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L’Unione Europea: un sistema presidenziale bicamerale

L’Unione Europea: un sistema presidenziale bicamerale

Un regime presidenziale bicamerale. È una delle possibili definizioni del sistema delle istituzioni europee, almeno a partire dal Trattato di Lisbona del 2009. Vediamo perché, in questa che è la prima puntata di una serie di approfondimenti dedicati a come funziona l’Unione Europea (chi, come e quando decide di che cosa?).

Un’Unione parlamentarizzata

L’Unione Europea è un sistema sui generis. Non è né uno stato federale, né un’organizzazione internazionale. La sua natura ibrida rende rischioso ogni tipo di comparazione con altri sistemi politici. Ma questo non impedisce di provare a dare un senso a questo sistema. Al tal fine, bisogna osservare i recenti sviluppi del processo di integrazione, con un occhio di riguardo all’evoluzione del Parlamento Europeo.

Nel gioco a due livelli fra logica nazionale (quella dominante) e logica comunitaria, secondo i due studiosi Olivier Costa e  Nathalie Brack, si è consolidata una tendenza: la parlamentarizzazione. Nata come risposta al deficit democratico delle prime comunità europee come tentativo di rafforzare la legittimità del loro operato, nel tempo si è tradotta in un aumento dei poteri del Parlamento Europeo. Da semplice assemblea elettiva con un ruolo consultivo, il Parlamento ha rosicchiato potere sia alla Commissione che al Consiglio.

Questo si è concretizzato in quattro aspetti principali: la mozione di sfiducia verso la Commissione (in vigore sin dal principio), l’elezione del Presidente della Commissione, l’aumento dei poteri in materia di bilancio e l’estensione della procedura di co-decisione (o legislativa ordinaria). L’Unione Europea si è dotata quindi di un governo, la Commissione, responsabile di fronte ad un’assemblea, il Parlamento, che è diventato un legislatore insieme al Consiglio. Vediamo in dettaglio.

Nei confronti della Commissione, il Parlamento ha un duplice potere: di controllo e di nomina. Rispetto al primo, si va dalle soluzioni più blande come l’interrogazione parlamentare e l’apertura di commissioni d’inchiesta fino all’artiglieria pesante: il voto di sfiducia o di censura. Il Parlamento ha la facoltà di sfiduciare, in toto, il collegio della Commissione (il consiglio dei ministri e il Presidente) con una maggioranza dei 2/3 corrispondente ad almeno la metà dei suoi componenti. Non è possibile, invece, sfiduciare i singoli commissari. È mai accaduto? Tecnicamente no. Ma nel 1999 ci siamo andati vicini: la Commission Santer si dimise per uno scandalo legato alla corruzione ancor prima di arrivare al voto.

Per quanto riguarda le nomine, a partire dal Trattato di Maastricht il Parlamento elegge il Presidente della Commissione e il collegio della Commissione (in due voti separati) a maggioranza qualificata. Si tratta, però, di una semplice investitura, poiché il Presidente viene designato dal Consiglio Europeo. Ma qualcosa è cambiato. La coincidenza del mandato del Parlamento e della Commissione ha “costretto” il Consiglio Europeo a tenere conto dei risultati delle elezioni europee nella scelta del candidato presidente. Il sistema dello spitzenkandidaten nelle elezioni europee del 2014 ha istituzionalizzato questa tendenza. In altre parole, il candidato della lista che prende più voti verrà indicato dal Consiglio Europeo come Presidente. L’effetto è la politicizzazione della competizione che diventa a tutti gli effetti una campagna elettorale. Quasi come in “casa”, nelle elezioni nazionali di ciascuno stato.

Da Maastricht (1992) a Lisbona (2009) le prerogative legislative del Parlamento sono aumentate, arrivando alla situazione seguente: “Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio.” Così recita l’articolo 14 del Trattato sull’Unione Europea. Prima istituendo e poi allungando la lista dei settori regolati dalla co-decisione, il Parlamento è diventato a tutti gli effetti un legislatore, alla pari del Consiglio dell’Unione Europea. Rimangono fuori dalla procedura legislativa ordinaria materie “delicate” come affari esteri, difesa e cooperazione di polizia nelle quali il Parlamento assume un ruolo consultivo. Per tutte queste ragioni (elezione diretta, rappresentatività dei cittadini, funzioni legislative e di controllo), il Parlamento Europeo è l’equivalente di una camera bassa in un sistema statale nazionale.

Unione Europea o Repubblica d’Europa?

Da questo parallelo possiamo estendere l’analisi alle altre istituzioni, trovando i corrispettivi negli assetti istituzionali nazionali. Le istituzioni europee assumono così questa forma:

Una configurazione accostabile ad un regime presidenziale o semipresidenziale alla francese, se vogliamo. Da un lato il Consiglio Europeo e la Commissione rappresentano il potere esecutivo. Dall’altro, il Parlamento e il Consiglio dell’Unione Europea incarnano il potere legislativo.

Il Consiglio Europeo è il vero “capo di stato” dell’Unione. Infatti, è composto dai capi di stato e di governo di tutti i paesi membri, detta le linee guida e stabilisce le priorità. Per questo è anche il primo organo d’indirizzo. Basato su una logica intergovernativa, beneficia della rapidità delle delibere prese per consensus, una sorta di unanimità al contrario (per intenderci, si passa dal “siamo tutti d’accordo?” al “c’è qualcuno contrario?). Gli anni di crisi hanno dimostrato la sua capacità di prendere decisioni in momenti di urgenza permettendogli di scavalcare la macchinosità del metodo comunitario (e della Commissione Europea). La nascita del Meccanismo Europeo di Stabilità e del Fiscal Compact sono degli esempi.

La Commissione Europea assume il doppio volto di organo politico e organo amministrativo. Nel primo caso, il collegio dei Commissario funziona come un gabinetto di ministri, responsabile collegialmente di fronte al Parlamento. Inoltre, il ruolo politico avuto in passato da molti commissari (Moscovici, per citarne uno, o lo stesso Juncker) contribuisce a politicizzarne la carica. Nel secondo caso, l’insieme delle direzioni generali costituisce la parte tecnica e amministrativa, proprio come i ministeri dei governi nazionali.

Il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo sono le due camere del sistema legislativo. Del Parlamento abbiamo già detto. Il Consiglio è paragonabili quindi a una camera alta, rappresentante degli Stati Membri (mentre il Parlamento, la camera bassa, rappresenta i cittadini). Nato in origine come luogo di concerto fra i vari ministri nazionali, il Consiglio si è reso via via più comunitario e assembleare. Grazie all’estensione dei casi in cui si possono pendere decisioni a  maggioranza qualificata (invece che all’unanimità), infatti, il Consiglio si è svuotato della sua logica diplomatica. È bene ricordare che queste due “camere” non hanno una funzione creatrice, ma solo di modifica: l’iniziativa legislativa è prerogativa della Commissione.

Ok, ma i governi nazionali?

Questa analisi non descrive né la governance multilivello, né l’influenza – formale o informale – dei governi nazionali sulle decisioni europee, da sempre un fattore determinante. Non analizza in profondità le logiche interne al Consiglio Europeo, l’istituzione principe, che qui abbiamo descritto in modo “spersonalizzato” accostando genericamente il suo ruolo a quello di un “capo di stato”: in realtà si tratta di una carica spartita in modo diseguale fra 27 diverse compagini, dove appare quasi superfluo dire chi giochi la parte della regina, o della Königin. Le istituzioni non citate, la Corte di Giustizia che detiene il potere giudiziario, e la Banca Centrale Europea, sovrana della moneta unica, meritano invece un approfondimento separato.

La definizione di “sistema presidenziale bicamerale” mette però in luce una faccia dell’entità complessa e multiforme chiamata Unione Europea – salvo sviluppi “catastrofici” futuri.

 

Guido Boccardo

Torinese. Laureato presso il Collegio d'Europa di Bruges. All'Università ha girato fra Italia, Svezia, Francia e Belgio. Innamorato del Toro, non sempre corrisposto. Si consola con i baci di dama.
Scrivo perlopiù sull'Unione Europea, direttamente da Bruxelles dove lavoro come policy adviser.

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