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“Vota Bonito”: il Brasile al voto (ma senza Lula)

O que é que faz um deputado federal? Na realidade, eu não sei. Mas vote em mim que eu te conto 
[Di cosa si occupa un deputato? In realtà, non lo so. Ma votami che poi te lo racconto, slogan elettorale di Tiririca, nel 2010]

Il Brasile è senza dubbio un paese affascinante da molti punti di vista, e quello politico non fa eccezione. È un paese dove un clown e artista di strada, analfabeta, si candida deputato federale e diventa il terzo più votato di sempre nella storia del Brasile, raccogliendo la bellezza di 1.348.295 voti. Parliamo di Tiririca (nome d’arte di Francisco Everardo Oliveira Silva), eletto nel 2010 per lo Stato di San Paolo, confermato nel 2014, e in corsa per un terzo mandato alle elezioni del prossimo 7 ottobre. Il suo slogan? Pior do que tá não fica, vote Tiririca (“peggio di così non può andare, vota Tiririca”).

https://www.facebook.com/tiriricanaweb/videos/2121281141237846/

Con la pubblicazione ufficiale da parte del Tribunale Superiore Elettorale (TSE) di tutti i nomi dei candidati alla Presidenza della Repubblica del Brasile, è iniziata la campagna elettorale brasiliana 2018. Si voterà il 7 ottobre per il primo turno, con eventuale ballottaggio previsto per il 28 ottobre. Si vota non solo per eleggere il Presidente, ma anche governatori, deputati statali e federali e senatori (qui trovate un riassunto di come funziona il complesso sistema politico, elettorale ed istituzionale del Brasile).

Non ci sarà Lula

In origine erano 13 i pretendenti al Palazzo del Planalto. Tra loro spiccava il nome dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, iscritto come candidato benché si trovasse in carcere. Lo scorso 31 agosto, durante una seduta notturna, il TSE ha però deciso che l’ex presidente brasiliano non è candidabileLa ragione che ha portato i giudici a dichiarare l’incandidabilità di Lula è la cosiddetta Lei da Ficha Limpa (“Legge della Fedina Pulita”) che prevede, tra le altre cose, che i condannati in secondo grado non possano candidarsi a nessun incarico elettivo. Nessun complotto dei poteri forti, quindi, bensì l’applicazione della legge approvata nel 2010 dall’allora maggioranza guidata dal Partito dei Lavoratori (PT), proprio durante il governo Lula. Una legge che secondo alcuni giuristi potrebbe presentare elementi di incostituzionalità, e che il Comitato dei Diritti Umani dell’ONU aveva chiesto di disapplicare, ma che è stata tuttavia considerata valida in più occasioni dalla Corte Suprema brasiliana (STF).

Lula è stato condannato in secondo grado lo scorso 24 gennaio a 12 anni e un mese di reclusione, in un processo nell’ambito dell’operazione Lava Jato. La condanna dei tre giudici della corte è stata unanime, il che ha impedito a Lula di fare ricorso al STF (nel frattempo i suoi legali avevano già presentato ricorso alla Corte Suprema contro l’incandidiblità, senza successo). Già in primo grado Lula era stato giudicato colpevole dei reati di corruzione e riciclaggio di denaro nel caso dell’appartamento su tre piani (triplex) a Guarujà, nello stato di San Paolo. L’appartamento sarebbe stata una tangente pagata a Lula dal gigante delle costruzioni brasiliano OAS, a cui l’ex presidente avrebbe garantito importanti contratti nella statale petrolifera Petrobras e in altre opere pubbliche.

Con la decisione del TSE, il nome di Lula dovrà essere ritirato dalla scheda elettorale brasiliana (almeno virtualmente, visto che il voto in Brasile è elettronico. Su 134 milioni di elettori, un milione circa si identificherà tramite scansione dell’impronta digitale – non essendo in grado di scrivere).

