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La vittoria di Boris Johnson ai raggi X: cosa vogliono gli elettori del Regno Unito?

La vittoria di Boris Johnson ai raggi X: cosa vogliono gli elettori del Regno Unito?

Le elezioni che hanno cambiato il volto del Regno Unito e potrebbero chiudere la vicenda della Brexit hanno riservato meno sorprese di quanto si creda…

Il fattore Brexit

Giovani, altamente istruiti e residenti nei centri urbani da un lato; anziani, meno scolarizzati e residenti nelle zone meno urbanizzate dall’altro. Cosa vi ricorda? Esatto: sono le stesse linee di frattura emerse in occasione del referendum del 2016 sulla Brexit (ancora lui). Sembra evidente, a leggere questi dati, che i Conservatori abbiano “ereditato” l’elettorato che tre anni fa votò per il ‘Leave’, mentre Laburisti e Lib-Dem siano stati scelti in misura maggiore da chi invece preferì il ‘Remain’. Ma è proprio così?

 

I dati di YouGov sembrano confermare questa idea. L’analisi dei flussi, ottenuta incrociando le risposte degli intervistati sul voto al referendum del 2016 e quelle sulle elezioni di giovedì scorso, ci dice che ai Conservatori sono andati i voti di ben 3 elettori su 4 che avevano votato ‘Leave’. Certo, una parte di Leavers – presumibilmente, quella più di sinistra – ha comunque votato per i Laburisti, ma è stata più che compensata da una quota almeno altrettanto consistente di Remainers che invece hanno votato per i Conservatori. Nel 2016 i due fronti erano quasi delle stesse dimensioni (finì 52 a 48 per il ‘Leave’): ma gli elettori che allora votarono ‘Remain’ oggi si sono “dispersi” molto più dei loro avversari, scegliendo Lib-Dem, SNP e Green in misura molto maggiore rispetto ai Leavers. Anche questo spiega l’enorme distacco accumulato dai Laburisti nei confronti dei Conservatori.

Anche in questo caso, i dati di Lord Ashcroft confermano in pieno questa dinamica. Meno della metà degli elettori del ‘Remain’ nel 2016 oggi ha votato per i Laburisti (47% secondo Lord Ashcroft, 49% per YouGov), mentre il fronte del ‘Leave’ ha avuto un suo campione “unico”, e molto più convincente, in Boris Johnson.

 

In questo caso, si apprezza un’evoluzione rispetto a due anni fa: infatti, nel 2017 la situazione era molto più equilibrata, con il 60% dei Leavers che scelsero i Conservatori (allora guidati da Theresa May, molto più “tiepida” sul tema Brexit rispetto a Johnson) e il 51% dei Remainers che optarono per il Labour di Corbyn.

Sempre grazie ai dati di Lord Ashcroft, possiamo apprezzare quanto la “fedeltà” al proprio orientamento sul tema Brexit non sia stata altrettanto forte in tutti gli elettorati. Lo dimostrerebbero gli incroci sul voto espresso nel 2016 (referendum) e nel 2017 (elezioni) mostrati in questo grafico:

 

Non stupisce che il 92% degli elettori che nel 2016 votarono ‘Leave’ e nel 2017 i Conservatori abbiano confermato il loro voto oggi; né che lo stesso abbia fatto l’84% di chi votò ‘Remain’ e poi, un anno dopo, i Laburisti. Colpisce invece che oggi abbia votato per Johnson ben il 66% (due su tre) degli elettori Conservatori che votarono prima per il ‘Remain’ e poi, un anno dopo, per il partito guidato da Theresa May. Ma, mentre solo l’8% dei Remainers conservatori stavolta si sono orientati sul Labour, ben il 25% dei Leavers che due anni fa scelsero i Laburisti oggi hanno invece optato per i Conservatori. La forza di Johnson sembra quindi esser stata duplice: da un lato ha mantenuto ed attratto con forza i Leavers, a prescindere dal partito che questi avevano votato soltanto due anni fa; dall’altro, ha limitato con successo le perdite verso i Laburisti o i Liberal-Democratici (scelti solo dal 21% dei Remainers che nel 2017 votarono per i Conservatori).

 

E che dire dei famosi elettori “pentiti”? Di certo una parte degli elettori – sia del ‘Leave’ che del ‘Remain’ – ha cambiato idea rispetto a tre anni fa. Come si sono orientati questi elettori? Anche qui, gli incroci di Lord Ashcroft descrivono quello che è stato un pregio della campagna dei Conservatori: sono riusciti a ottenere quasi un plebiscito (80%) tra i Leavers tuttora entusiasti della Brexit e una netta maggioranza anche tra gli ex Remainers ormai “rassegnati” all’idea che il Regno Unito esca dalla UE; dall’altro lato, gli anti-Brexit hanno disperso, anche in questo caso, le loro forze: sia quelli che avevano votato ‘Leave’ e si sono pentiti (regretful) sia i Remainers “duri e puri”, dove il Labour è riuscito a ottenere “solo” il 56%.

Ma cosa sarebbe successo invece se la Brexit non fosse esistita? Come avrebbero votato gli elettori se l’uscita dalla UE non fosse stato un argomento in questa campagna elettorale? Le risposte a questa domanda consentono di stimare quanti degli elettori che hanno votato per ciascun partito sono stati “guidati” dal tema Brexit. Nel grafico di Lord Ashcroft scopriamo senza troppe sorprese che l’87% degli elettori dello SNP (partito nazionale scozzese) avrebbero votato nello stesso modo: il tema identitario di quel partito è l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito, più che quella di quest’ultimo dall’Unione Europea; al contrario, ben il 28% degli elettori Lib-Dem hanno scelto quel partito proprio per la sua posizione (fortemente anti-Brext) su quel tema, e ancora maggiore (56%) è la quota di elettori del Brexit Party che avrebbe votato diversamente se la questione non fosse stata sul tavolo.

 

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Salvatore Borghese

Laureato in Scienze di Governo e della comunicazione pubblica alla LUISS, diplomato alla London Summer School of Journalism e collaboratore di varie testate, tra cui «il Mattino» di Napoli e «il Fatto Quotidiano».
Cofondatore e caporedattore (fino al 2018) di YouTrend. È stato tra i soci fondatori della società di ricerca e consulenza Quorum e ha collaborato con il Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE).
Nel tempo libero (quando ce l'ha) pratica arti marziali e corre sui go-kart. Un giorno imparerà anche a cucinare come si deve.

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