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Liberalizzazioni: come è andata a finire?

Liberalizzazioni: come è andata a finire?

La Camera, dopo aver votato gli ordini del giorno, ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione del decreto liberalizzazioni (dl 24 gennaio 2012, n. 1) recante “disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” (C. 5025). La votazione su cui era stata posta la fiducia è passata con 449 sì, 79 no e 29 astenuti. Si è trattato di una piccola erosione nel consenso al Governo dei professori, arrivata soprattutto dal Pdl con 6 no, 23 astenuti e 19 assenti (tra i quali Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti), mentre da parte del Pd non si registrano voti contrari, ma solo 5 assenze. È il consenso più basso ottenuto dall’esecutivo Monti, dopo i 420 voti a favore ottenuti sul decreto-legge “svuota carceri” e ben lontano dai 556 dell’insediamento, il 18 novembre scorso. Sul voto definitivo della Camera si registrano 365 sì, 61 no e 6 astenuti (molti gli assenti, tra cui Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani); entro il fine settimana il decreto passerà alla firma dal Capo dello Stato e le misure varate dal Governo entreranno in vigore. Il Premier, presente alla votazione, si dice “molto soddisfatto. È stato raggiunto un importante traguardo”; il Governo “era preparato all’opposizione dei tanti gruppi di interesse, titolari di rendite di posizione non più giustificabili né salvaguardabili”.

Intanto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Pietro Giarda, ha puntualizzato in Aula che il decreto legge sulle liberalizzazioni ha copertura finanziaria. Il riferimento era rivolto ai rilievi della Ragioneria generale dello Stato su cui ci sono state proteste di vari gruppi, prima dell’apposizione della fiducia, che riguardavano l’ampliamento di 40 unità della pianta organica dell’Autorità dell’energia e del gas, la permuta degli immobili in uso governativo, la realizzazione di infrastrutture aeroportuali con le procedure della legge Obiettivo, l’approvazione dei diritti aeroportuali da parte dell’autorità di settore e non con decreto ministeriale, la composizione bonaria delle controversie tra creditori e pubblica amministrazioni tramite gli istituti della composizione, della cessione dei crediti e della transazione; per il ministro Giarda il decreto è coperto perché la norma sulla composizione delle liti sarà di fatto “neutralizzata” da un decreto attuativo, e anche perché l’ampliamento di organico dell’Autorità su energia elettrica e gas è coperto da “almeno 6,3 milioni di euro” derivanti dall’uno per mille. Inoltre, «Rispetto ai rischi di onerosità connessi» a tre dei punti del decreto oggetto di rilievi da parte della Ragioneria, ha aggiunto Giarda, «il Governo assicura che il comportamento delle Pa e degli uffici che saranno coinvolti nell’attuazione della legge utilizzando gli strumenti in essa contenuti, sarà improntato al massimo rigore, garantendo fin da ora la neutralità finanziaria delle disposizioni in questione”.

In particolare, riguardo la copertura della permuta degli immobili della pubblica amministrazione, della quale la Commissione Bilancio aveva chiesto la soppressione, seppure attraverso una condizione non vincolante, si tratta di una questione sollevata nei giorni scorsi in Aula dalla Lega e dall’Italia dei Valori e che, infine, ha portato il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ad accusare il governo di “insensibilità”. Da qui l’intervento successivo del Presidente del Repubblica per chiedere chiarimenti e l’incontro il prossimo 29 marzo con i rappresentanti della Lega: probabilmente il Governo parlerà di un problema tecnico relativo all’impossibilità di quantificare in anticipo la copertura necessaria per la permuta, posto che le pubbliche amministrazioni “possono”, ma non “devono” cedere gli immobili e quindi risultava difficile fare una stima del costo dell’operazione.

Il nodo delle commissioni bancarie

Fino all’ultimo è poi rimasto il nodo banche: l’ordine del giorno presentato dalla maggioranza (Pd, Pdl e Terzo Polo) proprio in coincidenza con il voto sulla fiducia, impegna il Governo a emanare “in tempi rapidi e comunque tali da minimizzare gli effetti dell’entrata in vigore delle liberalizzazioni, una norma di raccordo con il testo unico bancario”, per cancellare la norma che azzera le commissioni sui prestiti. L’ipotesi paventata è quella relativa a un decreto legge da approvare insieme alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento sulle liberalizzazioni, di modo che si eviti di applicare, anche per un solo giorno, l’articolo tanto contestato, introdotto al Senato. Ciò comporterebbe un ritorno della disciplina verso la “commissione omnicomprensiva” col tetto massimo dello 0,5% della somma accordata al cliente, disposizione che il Presidente del Consiglio si era detto pronto ad accettare solo se a chiederlo fosse stato il Parlamento, proprio come avvenuto nei fatti: si è trattato quindi di un vero e proprio ribaltone del decreto liberalizzazioni. Secondo le banche, per cui l’azzeramento delle commissioni avrebbe avuto un impatto sul sistema di circa 10 miliardi di euro, nemmeno l’ordine del giorno presentato, formulato in maniera troppo generica, rassicura sufficientemente quanto ai possibili conseguenti contenziosi legali. Ad ogni modo,il Governo ha annunciato in Aula di accogliere interamente l’ordine del giorno unitario sulle commissioni bancarie, aggiungendo un’osservazione a proposito della parte dove si invita il Governo ad adoperarsi presso l’Ue perché siano rivisti gli accordi “Basilea3” in favore delle piccole e medie imprese e siano rivisti i parametri per la patrimonializzazione delle banche: “Noi accogliamo questa raccomandazione, ma segnaliamo che sono coinvolte in questo procedimento le competenze di organi indipendenti nazionali e sovranazionali”.