L’ex presidente non potrà neanche fare campagna elettorale per il suo partito. Essendo recluso presso la Sovrintendenza della Polizia Federale di Curitiba, nello stato del Paranà, dallo scorso 7 aprile, a Lula è proibito rilasciare interviste, fare discorsi pubblici o registrare video. L’unica forma di comunicazione con il mondo esterno può avvenire attraverso i suoi avvocati, per via espistolare, e chiaramente via social, tramite le parole dei suoi principali compagni di partito (su tutti l’influente senatrice Gleisi Hoffmann – tra l’altro anche lei coinvolta all’interno della Lava Jato insieme al marito). Strumenti che Lula ha ampiamente utilizzato in questi mesi.

La decisione del TSE era attesa, dato che la Lei da Ficha Limpa non lascia grande spazio a dubbi o interpretazioni. Tuttavia, il PT di Lula ha sempre rigettato la possibilità che il suo leader non potesse candidarsi, forte anche della grande popolarità che Lula continua ad avere tra i brasiliani. I recenti sondaggi, realizzati dai prestigiosi istituti Datafolha e Ibope, hanno mostrato che Lula godeva ancora di un indiscusso seguito, con una percentuale di intenzioni di voto tra il 30% e il 39% per cento, che gli consentiva di surclassare di oltre dieci punti il secondo classificato.

Per questo motivo il PT ha attaccato, e continua ad attaccare la giustizia brasiliana, accusandola di essere ideologizzata e di perseguitare politicamente Lula (che si proclama innocente). Nonostante la condanna, gli avvocati del PT hanno presentato centinaia di ricorsi alle istanze giudiziarie superiori per cercare di ottenere la scarcerazione di Lula o, quantomeno, l’autorizzazione a farlo partecipare alla campagna elettorale. Tutti regolarmente respinti in quanto considerati inammissibili.

Haddad, il vice Lula

Per quanto riguarda la strategia elettorale, fino alla decisione del STE, il PT si è rifiutato di parlare pubblicamente di un piano B, alternativo alla candidatura dell’ex presidente operaio. Nonostante la condanna in appello, il partito aveva iscritto Lula nella competizione elettorale il 15 agosto, ultimo giorno utile secondo quanto previsto dalla legge elettorale brasiliana. La strategia del PT è stata quella di portare avanti la campagna elettorale fino alla decisone del 31 agosto. Ora però il partito è costretto a puntare tutto su Fernando Haddad, candidato presentato inizialmente come vicepresidente in tandem con Lula.

#HaddadPresidenteFoto: Ricardo Stuckert

Gepostet von Fernando Haddad am Sonntag, 16. September 2018

Haddad fa parte della classe media brasiliana, è ha sempre cercato di conciliare la politica con l’impegno da professore universitario; è il sindaco di San Paolo uscente ed è stato Ministro dell’Educazione sotto i governi Lula e Dilma. È forse un intellettuale, ma non un trascinatore (dopo un anno da sindaco di San Paolo i suoi consensi erano già scesi al 18% e non fu mai realmente in corsa per un eventuale secondo mandato: il PT lo sa e in questi giorni ha provato a ribaltare questa narrazione). Haddad avrà come vice la leader del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), Manuela D’Avila, giovane e promettente deputata statale del Rio Grande del Sud, che ha rinunciato ad una candidatura propria al Planalto per formare il ticket, per O Brasil Feliz de Novo. Gli ultimi sondaggi lo danno in risalita al 13%, a pari merito con Gomes. 

È difficile dire come verranno redistribuiti i voti di Lula, perché nonostante le speranze del PT, è evidente che Haddad non possa assorbire tutto il bacino di voti dell’ex presidente: #HaddadÉLula è comunque uno degli hashtag ufficiali (e forse un wishful thinking) della campagna elettorale del PT.

Ad oggi non esistono analisi dei flussi affidabili, ma è certamente una delle incognite più interessanti e determinanti per questa corsa elettorale.

Gli altri candidati

Ma chi sono gli altri candidati? Vediamoli uno per uno.

