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Elezioni bulgare: caos e stallo all’italiana

C’è un altro Paese che si trova nell’incertezza totale dopo le elezioni. Stiamo parlando della Bulgaria, un Paese non propriamente noto per la stabilità del suo sistema politico: come spesso accaduto nell’Est Europa, ogni elezione dopo il 1989 è stata vinta dall’opposizione o comunque da nuove formazioni che hanno sistematicamente sconfitto il governo uscente. Vi è stata così una alternanza tra forze conservatrici e socialisti post-comunisti, con l’inserimento della lista liberal-conservatrice dell’ex re Simeone nel 2001, presto evaporata.

In queste elezioni si è giunti con un governo conservatore in carica, sostenuto dalla coalizione GERB (Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria), partito affiliato al PPE che aveva vinto con il 39,7% contro il 17,7% del BSP (Partito socialista bulgaro), partito di post comunisti affiliati al PSE. Grazie alla riforma elettorale (poi cancellata) che i socialisti avevano approvato e che prevedeva 31 seggi unonominali su 240, il GERB aveva ottenuto ben 117 seggi che con l’appoggio di un altro piccolo partito conservatore gli avevano consentito di governare.

Gli ultimi 3 anni sono stati difficili per il governo, segnati da crisi economica e conseguente impopolarità. La crisi ha colpito duramente il Paese più povero d’Europa, con il più basso indice di sviluppo e il minore salario medio (intorno ai 350 euro). Gli scandali di corruzione, in un Paese già tra i più corrotti, sono ulteriormente aumentati, con accuse allo stesso premier Borisov di riciclaggio di denaro sporco (tramite la banca della moglie), controllo e intercettazione delle telefonate dei rivali politici, repressione violenta delle manifestazioni.

Una corruzione che assieme ai numerosi monopolî aumenta i costi della vita quotidiana (per esempio quelli legati all’energia elettrica) e ha creato un clima di generale sfiducia non solo nel governo ma in tutti i partiti principali, che negli ultimi 20 anni si sono alternati al potere, visti solo come portatori di interessi degli oligarchi.

Borisov ha pensato così a febbraio dimettersi e ridare la voce all’elettorato per protesta contro le violenze della polizia e dando il governo a un tecnico a lui vicino, Raykov, rilanciandosi in una nuova campagna elettorale.

Prima dei risultati è da sottolineare come il primo risultato di tanto malcontento sia stata la bassa affluenza: solo il 51,3% degli aventi diritto ha partecipato al voto, ben il 9% in meno rispetto al 2009.

I partiti principali in lizza erano:

GERB (Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria): Il partito conservatore, come già detto, era in difficoltà e in cercava di un rilancio dopo l’impopolarità degli ultimi anni di crisi. Ha fatto campagna predicando la responsabilità fiscale e la riduzione del deficit per migliorare l’immagine e l’attrattività per gli investimenti del Paese nei confronti dell’Europa, oltre che su una classica piattaforma  conservatrice di tutela degli interessi della famiglia.

BSP (Partito socialista bulgaro): Diretto discendente del partito comunista bulgaro pre-1989, nel tempo ha perso di contenuto ideologico, tanto da avere promosso privatizzazioni e persino una flat tax quando è stato al potere; in queste elezioni proponeva un maggior ruolo dello Stato nell’economia e un aumento del salario minimo.

DPS (Movimento per per i diritti e la libertà): Partito della minoranza turca, si definisce liberale, ed in effetti si tratta di una forza non nazionalista ma anzi europeista e moderata; in parte è così, ma ci sono anche accuse di corruzione e di frode elettorale (doppi voti di turchi bulgari che abitano in Turchia sia nei seggi per bulgari all’estero in Turchia sia nella loro città bulgara). Il DPS già collaborato in passato con i socialisti e con l’ex re Simeone ma non è in buoni rapporti con la destra. Basa la propria forza sulla maggioritaria presenza di turchi nel sud’Est del Paese al confine con la Turchia e nel Nord-Est, dove i turchi ottomani avevano trasferito la popolazione dall’Anatolia anche per motivi di difesa delle frontiere.

Ataka (“Attacco”): Partito nazionalista di destra, populista e radicale, si pone come opposizione al sistema con toni xenofobi ma anche socialisti in economia, e basa la sua propaganda sugli attacchi al FMI e alla Banca Mondiale e più in generale sul complottismo che riguarda la massoneria e i poteri forti internazionali, (USA, UE, NATO, Turchia…), oltre che su crociate anti-zingari nonché altre velatamenta anti-semite. Ha contatti con la Chiesa Ortodossa, e chiede la nazionalizzazione dell’elettricità e l’aumento del salario minimo. Non è ovviamente in buoni rapporti con il partito della minoranza turca.

Tra i partiti minori sono degni di nota il Movimento Bulgaria per i Cittadini, guidato dalla Monti bulgara in gonnella, Kuneva, prima commissaria UE del Paese, che cercava di passare al soglia di sbarramento con il suo partito europeista e liberale che chiede responsabilità fiscale assieme a liberalizzazioni.

C’era poi il Fronte Nazionale per la Salvezza della Bulgaria, forza nazionalista che riunisce ex membri di UDF, Ataka e GERB, in particolare dall’area di Burgas. Appoggiato dalla TV SKAT, in passato sotto accusa per i suoi contenuti xenofobi e razzisti.

Vi erano poi i Democratici per una forte Bulgaria, staccatisi dalla coalizione Blu, erede a sua volta del UDF che vinse le prime elezioni libere del 1990 contro i post-comunisti. Mantiene un approccio molto conservatore, anticomunista, vedendo nei socialisti solo dei comunisti riverniciati, chiedendo misure favorevoli alle imprese in ottica liberista e nazionalista allo stesso tempo.

Vediamo i risultati, con le precentuali e i seggi e i confronti con le elezioni 2009:

GERB 30,50% (-9,21%) 98 (-19)

BSP 26,61% (+8,91%) 86 (+4)

DPS 11,29% (-3,17%) 33 (-4)

Ataka 7,30% (-2,06%) 23 (+2)

Fronte Nazionale per la Salvezza della Bulgaria 3,71% (+3,71%) 0 (nc)

Bulgaria per i Cittadini  3,25% (+3,25%) 0 (nc)

DSB 2,92% (-3,84%) 0 (-5)

IMRO 1,89% (+1,89%) 0 (nc)

Lider 1,73% (-1,53%) 0 (nc)

RZS 1,68% (-2,45%) 0 (-10)

NDSV 1,63% (-1,38%) 0 (nc)

SDS 1,38% (vedi DSB) 0 (-9)

Voce del Popolo 1,34% (+1,34%) 0 (nc)

Altri (sotto il 1%) 4,77% (+3,17%) 0 (nc)

Quasi il 25% degli elettori ha votato partiti finiti sotto la soglia di sbarramento (nemmeno troppo alta) del 4%, a causa della grande frammentazione di voti, andati dispersi soprattutto in formazioni nazionaliste o di destra e personalistiche.

In questo modo, nonostante l’emorragia di voti a favore di queste piccole forze più che ai socialisti, il GERB non ha perso moltissimi seggi, e rappresenta il primo caso di partito di maggioranza uscente che si conferma come primo partito.

Vediamo le mappa del consenso per il 2013:

Fonte: http://uselectionatlas.org

Seguita da quella del 2009:

http://uselectionatlas.org

In particolare è interessante la mappa del voto a GERB nel 2013: