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Sistema elettorale: chi vincerebbe se…?

Sistema elettorale: chi vincerebbe se…?

Il dibattito sulla riforma del sistema elettorale prosegue, nonostante si trascini ormai da sei lunghi anni. Stavolta la sentenza della Corte costituzionale rischia di costringere le forze politiche a trovare una soluzione, pena il ritorno alle urne con una legge che condannerebbe l’Italia a uno scenario degno della Repubblica di Weimar.

Cosa ostacola il raggiungimento di un accordo? È presto detto: la convinzione – fondata o meno – che scegliere l’uno o l’altro sistema possa penalizzare troppo alcuni partiti e avvantaggiarne altri. Questo è il motivo per cui non è mai stato introdotto un maggioritario “puro” (troppo svantaggioso per i partiti piccoli e medi) o per cui, in tempi più recenti, si è impedito che si riformasse la legge elettorale introducendo un sistema a doppio turno, o reintroducendo i collegi uninominali.

Quanto è fondata questa convinzione? Come sappiamo che un sistema darebbe vantaggi a una parte e penalizzerebbe le altre? Sappiamo che il centrodestra abolì il Mattarellum (introducendo il Porcellum) perché Berlusconi era convinto che i collegi uninominali lo penalizzassero rispetto al centrosinistra, e in parte ciò era vero. Ma gli elettori voterebbero diversamente se il sistema elettorale fosse diverso? E se sì, come?

Una risposta sembra arrivare da una recente indagine realizzata dall’istituto Eulab: il sondaggio ha chiesto agli intervistati di esprimere la loro intenzione di voto al variare della legge elettorale. Il risultato è piuttosto interessante: nessuno sconvolgimento rispetto alle intenzioni di voto “standard”, ma piccole variazioni che però sono molto indicative. Vediamole nel dettaglio.

 

Sistema “tedesco” (proporzionale con sbarramento al 4%)

È il sistema con cui si voterebbe oggi alla Camera, dopo che la Consulta ha abolito il premio di maggioranza – si noti che l’ipotesi di Eulab prevede che ciascun partito corra da solo, senza formare coalizioni grazie alle quali la soglia di sbarramento si abbasserebbe al 2%. Va anche ricordato che in Germania la soglia di sbarramento è del 5% e che i deputati sono eletti per metà in collegi uninominali maggioritari.

Quello che salta all’occhio è che la presenza della soglia al 4% genera un effetto di “voto strategico” che avvantaggia i partiti maggiori (PD, Forza Italia e M5S), ma non solo: anche il NCD di Alfano ne beneficerebbe, e Scelta Civica supererebbe la soglia togliendo voti (presumibilmente) all’UDC e ad altri partiti minori presenti un po’ ovunque; il caso di SC è interessante perché sembra suggerire che gli elettori di centro lo percepiscono come un partito in grado di superare la soglia più agevolmente rispetto all’UDC, che invece come intenzione di voto “secca” risulta più avanti rispetto al partito di Monti (e non solo secondo la rilevazione di Eulab).

È quasi superfluo aggiungere che, nonostante lo sbarramento consenta l’accesso solo a cinque partiti, nessuno avrebbe la maggioranza assoluta dei seggi con questa distribuzione di voto, e si dovrebbe ricorrere ad una coalizione PD-FI (o in alternativa PD-M5S o FI-M5S).

 

Sistema uninominale (primo turno)

Il sondaggio ha chiesto poi, come secondo scenario, le preferenze degli elettori in caso di voto con il sistema francese, ossia il maggioritario a doppio turno con collegi uninominali. Non ci è dato sapere come avrebbero risposto gli intervistati in caso di scenario a turno unico (facile immaginare che avrebbero premiato sensibilmente i tre partiti maggiori), in questo caso non si notano enormi differenze rispetto alle intenzioni di voto “standard” ma si registra un dato molto elevato dell’affluenza che porta il PD a superare i 10 milioni di voti e Forza Italia a sfiorare i 7 milioni.

 

Doppio turno: tre ipotesi

Dall’analisi delle intenzioni di voto al primo turno, con i collegi uninominali, emerge che solo tre partiti avrebbero concrete possibilità di accedere al secondo turno praticamente in tutti i collegi: il PD, Forza Italia e il Movimento 5 stelle. Ipotizzando che al secondo turno vi siano solo due tra questi partiti (mentre in Francia vanno al secondo turno tutti quelli che superano il 12,5% dei voti calcolati sugli aventi diritto), il sondaggio li mette a confronto in tre sfide “binarie”: nel primo caso, il 56,2% degli elettori sceglierebbe il PD rispetto a Forza Italia, ma con un’affluenza ridotta al 55%; se la sfida al secondo turno fosse riservata solo a questi due partiti, essi otterrebbero comunque, complessivamente, circa 4 milioni di elettori in più a testa.

Nel secondo scenario il PD prevarrebbe sul M5S, ma con un numero inferiore di voti (meno di 13 milioni) e un’affluenza minore (poco più del 50% degli aventi diritto voterebbe a un ballottaggio con questi due partiti). Il M5S otterrebbe comunque 11 milioni di voti, provenienti in gran parte da elettori di centrodestra.

Nel terzo scenario (Forza Italia vs M5S) a votare il partito di Grillo sarebbero invece gli elettori di centrosinistra, portandolo a totalizzare oltre 12 milioni di voti: cifra che sarebbe comunque insufficiente, perché FI in questa sfida ne otterrebbe quasi 14 milioni, con un’affluenza superiore al 55%, attraendo presumibilmente tutti i voti dell’area di centrodestra nonché l’elettorato più moderato.

 

Legge elettorale del “sindaco d’Italia”

Si tratta della proposta più volte fatta dal neo segretario del PD Matteo Renzi: in pratica, un Porcellum “corretto” dalla possibilità di un ballottaggio tra le due coalizioni più votate per l’assegnazione del premio di maggioranza (sul modello di quanto avviene per i comuni superiori ai 15.000 abitanti). Nel sondaggio, Eulab ha introdotto anche la possibilità, con questo sistema, di esprimere un voto “solo alla coalizione”, senza indicare preferenze per il partito (l’equivalente di quello che alle elezioni comunali è il voto diretto al candidato sindaco). Il dato più rilevante è che, forse proprio grazie a questo espediente, si avrebbe un’affluenza record (quasi l’84%), trainata da coloro che più che in un partito si riconoscono in un’area politica: così il 4,2% degli elettori voterebbe genericamente per il centrosinistra e ben il 6,4% per il centrodestra (ma solo lo 0,7% per il centro). Il sondaggio evidenzia anche un forte calo del M5S in presenza di questo sistema: solo il 16% degli elettori lo voterebbe, escludendolo di fatto dal ballottaggio.

Vediamo appunto le ipotesi di ballottaggio: nel primo caso, il più probabile (viste le intenzioni di voto rilevate per il primo turno), il centrosinistra batterebbe nettamente il centrodestra per 57,3 a 42,7 e sfiorando i 20 milioni di voti (siamo ai livelli che portarono l’Unione di Prodi a vincere, seppur di un soffio, le elezioni 2006). L’affluenza resterebbe comunque piuttosto alta, sopra il 73%, a differenza di quanto avverrebbe, come visto, in caso di ballottaggi tra singoli partiti.

Se invece il M5S dovesse accedere al ballottaggio, verrebbe sconfitto dal centrosinistra per 59 a 41 (con affluenza inferiore al 69%); ma sarebbe in grado, sorprendentemente, di sconfiggere il centrodestra (52,3% contro 47,7%), laddove in caso di ballottaggio con la sola Forza Italia ne sarebbe uscito sconfitto. Anche qui, la differenza la farebbe probabilmente un’affluenza decisamente maggiore: 71,7% rispetto al 55% rilevato nell’altro scenario. Viste queste ipotesi, dunque, non sorprende che il centrodestra sia in disaccordo con Matteo Renzi sull’introduzione del doppio turno di coalizione.

 

E il sistema australiano…?