Jair Messias Bolsonaro (Partito Social Liberale)

Bolsonaro è probabilmente il politico brasiliano più conosciuto all’estero dopo Lula e Dilma. È il candidato della coalizione formata dal Partito Social Liberale (PSL) e dal Partito del Rinnovamento Laburista Brasiliano, e conta anche con il sostegno dei monarchici. Di recente è stato assalito a coltellate durante una manifestazione pubblica, cosa che lo ha costretto a interrompere la campagna elettorale. Punterà tutto sui social dove va fortissimo (su Facebook conta quasi 6 milioni di like, contro i 3,9 di Lula) dal momento che, a causa delle gravi lesioni interne, dovrà sottoporsi a una nuova operazione a breve e non potrà fare comizi per strada. I sondaggi lo danno tra il 22% e il 26% al primo turno, ma perdente in tutte le simulazioni di ballottaggio.

– Olá amigos!- Hoje, às 16:50 fui autorizado pela equipe médica do Hospital Albert Einstein a me dirigir a vocês…

Gepostet von Jair Messias Bolsonaro am Sonntag, 16. September 2018

Nato a Campinas, nello stato di San Paolo, Bolsonaro ha in realtà costruito la sua carriera politica a Rio de Janeiro. Proprio a Rio, alle elezioni del 2014 è risultato il più votato, con 464.000 voti, prolungando così la sua striscia ininterrotta di 25 anni al Congresso Nazionale. Bolsonaro ha 63 anni ed è un ex capitano riformato dell’esercito. Ha cinque figli, tre dei quali sono entrati in politica. È molto religioso (il moto della sua camapagna è: Brasil acima de Tudo, Deus acima de Todos), favorevole alla criminalizzazione dell’aborto e alla libera vendita delle armi da fuoco, filoamericano e antisindacale. Un suo ritratto accurato e completo lo ha stilato lo specialista di politica brasiliana Carlo Cauti l’estate scorsa sulla rivista Limes.

Il suo candidato alla vicepresidenza è l’ex generale della riserva Antonio Hamilton Mourão, anche lui di certo non un moderato: è infatti famoso per aver dichiarato lo scorso anno in più occasioni che un colpo di stato militare era un’opzione possibile se la magistratura non avesse arrestato tutti i politici corrotti brasiliani, mentre solo pochi giorni fa ha parlato di un possibile “autogolpe” da parte del futuro Presidente in collaborazione con le forze armate.

In caso di vittoria, Bolsonaro dovrà essere bravo a trovare una maggioranza al Planalto, non potendo contare sul suo PSL che vale poco, ma mettendo insieme evangelici, fazendeiros, ex militari eletti, partiti della destra tradizionale brasiliana come PSDB e PMDB, e responsabili pronti a salire sul carro. Ad oggi, tuttavia, è ancora in un letto d’ospedale.

Ciro Gomes (Partito Democratico Laburista)

Ciro Gomes ha 60 anni ed è il candidato della coalizione composta dal Partito Democratico Laburista (PDT) e dall’Avante. Gomes è certamente uomo della nomenklatura brasiliana, e questa è la terza volta che correrà per la Presidenza. Nasce e cresce politicamente nello stato Ceará, di cui diventa governatore, dopo essere stato anche eletto sindaco della capitale (Fortaleza). Si è dimesso da governatore per entrare del governo del Presidente Itamar Franco (1992-1994) come Ministro delle Finanze, in quota PSDB. È stato Ministro dell’Integrazione Nazionale dal 2003 al 2006, sotto il governo dell’allora presidente Lula, avversario storico del PSDB. Non stupisce che Gomes sia criticato per aver cambiato casacca sette volte durante la sua carriera. Ha scelto come vice la senatrice Katia Abreu, del suo stesso partito, esponente dei fazendeiros, i grandi latifondisti, allevatori e produttori rurali, per andare ad aggredire un settore dell’elettorato ancora molto influente in Brasile.

È il candidato preferito dall’elettorato moderato brasiliano, in grado di attrarre il voto utile in chiave anti-Bolsonaro, anche da sinistra, al secondo turno. È l’unico probabilmente in grado di costituire un sorta di “Fronte Repubblicano” contro Bolsonaro al ballottaggio, insieme a Marina Silva e Alckmin. Potrebbe perfino vincere. Ma governare sarà tutto un altro paio di maniche.

