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Veepstakes 2020: chi è in corsa per il posto di vice di Biden

Veepstakes 2020: chi è in corsa per il posto di vice di Biden

Sale l’attesa per conoscere il nome che accompagnerà l’ex numero due di Obama nelle prossime elezioni presidenziali. L’unica certezza, al momento, è che sarà una donna.

La notizia che Joe Biden ha iniziato il ‘vetting’ per il secondo posto nel ticket Democratico per le presidenziali con la Senatrice del Minnesota Amy Klobuchar vuol dire solo una cosa: è ufficialmente aperto il toto-vicepresidente per il 2020. Il processo, noto in America come veepstakes, avviene rigorosamente a porte chiuse e al momento sembra esservi solo un punto fermo: la scelta ricadrà su una donna, come annunciato da Biden nell’ultimo dibattito delle primarie il 15 Marzo a Washington. Le scienze politiche suggeriscono che l’impatto del vicepresidente nel voto dell’elettorato americano è di norma piuttosto modesto, ma la scelta di Biden, ex vice presidente lui stesso, sarà senza dubbio accolta come un importante segnale in almeno due sensi.

Prima di tutto, nelle credenziali della numero due si potranno leggere indizi sulla strategia di Biden a fronte di un elettorato democratico segmentato sia dal punto di vista ideologico che demografico. Per esempio, una candidata del Mid-West industriale suggerirebbe una strategia improntata a riconquistare l’elettorato white working class passato a Trump nel 2016; la scelta di un’afroamericana o di una latina sarebbe volta a massimizzare l’affluenza della coalizione elettorale delle vittorie di Obama; mentre una vice della sinistra Dem manderebbe un chiaro messaggio di unità rivolto alla base di Bernie Sanders. In secondo luogo, dato che Biden avrà quasi 82 anni alla fine del suo primo mandato, in caso di vittoria la decisione sarà probabilmente letta come un implicito endorsement per le elezioni del 2024 – quando non è affatto inconcepibile che la vice-presidente si ritrovi in cima al ticket.

La scelta di un vicepresidente è più un’arte che una scienza, in cui un candidato alla presidenza e il suo team devono soppesare valutazioni piuttosto idiosincratiche e elementi spesso contrastanti, dall’affinità personale alla compatibilità politica alla complementarità delle rispettive aree di expertise. Premesso ciò, si può comunque tentare di approssimare quantitativamente le credenziali di alcune figure politiche che potrebbero essere selezionate da Biden. Nei grafici seguenti, sono prese in considerazione 24 politiche a cui al momento i bookmakers danno qualche chance di vincere i veepstakes: da figure di spicco come le Senatrici Elizabeth Warren e Kamala Harris a opzioni meno conosciute, come la sindaca di Atlanta Keisha Lance Bottoms e l’ex procuratrice federale Sally Yates.

Un criterio relativamente oggettivo di discrimine è l’esperienza politica: da Tim Kaine a Mike Pence, passando per Biden stesso, i candidati alla vicepresidenza sono stati spesso (ma non sempre, vedi Sarah Palin) politici consumati. Per quantificare l’esperienza politica sono stati attribuiti punteggi in base al ‘valore’ della carica più alta rivestita (più alto per senatrici, governatrici e membri di gabinetto, poi progressivamente più basso per membri della Camera, posizioni elettive nell’esecutivo statale, sindache e membri dei congressi statali) con l’aggiunta di un bonus per il numero di anni trascorso in ciascuna carica nell’intera carriera politica, ponderato per il ‘valore’ della carica stessa.

La figura 1 mostra esperienza politica ed età delle 24 politiche sulle due assi: il criterio dell’esperienza va a premiare veterane come la Senatrice di Washington Patty Murray, in Senato dal 1993 e già nel toto-nomi del 2016, penalizzando personalità di spicco più giovani, come la Senatrice della California Kamala Harris e l’ex leader di minoranza della Camera della Georgia Stacey Abrams. Più in generale, a causa delle barriere che donne di colore hanno dovuto storicamente affrontare per accedere a cariche pubbliche, politiche di minoranze etniche tendono a essere più giovani e ad aver accumulato meno esperienze in uffici pubblici. Inoltre, la dimensione di nomi e punti è in proporzione a un’altra importante credenziale delle ‘papabili’ alla vicepresidenza: la loro ‘riconoscibilità’ (name recognition), per cui si è utilizzata come variabile proxy – in assenza di sondaggi comparabili – il numero di risultati per la ricerca del nome completo su Google.

