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I due ballottaggi in Georgia che decideranno il Senato

I due ballottaggi in Georgia che decideranno il Senato

Per sapere se la maggioranza resterà repubblicana o andrà ai democratici bisognerà attendere i due ballottaggi del 5 gennaio

Joe Biden ha vinto le elezioni presidenziali. Tuttavia, i democratici non sono riusciti a prendere il controllo del Senato, né i repubblicani hanno al momento la certezza di conservare la maggioranza: lo scrutinio non è ancora finito, ma sappiamo che il controllo della Camera alta sarà deciso il 5 gennaio.

Al momento al Senato la situazione è di 48 a 48. Dei 4 seggi ancora da assegnare, in 2 – Alaska e North Carolina – sono in testa i repubblicani, mentre negli altri 2 – entrambi della Georgia – si andrà appunto al ballottaggio il 5 gennaio. Per il GOP è fondamentale arrivare a 51 seggi su 100 per avere la maggioranza, mentre ai democratici ne servono 50: in caso di parità 50-50, infatti, chi occupa la vicepresidenza degli Stati Uniti (dal 20 gennaio sarà Kamala Harris) ha diritto di voto.

Poiché l’Alaska andrà con ogni probabilità ai repubblicani, il GOP ha 2 vie per conservare la maggioranza al Senato: se perde in North Carolina, deve vincere entrambi i ballottaggi in Georgia; se vince in North Carolina, deve aggiudicarsi almeno uno dei due ballottaggi del 5 gennaio. Scenario opposto per i democratici, che devono vincere in North Carolina e in almeno uno dei due seggi in Georgia, oppure – se perdono in North Carolina – vincere entrambi i ballottaggi.

 

 

Le due elezioni della Georgia

In Georgia si votava per entrambi i senatori perché si tenevano sia un’elezione regolare, sia una speciale. Per l’elezione regolare si affrontavano il senatore uscente repubblicano David Perdue e il democratico Jon Ossoff: Perdue al momento è dato al 49,8% e Ossoff al 47,9%.

L’elezione speciale è invece dovuta alle dimissioni nel 2019 del senatore repubblicano Johnny Isakson. Per occupare ad interim il suo seggio rimasto vacante, il governatore della Georgia Brian Kemp nominò Kelly Loeffler come sostituta di Isakson fino alla prima data utile per tenere le elezioni (il 3 novembre di quest’anno, appunto).

L’elezione speciale ha un’altra caratteristica peculiare: al posto di tenere prima le primarie e poi le elezioni generali, si utilizza la jungle election. A questo particolare tipo di elezione partecipano tutti i candidati indifferentemente dal partito: se qualcuno arriva al 50% vince, altrimenti si tiene un secondo turno tra i primi due arrivati. Per i repubblicani c’erano 6 candidati, per i democratici 8 e per i libertari 7. I 2 a passare al ballottaggio sono Loeffler per il GOP e il pastore Raphael Warnock per i democratici, anche se complessivamente i candidati repubblicani hanno preso il 49,3% dei consensi e quelli Dem il 48,4%.

 

La geografia del voto

I consensi dei democratici in Georgia, come nel resto degli Stati Uniti, derivano in larga parte dalle grandi città: a queste elezioni, le contee che compongono la città di Atlanta e la sua area metropolitana si sono particolarmente spostate verso i democratici e hanno registrato un’alta affluenza. 

I democratici hanno recuperato ad esempio quasi 10 punti nei sobborghi di Atlanta e nella contea di Columbia, vicino ad Augusta. Nonostante i repubblicani continuino a prevalere nettamente nel voto dei bianchi, a questo giro i candidati democratici hanno ottenuto ampi guadagni nelle contee dove la maggioranza delle persone è composta da bianchi non laureati. 

 

 

La campagna elettorale

La campagna di Perdue sta cercando di spostare il piano dell’elezione da uno locale a uno nazionale: il messaggio su cui il senatore di sta concentrando è incentrato sul fatto che, se i democratici dovessero vincere, allora controlleranno il Senato, per cui un voto a Ossoff sarebbe un “un voto per consegnare il potere a Chuck Schumer e ai democratici radicali a Washington”.

Ossoff invece sta cercando di dipingere Perdue come un tirapiedi delle lobby che ha deluso la Georgia cercando di abolire l’Affordable Care Act, la legge sull’assistenza sanitaria più nota come Obamacare. Ha poi accusato il senatore di essere più interessato ai propri guadagni personali piuttosto che agli interessi degli elettori.

Nell’altro seggio, Loeffler sta ancora puntando su Donald Trump nonostante la sconfitta: giovedì ha twittato una sua foto con il presidente uscente e ha scritto “preghiamo per altri quattro anni di Donald Trump”. In precedenza Loeffler si è spostata molto a destra, ad esempio cercando di ottenere il sostegno di Marjorie Taylor Greene, una sostenitrice della teoria della cospirazione di QAnon che ha vinto un seggio alla Camera proprio in Georgia. 

Anche Warnock, che è il pastore della Ebenezer Baptist Church, chiesa un tempo guidata da Martin Luther King, si è concentrato molto sull’assistenza sanitaria. Uno dei suoi spot recita: “Preparati, Georgia, gli spot negativi stanno arrivando. Kelly Loeffler non vuole parlare del motivo per cui si è sbarazzata dell’assistenza sanitaria nel mezzo di una pandemia, quindi cercherà di spaventarti con bugie su di me”.

Le sfide Loeffler-Warnock e Perdue-Ossoff hanno già infranto i record di spesa elettorale nello Stato: 200 milioni di dollari sono stati investiti in pubblicità prima delle elezioni generali.

 

Cosa succederà a gennaio

Non è facile fare previsioni su cosa potrà accadere a gennaio. In generale, i democratici partono già in difficoltà: ai ballottaggi, infatti, l’affluenza degli afroamericani tende ad essere sensibilmente minore rispetto al primo turno, svantaggiandoli. 

Un precedente a cui guardare è quello del 2008, quando in contemporanea veniva eletto Barack Obama alla presidenza: anche in quel caso l’elezione senatoriale era vista come fondamentale e politici da tutti gli Stati Uniti affluirono in Georgia portando con loro grandi somme di denaro. Allo stesso tempo, il senatore Saxby Chambliss si fermò al 49,8% e il democratico Jim Martin arrivò al 46,8%: successivamente, al ballottaggio Chambliss vinse ottenendo il 57,4% dei consensi. 

Nel complesso si tratta di due elezioni dall’esito imprevedibile che però decideranno se Joe Biden potrà governare tranquillamente oppure dovrà scendere a compromessi con i repubblicani. 

Lorenzo Ruffino

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