(Curiosità: Gomes ha ricevuto l’endorsement di un pezzo di storia vivente della musica brasiliana: Caetano Veloso)

É CIRO, GENTE, É CIRO! Ciro Gomes #Ciro12 #CiroPresidente

Gepostet von Caetano Veloso am Montag, 17. September 2018


Marina Silva (Rete Sostenibilità)

Nata in una piccola comunità chiamata Breu Velho, nello stato amazzonico dell’Acre, al confine con la Bolivia, Marina Silva ha 60 anni. Nel 1984 partecipò alla fondazione della Centrale Unica dei Lavoratori (Cut), la CIGL brasiliana, e l’anno seguente alla fondazione del PT. È stata eletta per la prima volta ad un incarico pubblico nelle elezioni del 1988, come consigliera comunale più votata di Rio Branco, capitale dell’Acre. Successivamente è stata eletta deputata e senatrice dello stato. È stata Ministro dell’Ambiente nel primo governo Lula (2003-2008). Questa è la terza volta che si candida alla Presidenza sostenuta dalla piattaforma ambientalista del partito Rete Sostenibilità, ed è data in calo, intorno al 10% nelle intenzioni di voto al primo turno. Le simulazioni la danno favorita in un ballottaggio contro Bolsonaro, anche se potrebbe avere più problemi di Gomes a creare un fronte comune.

Mude a sua foto de perfil com o tema #Marina18 – bit.ly/Marina18

Gepostet von Marina Silva am Mittwoch, 22. August 2018

Geraldo Alckmin (Partito Social Democratico Brasiliano)

Candidato per la coalizione composta dal PSDB, e da una serie di otto partiti minori, Geraldo Alckmin è stato quattro volte governatore dello stato di San Paolo. È dato intorno al 10% al primo turno. Si erà già candidato nel 2006 contro Lula, uscendone sconfitto. Ha scelto come vice la senatrice Ana Amélia Lemos, anche lei esponente dei grandi proprietari rurali brasiliani.

La coalizione larga costituisce anche un trucchetto ben collaudato per avere più minuti di tribuna elettorale a disposizione (5 minuti e 32 secondi), più del doppio di Haddad (2 minuti e 33 secondi) e Meirelles (1 minuto e 55 secondi), con gli altri candidati tutti abbondantemente sotto il minuto. Tuttavia, nonostante i media e osservatori politici brasiliani diano grande importanza al minutaggio tv, le intenzioni di voto nei confronti di Alckmin sono rimaste pressoché costanti nelle ultime settimane. A costo di semplificare, è probabile che sposti molti più voti un post di Bolsonaro su Facebook che uno spot di Alckmin in tv.

Amanhã tem Geraldo Alckmin AO VIVO na sabatina do G1 e CBN, às 8h. Fique ligado! #EquipeGA #GeraldoNoRádio #GeraldoNaWeb #cbng1 #Geraldo45

Gepostet von Geraldo Alckmin am Montag, 3. September 2018

Alvaro Dias (Podemos)

È il candidato della coalizione composta dai partiti Podemos, Partito Repubblicano Progressista (PRP), Partito Sociale Cristiano (PSC) e Partito Laburista Cristiano (PTC), tutti facente parte dell’infinita galassia dei micro-partiti brasiliani. È stimato dai sondaggi al 3%. Alvaro Dias ha 73 anni e ha cambiato sette volte partito. Attualmente è al suo quarto mandato da senatore del Paranà, di cui è stato anche governatore. Durante i dibattiti televisivi si è fatto notare poco per le proposte presentate e molto di più per la quantità di botox iniettata nel viso, che lo ha praticamente deformato e reso il protagonista indiscusso dei meme elettorali brasiliani, giocati sulla sua somiglianza con Joker, l’arcinemico di Batman.