L’ultimo scenario ipotizzato nel sondaggio di Eulab riguarda un sistema elettorale molto particolare, utilizzato solo in Australia: si tratta del sistema di voto “ordinale”. In pratica gli elettori mettono in ordine di preferenza tutti i candidati (in collegi uninominali) dal primo all’ultimo. Se nessun candidato ha ottenuto il 50% più uno di “prime preferenze”, si elimina il candidato giunto ultimo e si distribuiscono le sue seconde preferenze agli altri candidati. Se neanche in questo caso si ha un vincitore, si esclude dal conteggio il penultimo arrivato, e così via. Spesso bisogna eliminare tutti i candidati finché non ne restano solo due per proclamare un vincitore, e il sistema favorisce in questo modo i partiti che riescono ad essere più “trasversali” possibile, cioè a risultare i “meno sgraditi” agli elettori.

Cosa accadrebbe in Italia con questo sistema? Per cominciare, l’azzeramento di qualunque effetto “strategico” (in assenza di soglie di sbarramento o doppio turno) mostra una distribuzione di preferenze presumibilmente più “veritiera”, che comunque non si discosta di molto dal dato “standard”.

Interessante vedere poi lo sviluppo delle progressive eliminazioni dei partiti meno votati: dopo l’eliminazione di Udc, Fratelli d’Italia, Sel, Lega e Scelta Civica, i consensi si ripartiscono quasi equamente tra PD (36%), M5S (32,8%) e Forza Italia (31,3%), una foto perfetta del “tripolarismo” attuale in Italia. A questo punto, il sondaggio Eulab ci dice che l’eliminazione successiva colpirebbe Forza Italia, i cui elettori premierebbero maggiormente, con le loro seconde preferenze, il Movimento 5 stelle, che quindi risulta vincitore in questa ipotetica sfida contro il PD. Abbiamo trovato il sistema elettorale ideale per il movimento di Grillo quindi? Non proprio, poiché – come per i sistemi inglese e francese – questa operazione andrebbe fatta a livello di collegio, e la tripartizione del consenso rischierebbe anche in questo caso di produrre un parlamento senza maggioranza.

 

Cosa vogliono gli italiani?

Ma in conclusione, al di là delle preferenze dei vari partiti, quale sistema elettorale vorrebbero gli elettori? Sempre secondo la ricerca Eulab, la caratteristica più indicata come necessaria è quella di garantire una governabilità al vincitore delle elezioni (38,3%); seguono la possibilità di eleggere direttamente il premier (il 24,1% degli intervistati lo considera una priorità, nonostante sia materia di riforma costituzionale, non elettorale) e la possibilità di scegliere gli eletti con la propria preferenza (23,5%); solo per il 6,7% la priorità principale è garantire la rappresentatività a tutti i partiti politici, anche i più piccoli, mentre il 5,3% indica la necessità di combattere il voto di scambio.


(grafici a cura di Andrea Piazza)

Salvatore Borghese

Laureato in Scienze di Governo e della comunicazione pubblica alla LUISS, diplomato alla London Summer School of Journalism e collaboratore di varie testate, tra cui «il Mattino» di Napoli e «il Fatto Quotidiano».
Cofondatore e caporedattore (fino al 2018) di YouTrend. È stato tra i soci fondatori della società di ricerca e consulenza Quorum e ha collaborato con il Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE).
Nel tempo libero (quando ce l'ha) pratica arti marziali e corre sui go-kart. Un giorno imparerà anche a cucinare come si deve.

3 commenti

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  • Un punto deve rimanere fermo. Siamo e dobbiamo restare una Repubblica parlamentare. Non ricordo esempi concreti di elezione diretta del Premier. Non è così in GB,D,F,S e altri paesi europei.

  • mi domando quanto sia veritiero un sondaggio in cui chiedete ai cittadini questioni che al 90% di loro risultano assolutamente lunari :a mio avviso il 90% degli italiani non conosce neppure la differenza tra sistema proporzionale e maggioritario. Deduco che abbiate dovuto loro spiegare passo per passo i vari sistemi elettorali che proponevate nella successione delle ipotesi che avete sopra presentato. Ritengo che la stragrande maggioranza di loro vi abbia mandato a quel paese molto prima di terminare l’intervista: penso per esempio se aveste scelto mia mamma come soggetto da intervistare…

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