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Il punto sul Regno Unito: Johnson verso il trionfo?

Entra nel vivo la sfida tra Boris Johnson e Jeremy Hunt per la guida dei tories. Nel frattempo, però, il partito vive una forte emorragia di consensi.

Riuscirà Jeremy Hunt a sovvertire tutti i pronostici e a battere Boris Johnson nella corsa alla leadership del Partito Conservatore? La scelta del nome del prossimo leader (che diventerà anche premier) passa ora agli iscritti. Il tema principale della campagna è, soprattutto, quello della Brexit: la deadline del 31 ottobre si avvicina e l’incapacità di risolvere la questione è costata ai Tories una crisi di consensi. Dopo le elezioni europee di un mese fa, in cui i Conservatori hanno ottenuto meno del 9%, i sondaggi di giugno confermano che il partito è in grande difficoltà, piazzandosi sotto il 20% e dietro a Labour, LibDems e Brexit Party (primo col 25,3%).

Regno Unito: la media delle intenzioni di voto

Sin dall’inizio è apparso chiaro che il favorito per la premiership fosse Boris Johnson. L’ex Sindaco di Londra ed ex Segretario di Stato per gli affari esteri, nonché volto di punta dei leavers conservatori, è uscito ulteriormente rafforzato dal processo di selezione interna al partito, che ha scremato una lista di dieci candidati prima di giungere ai due nomi che verranno sottoposti ai 160.000 iscritti (il risultato si saprà dopo il 22 luglio). Johnson è convinto che il Regno Unito debba lasciare l’Unione Europea il 31 ottobre senza ulteriori rinvii, ed è sempre stato molto aperto all’opzione dell’uscita senza accordo. Lo sfidante, Jeremy Hunt, è proprio colui che ha preso il posto di Johnson come Segretario di Stato per gli affari esteri, e che in occasione del referendum sulla Brexit fece campagna per il Remain, salvo cambiare idea tempo dopo. Resta comunque contrario ad una hard Brexit.

Come funziona l’elezione

La selezione dei due candidati finali ha necessitato di ben cinque votazioni interne al partito. Erano infatti dieci i nomi che si erano proposti con successo come eredi di Theresa May, e questo nonostante il partito avesse cambiato le regole per ridurre i candidati e velocizzare la loro scrematura.

Fino all’elezione di Theresa May (quando i candidati erano cinque) il leader dei Conservatives veniva eletto con questa procedura: i candidati (che erano tali se ottenevano l’appoggio di due parlamentari Tories) erano votati all’interno del gruppo parlamentare con il metodo dell’exhaustive ballot. Questo significa che il candidato meno votato veniva eliminato, e si votava nuovamente finché non si arrivava ad avere due soli nomi. A quel punto, i due sfidanti rimanenti erano sottoposti agli iscritti, che votavano per posta.

Con le nuove regole non solo servono ben otto endorsment per candidarsi, ma nelle prime due votazioni occorre anche superare una soglia, prima di 17 e poi di 33 voti (su 313). Dalla terza votazione in poi si prosegue con il vecchio metodo, e solo l’ultimo classificato ad ogni round viene eliminato, finché non rimangono due nomi. In questo modo la prima votazione ha eliminato ben tre candidati.

Come siamo arrivati a Johnson contro Hunt

Esther McVey, Mark Harper e Andrea Leadsom (che tre anni fa arrivò seconda ritirandosi prima del ballottaggio con Theresa May) sono rimasti fuori dai giochi dopo il primo voto, insieme a Matt Hancock, che si è ritirato. Nella seconda votazione invece solo Dominic Raab non è riuscito a raggiungere i 33 voti, fermandosi a 30. Nei successivi turni sono usciti, nell’ordine, Rory Stewart, Sajid Jadiv e Michael Gove.

Il duello fra Gove e Hunt è stato particolarmente interessante: i due sono stati secondo e terzo in tutte le votazioni, separati di pochissimi voti. Alla penultima votazione Gove è riuscito a superare Hunt di due voti, ma all’ultima Hunt ha prevalso per 77 a 75.

