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L’impatto del Covid-19 sulla salute mentale

Cosa dicono gli studi rispetto all’aumento di ansia e depressione durante la pandemia?

Gran parte del dibattito che ruota intorno alla pandemia dovuta al Covid-19 si è incentrato sul trade-off tra salute ed economia. Tuttavia, le conseguenze sulla salute mentale, causate sia dalla preoccupazione per la salute di sé e dei propri cari, sia dalle misure restrittive, non sono state analizzate approfonditamente, almeno nel dibattito pubblico.

 

Che cosa sappiamo già

La letteratura in merito alle conseguenze psicologiche delle misure di confinamento è discussa in una review su Lancet. Gli studi condotti sul tema riportano, per coloro che sono stati sottoposti a quarantena, una maggior incidenza di fenomeni di stress, ansia, insonnia, depressione.

Tuttavia due studi, citati nella review, sono interessanti in quanto sembrano andare in controtendenza. Uno di questi ha analizzato la situazione psicologica solo tra gli studenti universitari, con risultati molto interessanti: non sembrano infatti esserci particolari differenze tra i giovani che hanno subito restrizioni e quelli che non ne hanno subite. Gli autori della review sembrano spiegare tali evidenze con la giovane età: nello specifico, a rendere meno impattanti le misure restrittive sarebbe il fatto che i giovani hanno meno responsabilità a loro carico, così come un’assenza – per molti di loro – di conseguenze dal punto di vista lavorativo.

Le conseguenze del Covid-19 dovrebbero però essere studiate in modo più approfondito. Se infatti le precedenti pandemie hanno avuto un basso impatto dal punto di vista economico, le previsioni indicano invece che il Covid-19 porterà a un decennio di recessione. Si tratta di un fenomeno solitamente collegato a problemi di tipo psicologico: i giovani, in particolare, saranno più colpiti da questa recessione, in quanto chi entra nel mondo del lavoro durante situazioni di recessione tende ad avere una retribuzione media più bassa per tutta la vita.

 

Impatti sulla salute mentale della pandemia

Il secondo studio da menzionare riguarda gli effetti sul lungo periodo: secondo questo studio soltanto una bassa percentuale di persone avrà ripercussioni durature.

Uno dei primi studi sulle conseguenze psicologiche della diffusione del virus e delle misure di contenimento, COVID-19 related depression and anxiety among quarantined respondents, è stato condotto in Cina considerando sia soggetti in quarantena in aree a rischio, sia soggetti in quarantena in aree non a rischio, sia soggetti non in quarantena. Di tutto il campione, solamente il 26% ha affermato di aver avuto sintomi di depressione, anche se ben il 70% ha manifestato sintomi di ansia. Ciò che colpisce è come la percentuale di persone che ha sofferto di ansia e depressione sia più elevata tra le persone in quarantena in zone non a rischio rispetto a quelle in quarantena in zone a rischio: 55,25% versus 26,05% per quanto riguarda la depressione, 84,02% versus 76,74% con riferimento all’ansia.

In controtendenza invece i fattori di incidenza: gli uomini con un titolo di studio superiore che vivono da soli hanno maggiori probabilità di sviluppare la depressione. Il titolo di studio superiore, in parte, può essere spiegato: le persone con un’istruzione più alta tendono a essere più interessate alla pandemia, tendenzialmente controllano più spesso le notizie e si informano in modo più esteso e, tutto ciò, porterebbe a una maggiore incidenza di fenomeni depressivi.

Le rilevazioni in Gran Bretagna durante il lockdown mostrano una situazione simile: nel campione studiato, quasi una persona su cinque, ovvero il 19,2%, ha mostrato una tendenza alla depressione, raddoppiando rispetto al periodo pre-pandemico.

 

Interessante, però, notare come l’impatto di sintomi depressivi variasse per età in modo sostanziale e in netta controtendenza rispetto allo studio citato su Lancet.

Si nota infatti una netta prevalenza dei sintomi depressivi nella fascia d’età 16-39. Al contrario, questi sintomi sembrano meno presenti nelle fasce d’età più anziane. Questo paradosso – che vede le persone più esposte al contagio soffrire meno rispetto ai più giovani – può essere spiegato sia da un punto di vista sociale sia da un punto di vista economico. Dal punto di vista sociale, i giovani sono quelli che, appunto, sono meno esposti alle complicazioni del virus e allo stesso tempo hanno una vita sociale più attiva rispetto ai più anziani: per questo, l’interruzione della vita sociale e della routine giornaliera ha influito di più in quanto non compensata da un rischio individuale. Ma questa spiegazione non è la sola: infatti, se guardiamo  ai dati, i giovani tendono ad avere tassi di disoccupazione più alti rispetto ai più anziani durante i periodi di recessione. 

 

La rilevazione nel Regno Unito mostra inoltre un dato in contrasto con quella fatta in Cina, dal momento che in UK le donne sarebbero più soggette a sintomi depressivi rispetto agli uomini.

Non differisce di molto la situazione negli Stati Uniti d’America, il Paese più colpito da questa pandemia. Tuttavia, secondo le statistiche di FiveThirtyEight oltre la metà degli americani appare più preoccupata dalla situazione economica,  mentre la probabilità di infezione genera preoccupazione elevata soltanto nel 33% della popolazione.

Com’è, invece, la situazione in Italia? I dati di cui disponiamo provengono, principalmente, dallo studio Effects of Covid-19 Lockdown on Mental Health and Sleep Disturbances in Italy di Gualano e Voglino: da questo studio emerge che il 23,2% degli intervistati ha avuto disturbi di tipo ansioso, il 24,7% sintomi depressivi, il 42,4% disturbi del sonno. Quest’ultimo dato mostra una maggior incidenza tra le donne. Si evince, inoltre, che l’utilizzo della rete come fonte di notizie è spesso correlato con fenomeni di ansia, proprio come si era visto nello studio effettuato in Cina.

 

Conclusioni

Come fanno notare Mencacci e Salvi in Expected effects of COVID-19 outbreak on depression incidence in Italy, è naturale aspettarci una diminuzione di casi di depressione e ansia una volta usciti dalla fase emergenziale, che sembra essere oggi più vicina grazie alle notizie sui vaccini. Ma se questo è stato rilevato durante precedenti epidemie, non possiamo esserne certi con l’epidemia di Covid-19: infatti, oltre a degli effetti istantanei riguardanti la situazione sanitaria, vi saranno sicuramente delle ripercussioni economiche di lungo periodo. Tra queste, la principale è un aumento della disoccupazione, che è correlata, come ripetono Mencacci e Salvi, con l’emergere di fenomeni depressivi. In questi anni, inoltre, si è registrato un generale incremento di disturbi quali ansia e depressione, incremento che – soprattutto tra i più giovani – ha radici ben più profonde e antecedenti all’epidemia.

Mattia Marasti

23 anni, studente di matematica, bevitore incallito di tè.

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