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Stati Uniti: si può sostituire un candidato presidente? Si possono posticipare le elezioni?

Stati Uniti: si può sostituire un candidato presidente? Si possono posticipare le elezioni?

Anche se ora si dichiara guarito, la positività al Covid-19 del presidente Trump ha fatto sorgere alcuni interrogativi.

La scoperta di un focolaio di Covid-19 all’interno della Casa Bianca ha sconvolto ulteriormente la campagna presidenziale. Alla luce dei frenetici eventi delle ultime settimane, gli scenari più improbabili sono a un certo punto apparsi alquanto realistici: è possibile sostituire un candidato presidente a meno di un mese dal voto? A quali condizioni si possono posticipare le elezioni?

Anche se il presidente sostiene ora di essere guarito e ha già tenuto un comizio in Florida, infatti, il rischio corso è stato davvero elevato, perché il presidente ha 74 anni ed è in sovrappeso. Questo ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica una domanda cruciale: cosa accadrebbe se prima del voto un presidente in cerca della rielezione morisse, si dimettesse o non fosse in condizioni di salute idonee a governare? Esistono dei meccanismi costituzionali che analizzeremo in questo articolo, ma è bene precisare come questi cambino a seconda del momento preciso del decesso o della dichiarazione dell’incapacità a governare.

 

Cosa accadrebbe in caso di inabilità a governare?

I precedenti storici sono diversi: James Garfield nel 1881 sopravvisse per 10 settimane dopo un attentato, Grover Cleveland nel 1893 si sottopose a un intervento chirurgico, Woodrow Wilson nel 1919 ebbe un infarto che lo debilitò per mesi. Nel 1967 fu allora ratificato il XXV emendamento, che prevede la cessione temporanea dei poteri del presidente al suo vice tramite una lettera al Congresso: questo strumento è stato utilizzato nel 1985, quando Ronald Reagan fu operato di tumore, e poi di nuovo nel 2002 e nel 2007, quando George W. Bush si sottopose a due colonscopie.

I tre casi elencati qui sopra rientrano nella terza sezione del XXV emendamento, quella che entra in gioco nel caso in cui il presidente in carica sia sempre in grado di riconoscere volontariamente il proprio stato di incapacità. Diversamente, ad essere applicata sarebbe la quarta sezione dello stesso emendamento, in base alla quale il vicepresidente assumerebbe la carica di acting president – in accordo con la maggioranza dei componenti del Gabinetto – finché il presidente non riprenda conoscenza e attesti con una nuova lettera di essere in grado di riassumere la carica (previa approvazione del vicepresidente e del Gabinetto, che potrebbero tenerlo lontano dagli uffici con un voto a maggioranza dei due terzi sia alla Camera che al Senato).

In ogni caso, qualora il presidente in carica dovesse vincere le elezioni per un secondo mandato ma venisse a mancare prima del reinsediamento, secondo il XX emendamento Mike Pence sarebbe presidente fino al 2024 e dovrebbe nominare un nuovo vice da ratificare in Senato. Se invece vincesse Biden ma Trump venisse a mancare, Pence sarebbe presidente ad interim fino al 20 gennaio 2021.

Nel caso remoto in cui le prime due cariche dello stato non possano esercitare la propria funzione, invece, che cosa accadrebbe? La linea di successione continuerebbe con la speaker della Camera (Nancy Pelosi), col presidente pro tempore del Senato (Chuck Grassley), e poi con i 15 membri del Gabinetto, a partire dal Segretario di Stato (Mike Pompeo). Ma la linea di successione presidenziale si esaurisce qui: ecco perché, dalla Guerra Fredda, si è diffusa l’abitudine di designare, in occasione dei grandi eventi a cui partecipano tutte le alte cariche dell’ordinamento americano, un designated survivor, ossia un membro del Gabinetto che viene tenuto lontano dall’evento, in un luogo segreto, per evitare vuoti di potere nel caso in cui una catastrofe (come un attentato o un terremoto) elimini tutto il resto della linea di successione presidenziale.

 

Prima delle elezioni

Cosa accadrebbe, invece, nell’eventualità in cui il candidato morisse o rinunciasse alla nomina prima delle elezioni di novembre? La palla, in questo caso, passerebbe ai due partiti nazionali. In particolare, se prima delle rispettive convention i democratici e i repubblicani possono cambiare i propri candidati, con le primarie concluse non ci sarebbe il tempo utile affinché i comitati nazionali dei due partiti organizzino nuove convention. Del resto, ogni stato ha una sua scadenza per sostituire un candidato. Più plausibile, dunque, che in tale scenario sulla scheda elettorale rimanga il nome del candidato deceduto o inabile, e che il collegio elettorale si accordi su un sostituto a cui trasferire il voto: il candidato vicepresidente può, per esempio, diventare il candidato presidente.

Ma non tutti gli stati hanno leggi uguali, e ci sarebbero innumerevoli contestazioni e ricorsi. In alcuni stati, infatti, non c’è una regolamentazione che prevede il trasferimento automatico del voto da un candidato defunto al rispettivo vice. Richard H. Pildes, professore di diritto costituzionale alla New York University, ha ipotizzato uno scenario in cui i grandi elettori non concordino su un’unica nomination sostitutiva, e in questo caso – come abbiamo già visto in un altro articolo in caso di pareggio nell’electoral college – sarebbe la House of Representatives a dover scegliere tra i tre candidati più votati dai grandi elettori. Potenzialmente, dunque, il nuovo presidente potrebbe non essere mai stato inserito nella scheda di voto.

 

È possibile il rinvio delle elezioni?

Non esistono precedenti nella storia americana, nemmeno durante la Guerra Civile, di rinvio delle elezioni presidenziali. La decisione, in ogni caso, spetterebbe al Congresso, il quale dovrebbe approvare una nuova legge che la Casa Bianca dovrebbe poi promulgare. In ogni caso, se i grandi elettori non si riunissero entro il 20 gennaio 2021 per eleggere il nuovo presidente, la scelta spetterebbe di nuovo al Congresso, che individuerebbe un presidente pro tempore attraverso una legge ad hoc.

Nell’aprile 2020 la questione di un possibile rinvio delle elezioni era già emersa per via dell’emergenza sanitaria, ma come recita la Costituzione all’articolo 2 “Il Congresso determina le date per la scelta dei grandi elettori e il giorno in cui essi voteranno, che deve essere lo stesso in tutti gli Stati Uniti”. Di conseguenza, si lascia un ampio margine di tempo agli stati per determinare chi siano i propri grandi elettori, ma non si concede al presidente il potere di rimandare le elezioni contro la volontà dei singoli stati.

Ad oggi, comunque, con ogni probabilità Trump porterà la campagna a termine. Tuttavia, l’impatto mediatico della sua positività al Covid-19 è stato molto forte, e ha già influenzato i sondaggi: stando alla media nazionale di FiveThirtyEight, Biden ha aumentato il suo distacco su Trump, su cui ora avrebbe 10,5 punti di vantaggio. Ma non dimentichiamo che negli Stati Uniti sono i grandi elettori, e non il voto popolare, a contare.

 

Luca Giro

Ha studiato relazioni internazionali tra Forlì, Torino e la Zhejiang University in Cina. Innamorato del cinema, cestista per passione, passa il tempo a occuparsi di esteri.

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