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Elezioni americane e pandemia: intervista a Frank Luntz

Elezioni americane e pandemia: intervista a Frank Luntz

Abbiamo posto a uno dei più noti strateghi del GOP alcune domande sulle prossime elezioni presidenziali, su Biden e Trump, e sul coronavirus. Ecco cosa ci ha detto.

Andrea Arletti è analista politico per La voce di New York e ha intervistato Frank Luntz, stratega del Partito Repubblicano e autore di best-seller sulla comunicazione politica come Words That Work: It’s Not What You Say, It’s What People Hear (2007).


ARLETTI: Come farà Joe Biden a convincere l’ala progressista del Partito Democratico a votare per lui?

LUNTZ: «Lo può fare in due modi: o attraverso la scelta del suo vice presidente, o attraverso la piattaforma del partito. Le proposte di Biden sono cambiate significativamente da quando ha iniziato la sua campagna elettorale un anno fa. È molto più inclusivo sulla sanità, vuole un ruolo più attivo per il governo federale, ha assunto posizioni ‘pro-union’ su tutta una serie di problemi economici che interessano l’ala progressista del partito. In effetti, Joe Biden oggi ricorda molto Bernie Sanders nel 2016. Inoltre, è bene ricordare che dall’altra parte c’è Donald Trump, odiato da tutto il Partito Democratico, progressisti inclusi. Ma nonostante questo, ci sarà comunque una minoranza di progressisti, probabilmente intorno all’1 per cento, che non voterà Biden per il semplice fatto che “è troppo establishment”. Questa minoranza potrebbe optare per un candidato indipendente alla Jill Stein. Ma tutto sommato penso che il Partito Democratico sarà unito per l’autunno, e questo renderà le cose molto difficili per Donald».   

ARLETTI: Chi sceglierà come vice presidente Joe Biden? Sia Kamala Harris sia Stacey Abrams sono nomi che hanno preso quota ultimamente…

LUNTZ: «Deve scegliere qualcuno che abbia esperienza. Stacey Abrams è stata deputata in Georgia, ma non è riuscita a vincere nel suo Stato quando corse per diventare governatrice. Kamala Harris è stata procuratrice generale della California, ma Biden potrebbe non perdonarla. Nei dibattiti democratici l’ha attaccato più volte, provando a minare la sua credibilità tra la popolazione afro-americana – il suo elettorato roccaforte. Se dovessi scegliere, direi la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer. È la scelta più probabile perché è una donna che ha già dimostrato di riuscire a vincere nel suo Stato contro un candidato repubblicano, e potrebbe garantire a Biden ben 18 voti elettorali. Stacey Abrams non può garantire quei voti, e Kamala Harris viene da uno Stato [California] che Biden vincerà in ogni caso. Quindi credo che Biden sceglierà qualcuno che porti con sé uno Stato e che aggiunga qualche qualità al ticket. E poi ricordatevi che anche il dibattito dei vice presidenti sarà fondamentale. Biden deve portare con sé qualcuno che riesca a duellare con Mike Pence, che è bravissimo nei dibattiti. Whitmer ha già avuto l’esperienza formativa di rispondere a Trump nella replica del Partito Democratico allo State of the Union. Quindi penso che al momento sia lei la frontrunner».

ARLETTI: Cosa deve fare l’ala progressista del Partito Democratico per vincere alle primarie, non essendoci riuscita né nel 2016 né nel 2020? C’è stato un problema con il candidato o con le proposte?

LUNTZ: «Bernie Sanders è stato un ottimo candidato con un indice di gradimento molto elevato, ma le sue proposte erano semplicemente percepite come ‘troppo di sinistra’ dall’elettorato mainstream del Partito Democratico. C’è stato un momento nella corsa in cui ho pensato che Sanders sarebbe stato il candidato, ma poi il South Carolina ha cambiato le carte in tavola. In fin dei conti, le proposte avanzate da Sanders hanno spaventato parte dell’elettorato democratico che pensava non sarebbe riuscito a battere Donald Trump a novembre. Quasi tutti i sondaggi davano Biden favorito su Sanders nello scontro diretto contro Trump. La componente mainstream del Partito Democratico ha messo l’eleggibilità sopra le singole proposte dei candidati. Penso sul serio che se oggi si provasse a intervistare l’elettorato democratico, lasciando fuori gli indipendenti e i repubblicani, chiedendo se preferiscono le proposte di Sanders o di Biden, senza menzionare i candidati per nome, vincerebbe Sanders. Ma queste primarie non sono state decise dalle proposte dei candidati. Inoltre, in molti stati del Sud, hanno potuto votare sia gli indipendenti che i repubblicani, e questo ha avuto un impatto notevole sul successo di Biden. Sono sorpreso che Sanders non sia riuscito ad attrarre l’elettorato afro-americano. Il fatto che Biden abbia difeso i diritti civili degli afro-americani per così tanto tempo lo ha reso il candidato ideale».