Vicepresidenza Stati Uniti
Fig.1

La figura 2 mostra gli stessi dati ma con color-coding per categorie ideologiche (piuttosto generiche e necessariamente soggettive). Forse il dato più interessante è che il nome ‘di sinistra’ con maggior esperienza non è l’ex candidata alle primarie Dem Elizabeth Warren, di gran lunga la più nota della rosa di nomi, ma la Senatrice del Wisconsin Tammy Baldwin. Non a caso, il nome di Baldwin è spesso circolato fra i sostenitori di Sanders come una possibile scelta alla vice-presidenza accettabile sia alla sinistra che all’establishment Democratico.

Vicepresidenza Stati Uniti
Fig. 2

Un terzo criterio da valutare è legato all’home state advantage: ovvero l’importanza dello stato in cui la candidata alla vicepresidenza, per motivi biografici e di carriera, può fare la differenza in termini di voti. Un approccio per quantificare chi possa contribuire a vincere uno ‘stato chiave’ è considerare la probabilità che lo stato associato con una candidata sia il tipping point state, ovvero lo stato con il margine di vittoria più piccolo che attribuisca i necessari voti dell’electoral college per decidere l’elezione. Per esempio, il tipping point state nel 2016 è stato il Wisconsin: se Hillary Clinton avesse conquistato il Wisconsin e tutti gli stati con un margine minore del Wisconsin (Pennsylvania e Michigan), avrebbe vinto la Presidenza.

In generale, l’indice va a premiare stati che siano sia marginali che sostanziosi dal punto di vista dell’electoral college, come la Florida e la Pennsylvania. La probabilità è stata calcolata per il 2016 dal sito di Nate Silver FiveThirtyEight ed è rappresentata sull’asse logaritmica verticale nella figura

Vicepresidenza Stati Uniti
Fig.3

Da questo punto di vista, la scelta migliore sarebbe una candidata che rappresenti la Florida –  come la congresswoman Val Deming – o gli stati del Midwest: la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, la Senatrice Baldwin o la Senatrice Klobuchar. Altre possibili scelte strategiche cadrebbero su candidate di stati del Sud Ovest – Nevada, New Mexico e Arizona –  o della Georgia, nel Sud-Est, uno stato tradizionalmente repubblicano ma dove i Democratici hanno fatto sostanziali passi avanti nell’ultimo decennio. Per il resto, il criterio dello ‘stato chiave’ va a penalizzare rappresentanti del New England, solidamente democratico, come le Senatrici Gillibrand (New York) e Warren (Massachusetts). 

Vicepresidenza Stati Uniti
Fig. 4

Infine, nella figura 4 è rappresentato un indice composito di ‘vice-presidenziabilità’, che è composto in parte uguale dai valori normalizzati dei tre criteri di esperienza, riconoscibilità e rappresentazione di un possibile stato chiave.

Politiche che ricevono punteggi alti su tutti e tre gli indicatori – Klobuchar, Whitmer e Baldwin – occupano i primi tre gradini dell’indice composito, seguite da Warren, che ha di gran lunga il profilo più ‘riconoscibile’: tutti nomi che circolano da mesi. Ma vale la pena menzionare donne politiche meno in vista, come l’ex Governatrice dell’Arizona Janet Napolitano e la Senatrice del Nevada Catherine Cortez-Masto come possibili ‘sorprese’ che, retrospettivamente, non ci dovrebbero sorprendere più di tanto.

Come detto, quest’approccio ha grossi limiti per prevedere una decisione che non si può ridurre a mere metriche quantitative. Inoltre, è difficile stabilire oggettivamente quanto e come altre variabili, dall’appartenenza a minoranze all’orientamento ideologico, possano influire sulla scelta. Ma quando il nome sarà noto, presumibilmente entro la data della convention Dem il 17 Agosto, quest’esercizio potrà aiutarci a capire le ragioni della scelta. Intanto, sentitevi liberi di sperimentare con i dati a questo link.

Leonardo Carella

Dottorando in scienze politiche all'Università di Oxford, si occupa di sociologia politica e metodi quantitativi.

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