Boris Johnson è riuscito a vincere tutti i round, sempre con un margine molto ampio sui suoi rivali. In effetti, da quanto si vota con questo metodo solo Ian Duncan Smith, nel 2001, è riuscito grazie al voto degli iscritti a sovvertire l’esito dell’ultimo voto dei parlamentari, ma in quel caso il distacco da Kenneth Clarke era molto ridotto (e comunque aveva vinto i precedenti turni).

I sondaggi

Le rilevazioni realizzate prima dell’inizio delle votazioni confermano il dato più importante uscito dal voto ristretto ai parlamentari: Boris Johnson è il grande favorito.

Secondo un sondaggio condotto da YouGov sui dieci candidati iniziali, Johnson è quello più gradito dagli iscritti al Partito Conservatore, ovvero da coloro che avranno l’ultima parola sul nuovo leader. Il 77% degli intervistati pensa infatti che l’ex Sindaco di Londra possa essere un buon leader. Seguono due candidati che sono stati eliminati prima dell’ultimo voto interno al partito, ovvero Dominic Raab (68%) e Sajid Jadiv (61%), e poi Jeremy Hunt (56%), Andrea Leadsom (55%), e Michael Gove (50%). Jeremy Hunt è comunque il preferito dei remainers iscritti al partito (71%), mentre fra i leavers trionfa ancora Johnson con l’88%.

Il gradimento di Boris Johnson diventa ancora più visibile se si guarda chi lo riterrebbe non solo un buon leader, ma un ottimo leader (56%). Molti meno sono gli entusiasti di Hunt (17%) e Gove (16%).

Il consenso verso i candidati per la leadership dei Tories

La rincorsa di Hunt si preannuncia molto difficile anche perché il 68% degli iscritti al partito considera inaccettabile che il prossimo leader sia un ex remainer ora pro-Brexit ma contrario all’uscita senza accordo (profilo simile a quello di Hunt). Sarebbero invece molto più favorevoli ad un ex remainer ora favorevole al no deal (accettabile per il 68%).

Prima dell’inizio del processo di elezione interno anche Opinium ha pubblicato un sondaggio su notorietà e apprezzamento dei dieci candidati. Boris Johnson è risultato sia il candidato più noto che quello più apprezzato, sia quando la domanda era posta a tutto l’elettorato del Regno Unito, sia quando era posta solo agli elettori conservatori del 2017 (ricordiamo però che il voto decisivo avrà una base elettorale ancora diversa, ovvero gli iscritti al partito).

Dopo la serrata serie di votazioni interne al partito, ora bisognerà aspettare circa un mese per conoscere il nome del nuovo primo ministro britannico, dato che il voto postale richiede dei tempi piuttosto lunghi. Dopo il 22 luglio sapremo se Jeremy Hunt sarà riuscito a sovvertire il pronostico, o se Boris Johnson vincerà come previsto dai sondaggi.

Regno Unito: lo storico della media delle intenzioni di voto

Francesco Cianfanelli

Collaboro con YouTrend dal 2018 e con Agenzia Quorum dal 2019, occupandomi di strategia, messaggio e social media per soggetti politici e candidati. Nel tempo libero amo la corsa, la bicicletta, i podcast e altre attività da asociali.

1 commento

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  • Jeremy Hunt non ha mai rinnegato il Remain, semplicemente ha accettato la volonta’ popolare , ovvero il risultato Brexit, come lo aveva fatto Theresa May, che lo ribadi’ appena eletta PM. E’una differenza sostanziale, in UK i cittadini si aspettano questo dai politici perche’ fa parte del rispetto alla democrazia e alle sue dinamiche. So che in Italia le cose appaiono diversamente perche’ si ragiona diversamente, ma cio’ impedisce una visione reale di quel che accadde fuori dai confini. A lei, che opera come giornalista, mi auguro sia utile anche se non spero che quanto e’ sostanziale non sia piu’ frainteso come capillare.