituzione. Il Presidente si è però detto disponibile ad accogliere delegati UE, ONU e di altri paesi come osservatori internazionali, per dimostrare la natura democratica e regolare delle prossime elezioni.

Intanto, il Consiglio nazionale elettorale (CNE) ha reso noto il nuovo sistema di voto elettronico che verrà utilizzato in occasione delle prossime elezioni. A marzo, infatti, un incendio doloso in un magazzino del CNE aveva distrutto il 99% delle macchine di voto, costringendo il Consiglio a produrne di nuove. Secondo l’istituto si tratterebbe di modelli altamente tecnologici e migliori dei precedenti.

Il CNE ha poi fatto sapere che l’uso delle macchine verrà sottoposto a 16 verifiche, di cui 12 precedenti il giorno delle elezioni, a cui potranno prendere parte esponenti di partito e osservatori esterni. Intanto però non sono mancate le accuse dell’opposizione allo stesso Consiglio elettorale, che sarebbe pieno di ‘fedelissimi’ di Maduro.

 

Una nuova coalizione anti-Maduro a sinistra

Nel 2018 il Partito Socialista Unito di Maduro aveva vinto le elezioni grazie all’appoggio del Partito Comunista Venezuelano (PCV) e di Patria Per Tutti (PPT), uniti nella coalizione Grande Polo Patriottico.

Negli ultimi mesi, tuttavia, PCV e PPT  hanno criticato la svolta verso destra del Governo in materia di politica economica. Secondo i partiti, Maduro avrebbe favorito la classe imprenditoriale e militare a scapito della tutela dei lavoratori e dei salari. Per questa ragione, PCV e PPT – insieme ad altre organizzazioni politiche – si sono uniti in una nuova coalizione, l’Alternativa Popolare Rivoluzionaria (APR), i cui candidati correranno come indipendenti alle elezioni legislative.

Come riporta il New York Times, la coalizione di sinistra ha però già subito numerosi attacchi ai propri candidati: José Pinto, in corsa come esponente dell’APR, è stato accusato di omicidio e la sua candidatura è stata temporaneamente bloccata, mentre 37 membri del PPT sono stati arrestati con l’accusa di aver fatto campagna contro il Governo e il leader del PCV ha subito attacchi dalla polizia.

 

La crisi economico-sanitaria

Quello che gli stessi alleati di Governo oggi recriminano alla presidenza Maduro è una gestione disastrosa dell’economia venezuelana. Le sanzioni americane sul petrolio, imposte dalla presidenza Trump per indebolire Caracas, hanno bloccato l’economia del Paese, con il prezzo della benzina che ha raggiunto livelli preoccupanti. Uno studio pubblicato sull’Economist riporta che il 79% della popolazione venezuelana vive in condizioni di estrema povertà e lo scoppio della pandemia non ha fatto altro che aggravare una situazione già drammatica.

Di fronte alle critiche, il presidente venezuelano ha tuttavia reagito con una forte repressione (sfociata anche nella morte di diverse persone) per frenare l’ondata di proteste che da alcuni mesi attraversa tutto il Paese.

Il New York Times rivela però che le recenti manifestazioni si sono concentrate per la maggior parte nelle zone rurali più povere del Paese, che tradizionalmente costituiscono la base del partito di Maduro. Anche in queste aree, le richieste dei manifestanti – cibo, elettricità, benzina – sono state represse con violenza e con l’arresto di centinaia di persone. L’atteggiamento del Governo Maduro sembra dunque non fare distinzioni fra i suoi oppositori, nemmeno quando a protestare è la base elettorale da cui il leader chavista trae il maggiore consenso.

Intanto però, le elezioni del 6 dicembre si avvicinano, ma la possibilità che il Partito Socialista possa conquistare la maggioranza in Parlamento diminuisce. Uno studio di Datanálisis, pubblicato nell’ottobre 2019, rivela infatti che l’83% dei venezuelani giudica negativamente la presidenza di Nicolás Maduro. Inoltre, il cambio di rotta dei vecchi alleati di Governo rischia di lasciare il Partito Socialista Unito da solo nella corsa alle legislative.

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