ARLETTI: Pensa che il terreno decisivo delle presidenziali 2020 sarà ancora il Midwest oppure saranno stati come Arizona e Georgia?

LUNTZ: «Lo stato del Michigan è il miglior indicatore di chi vincerà. Ha una delle città maggiormente colpite dal COVID-19 – Detroit. Ha una comunità accademica che rappresenta l’intero Paese – l’Università del Michigan ad Ann Arbour. Ha una città che ha sofferto molto negli ultimi dieci anni e che è passata dal votare repubblicano a votare democratico – Grand Rapids. Ha una delle vecchie città di “old industry” che ora sono state decimate – Flint. Ha una delle vecchie aree rurali di contadini – Traverse City e la parte nord dello Stato. Il Michigan è un microcosmo dell’America, e inoltre ha un governatore democratico ma un congresso in mano ai repubblicani. È il migliore indicatore di chi vincerà nel 2020. Un altro stato decisivo è il Wisconsin, per gli stessi motivi. Questo è uno stato che non ha mai votato repubblicano alle presidenziali negli ultimi decenni, nemmeno quando c’era Paul Ryan candidato, ma che nel 2016 ha votato Donald Trump, nonostante abbia un governatore democratico e un congresso repubblicano. Questi sono i due stati che seguo più di ogni altra cosa. L’Arizona è diventato uno “swing state” perché ha molti californiani che si sono trasferiti lì nel corso degli ultimi dieci anni per evitare di pagare le tasse. Non penso che lo stato della Georgia sarà uno “swing state” nel 2020, ma lo diventerà nel 2024. La Pennsylvania con ogni probabilità tornerà democratica, mentre il New Hampshire, che ha solo quattro voti elettorali, potrebbe essere decisivo. Sembrano pochi, ma ricordiamoci che l’elezione del 2000 è stata decisa da quattro voti elettorali».

ARLETTI: Nell’era del trumpismo, pensa che l’elettorato americano dia più peso ai fatti o alle opinioni?

LUNTZ: «Le persone stanno dando sempre più valore ai loro fatti, che sono basati sulle loro opinioni, rispetto a punti di vista imparziali e oggettivi. Ma questo non sta accadendo solo in America, è un fenomeno mondiale. Fa parte della crescita del populismo. Le persone non scelgono più i loro candidati perché condividono le loro idee, ma perché vogliono contrapporsi a qualcuno che ritengono diverso da loro. Le nostre campagne elettorali stanno diventando più divisive e ostili. L’esempio ideale è quello che è accaduto con la Brexit, dove il popolo non ha tanto votato per l’indipendenza del Regno Unito, ma piuttosto per liberarsi dal controllo europeo. Ho paura perché i politici stanno utilizzando le tecniche che io ho imparato 20 anni fa per dividere il popolo piuttosto che unirlo. Non vedo una fine a tutto ciò, anzi, penso che le cose continueranno a peggiorare. Non è solo una perdita dei fatti, ma anche una perdita della legittimità. Quando un popolo comincia a perdere fiducia verso la democrazia, e di conseguenza verso i propri concittadini, l’intero sistema è in pericolo. E a causa del COVID-19 e di come i governi hanno reagito alla pandemia, non sono mai stato così spaventato che le nostre istituzioni democratiche, per come sono ora, possano fallire».

ARLETTI: Pensa che i media stiano rappresentando correttamente Donald Trump?

LUNTZ: «I reporter stanno trasformando Donald Trump in una vittima. Urlandogli contro e cercando di imbarazzarlo in tutti i modi. I media gli stanno dando la possibilità di dire quello che vuole. Hanno provato ad istigarlo, non accorgendosi che così facendo stanno uccidendo la loro credibilità. Un recente sondaggio di CNBC dimostra che Trump è una delle persone più odiate del Paese, e che la maggior parte degli americani disapprova il suo operato alla Casa Bianca. Ma i media non hanno che loro stessi da incolpare. Se continuano ad insultarlo, se continuano a fare domande poco appropriate ad una conferenza stampa alla Casa Bianca, continueranno a trasformarlo in una vittima agli occhi del popolo americano».

ARLETTI: Se i media tradizionali stanno lavorando in modo così inadeguato, pensa che i social media e nuove testate digitali possano rappresentare una soluzione?