Gepostet von Alvaro Dias am Donnerstag, 13. September 2018

João Amoêdo (Partido Novo)

Candidato del Partido Novo – il più recente partito brasiliano, di ispirazione liberale – Amoêdo, 55 anni, è laureato in ingegneria civile e ha un master in amministrazione aziendale. Nel 2014 ha fondato il Partido Novo con esponenti della società civile, un partito che presenta alcune similitudini ideologiche con il Movimento 5 stelle: nasce infatti come risposta alla “vecchia politica”, propone drastici tagli ai privilegi dei politici, ha rifiutato qualsiasi alleanza elettorale e i suoi candidati devono passare attraverso un processo di selezione.

Gepostet von João Amoêdo 30 am Mittwoch, 15. August 2018

Guilherme Boulos (Partito Socialismo e Libertà)

È uno psicoanalista, insegnante e scrittore di San Paolo; ed è il leader del Movimento dei lavoratori senza tetto (MTST). Guida la coalizione Partito Socialismo e Libertà (PSOL) – quello con un sole sorridente nel simbolo, disegnato da Ziraldo – e Partito Comunista del Brasile (PCB), con un programma ambientalista, in favore delle quote razziali, del movimento LGBTQI e di quello femminista (fortissimo e molto variegato in Brasile). Ha iniziato a fare politica nel 1997, a 15 anni, quando si unì al movimento studentesco come militante nell’Unione Giovanile Comunista (UJC), per poi passare al MTST. La sua candidata a vice è Sônia Guajajara (qui sotto in foto), anticapitalista ed eco-socialista, nonché la prima indigena della storia del Brasile a correre per la vicepresidenzaLe intenzioni di voto nei suoi confronti si sono sempre aggirate intorno all’1%, e la notizia che l’attentatore di Bolsonaro fosse un militante del PSOL non lo aiuteranno di certo.

Gepostet von Guilherme Boulos am Sonntag, 16. September 2018

Tra i vari candidati minori ricordiamo anche Henrique Meirelles (candidato della coalizione formata da Movimento democratico brasiliano e Partito umanista sociale)un dinosauro della politica brasiliana e Ministro delle Finanze uscente; Vera Lúcia (Partito Socialista dei Lavoratori Uniti), ex cameriera, dattilografa e operaia del settore calzaturiero, una carriera nel movimento sindacale, candidata del partito di estrema sinistra PSTU, di ispirazione trotskista e morenista; João Goulart Filho (Partito Patria Libera), figlio dell’ex presidente Joao Goulart deposto dai militari con il golpe del 1964; José Maria Eymael candidato Presidente per la quinta volta con la Democrazia Cristiana.

Infine, va senz’altro segnalato Cabo Daciolo, ex pompiere che guadagnò notorietà nel 2011 per aver guidato lo sciopero dei pompieri a Rio de Janeiro. Fu poi eletto deputato federale alle elezioni del 2014 con il partito di estrema sinistra Partito del Socialismo e Libertà (PSOL). Non durò molto al suo interno, passando rapidamente al Partito Laburista del Brasile (PTdoB) e infine all’Avante. Ha dichiarato di non possedere beni, fatto che lo ha reso quantomeno sospetto, visto che percepisce uno stipendio mensile da deputato pari a oltre 33 mila reais (circa 7 mila euro).

Daciolo ha 42 anni ed è ora è il candidato del partito Patriotas, di estrema destra e legato ad ambienti evangelici. Nel primo dibattito elettorale la parola più citata da Daciolo è stata “Gesù” e nel secondo si è presentato con una Bibbia in mano. Pochi giorni fa ha trasmesso una singolare diretta sulla sua pagina FB, in collegamento da una zona isolata non meglio specificata, con un fuoco ardente alle sue spalle, voce e chitarra acustica come sottofondo, camicia a quadri, t-shirt bianca, e l’immancabile Bibbia in mano.

SÓ DEUS.O POVO VAI SER LIBERTO!

Gepostet von Deputado Cabo Daciolo am Mittwoch, 12. September 2018

Filippo Galeazzi

Nato a Pesaro, ha studiato relazioni internazionali a Bologna, Lisbona, Roma e San Paolo del Brasile. Lavora con la politica, mangia pizza con uovo sodo e maionese, corre, scia. Laicamente lusofono, convintamente gobbo, irragionevolmente innamorato della Victoria Libertas Pallacanestro.

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