LUNTZ: «È vero che i media tradizionali sono diventati di parte. CNN e Fox News dicono entrambi di chiamarsi “news network”, entrambi dicono che sono imparziali e corretti, ma poi mandano in onda programmi che non sono super partes quando parla il Presidente. Questo sta influendo sul modo in cui le persone arrivano alle loro conclusioni. So che Fox ha un problema, so che CNN ha un problema, so che MSNBC ha un problema. Ma nonostante questo, continuo a preferirle rispetto alle nuove emittenti digitali e ai social media, perché almeno sui media tradizionali ti fanno vedere qualcosa di reale, che poi viene narrato in base alle preferenze politiche del network. Purtroppo, sempre più spesso, la narrazione avviene prima che la notizia reale venga offerta al pubblico. Ma non mi fido delle emittenti online e dei social media. Se guardi la mia pagina Twitter, faccio di tutto per mostrare ai miei follower sempre tutti i punti di vista per ciascun argomento».

ARLETTI: Nel 2007 ha scritto un libro molto famoso intitolato Words That Work – «Parole che funzionano». Nel 2020, quali pensa che siano le parole che funzionano?

LUNTZ: «In questo momento la parola più importante secondo me è: “riconciliazione”. È una parola che viene utilizzata in termini religiosi e in termini culturali. Riconciliazione è quello che deve accadere tra la popolazione indiana e pakistana, tra la Palestina e Israele, tra la Grecia e la Turchia, tra la Russia e l’Ucraina. Riconciliazione è la parola numero uno. Secondo, non si può più parlare di capitalismo. Fa pensare subito ai vincenti e ai perdenti, a quelli che hanno tutto contro quelli che hanno poco. Quello che cercano realmente le persone è l’opportunità economica, la libertà economica. L’opportunità di poter fare le proprie scelte e di poter cambiare la propria vita. Un’altra parola che è molto potente in questo momento è rivitalizzare. Rivitalizzare la nostra economia, rivitalizzare la nostra cultura, rivitalizzare le nostre speranze per il futuro. A questi elementi già esistenti, bisogna donarr nuova vita. E mi faccia aggiungere una cosa molto rilevante in questo periodo. “Distanziamento sociale” è una locuzione sbagliata. L’espressione corretta è “protezione personale”. Distanziarsi significa chiudersi nei confronti delle altre persone, e questo non è mai stato il nostro obiettivo, che invece è quello di proteggerci l’un l’altro. Siamo rimasti a casa, non per fare qualcosa di buono per noi stessi, ma per fare qualcosa di buono per gli altri. Se qualcuno viene verso di noi, proviamo a camminargli intorno, proviamo a dargli dello spazio, proviamo a dargli la protezione personale necessaria. “Distanziamento sociale” significa: allontanati dalla mia vita. Le parole del ventunesimo secolo devono essere parole di empatia, di comprensione, e spero, di rispetto reciproco».

ARLETTI: Ora che sono passati quattro anni, può dirci una volta per tutte come ha fatto Trump a battere Hillary Clinton?

LUNTZ: «Se Hillary avesse convinto più elettori di Bernie Sanders a votarla sarebbe stata eletta Presidente. È stata particolarmente inefficace con gli uomini bianchi, dai 55 ai 68 anni, senza un diploma universitario, e con poche prospettive di lavoro. Era gente che considerava Hillary altezzosa, sdegnosa. Quando è uscito lo scandalo della registrazione di Access Hollywood, questa gente ha riversato il proprio consenso su Donald Trump, perché l’hanno visto come uno di loro. Una cosa che non mi permetterò mai di fare è criticare un supporter di Trump. Questa è gente che soffre economicamente, che ha sempre rispettato le regole, e che non ha mai chiesto un sussidio allo stato. È gente che vive poco al di sopra della linea di povertà. Ho sempre avuto empatia per loro perché hanno cercato di fare la cosa giusta per tutta la vita mentre i politici gli promettevano la luna e poi non gli davano mai niente. Negli attacchi di Trump verso l’establishment hanno ritrovato la loro voce. Lavoratori e membri del sindacato che hanno votato democratico per tutta la vita, quella volta hanno votato per Trump perché pensavano che li capisse ed erano desiderosi di far sentire la propria voce ignorata e dimenticata per troppo tempo».

ARLETTI: Domanda secca. Chi vincerà nel 2020?

LUNTZ: «Non lo so. Ho i democratici che mi dicono che vincerà Trump, e ho i repubblicani che mi dicono che vincerà Biden. Non so dirti perché, non ho idea di come andrà a finire con il virus. Non so quando riapriremo. Non so che tipo di campagna elettorale imposterà Trump e che tipo di campagna imposterà Biden. Non sappiamo nemmeno se ci sarà una convention democratica fisica o se sarà virtuale. Non voglio coprire le mie scommesse, ma è una mia responsabilità dirti la verità. E la verità è: che non lo so».

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