Il “Beauty contest”

Nell’ordine del girono sulle commissioni bancarie, i presentatori dell’ordine hanno inserito anche altre richieste che, seppur non dotate del carattere di urgenza proprio di quella sulle commissioni bancarie, ci sembrano degne di nota: massima trasparenza nel settore delle polizze rc auto, agevolazioni dell’accesso al credito per famiglie e imprese, finanziamento delle infrastrutture con il project bond. È stato poi accolto un ordine del giorno presentato dalla deputata della Lega Nord Manuela Dal Lago, presidente della Commissione Attività Produttive, che impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative per avviare in tempi rapidi l’esame della proposta di legge, a prima firma Dal Lago, per il ripristino del tetto dell’1,5% sulle commissioni per i pagamenti con carte di credito e bancomat. Ancora il Governo dice sì ad un altro ordine del giorno del Carroccio, volto ad annullare il cosiddetto “beauty contest” sulle frequenze tv assegnate gratuitamente a Rai e Mediaset: l’esecutivo si è quindi impegnato “ad annullare il bando di gara per l’assegnazione di diritto d’uso di frequenze in banda televisiva ed il conseguente disciplinare di gara che finirebbero per implementare a titolo gratuito la già rilevante detenzione di frequenze dei soggetti già operanti e, conseguentemente, ad annullare il beauty contest, procedendo a un’asta a titolo oneroso”. Infine, accolto l’ordine del giorno targato Pd per un tavolo sul settore auto e un altro della Lega sull’abolizione dell’Imu per le abitazioni e i fabbricati rurali.

Le reazioni delle categorie

Rimangono certamente le critiche di alcune categorie, anzitutto i farmacisti. Il ministero della Salute ha infatti diramato, in vista dell’entrata in vigore della legge di conversione, un parere interpretativo su alcuni aspetti dell’articolo 11 del decreto. Nel parere si stabilisce che tutti i titolari di farmacia che al momento dell’entrata in vigore della legge avranno compiuto 65 anni di età dovranno nominare un farmacista direttore. Sempre secondo il ministero, in caso di non ottemperanza, la farmacia dovrà essere chiusa. Secondo l’associazione dei farmacisti, tale interpretazione ignora le osservazioni delle Commissioni parlamentari di Camera e Senato, tendenti ad “evitare che si creino ostacoli al corretto svolgimento del servizio farmaceutico, controversie e contenziosi” e non tiene conto della lettura data dai Servizi studi di Camera e Senato sulla quale si è basato il voto dei parlamentari”. Disposizione che appare del tutto controcorrente rispetto alla tendenza generale all’aumento dell’età pensionabile, se non tempestivamente rivista, aggiunge Federfarma, “l’interpretazione del Ministero colpirà nel giro di pochissimi giorni più di un milione di cittadini, a cominciare da tutti coloro che risiedono nelle migliaia dei piccoli Comuni i cui titolari di farmacia, se ultra 65enni, non potranno certamente permettersi di assumere e retribuire un farmacista direttore”. Così Federfarma ha proclamato una giornata di chiusura delle farmacie per il prossimo 29 marzo e ha convocato l’Assemblea nazionale per adottare ulteriori iniziative. Lo sciopero è stato però “bocciato” dal garante nei servizi pubblici essenziali, Roberto Alesse, secondo cui “la chiusura delle farmacie non è attuabile perché viola l’obbligo di preavviso”, fissato dalla legge in dieci giorni. Ha risposto duramente la Presidente di Federfarma, Annarosa Racca, che dice: “siamo costretti a non rispettare il preavviso perché il rischio, superata l’obbligatoria pausa pasquale, è di trovare le farmacie già chiuse a causa di una circolare errata”.

Sono poi duemila i professionisti appartenenti al mondo dell’Avvocatura che il 23 e il 24 marzo si incontrano presso MiCo Milano Congressi, in occasione del Congresso Nazionale Forense Straordinario organizzato da Consiglio Nazionale Forense, Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana, Cassa Forense e Ordine degli Avvocati di Milano. Il titolo scelto è “I Diritti non sono merce” e sintetizza bene sia i motivi che hanno portato a convocare la sessione straordinaria del Congresso – che tradizionalmente avviene su base biennale –, sia la posizione dell’Avvocatura rispetto ai recenti provvedimenti legislativi che hanno interessato le professioni e la Giustizia italiana. Paolo Giuggioli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, spiega che dal Congresso “dovrà sollevarsi ancora più alta la denuncia dell’Avvocatura contro la liberalizzazione del settore professionale e gli interventi in materia di Giustizia che nulla portano a vantaggio dei cittadini”. Per Guido Alpa, Presidente del Consiglio nazionale forense, che dichiara: «I diritti non sono merce. La concezione liberista che si sta imponendo inneggia al mercato ma non tiene conto dei diritti dei cittadini. […] Siamo preoccupati che le scelte del Governo sulla professione forense, dalle Manovre al decreto Cresci-Italia, come le società per azioni con socio esterno, un tirocinio ridotto, la completa abolizione dei riferimenti tariffari, finiranno per limitare l’autonomia e indipendenza dell’avvocato”.

 

2 commenti

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  • Gent. Francesca Petrini
    vedo che Lei ha un’ottima preparazione per rispondere a una semplice domanda di chirimento.
    Avevo immaginato le “liberalizzazioni” come liberalzzazioni!
    Cioè un laureato in Farmacia che dispone delle risorse necessarie Affitta un locale nel posto che riptiene più adeguato per il proprio business e apre una farmacia. Invece non è così ! Dopo questa legge rimane tutto invariato, solo qualche farmacia in più ma sempre con il solito metodo.
    La stessa cosa vale per i taxisti, benzinai, ecc..ecc..
    Grazie.
    Guido

  • Gent.mo Guido,
    premettendo che non difenderò alcun provvedimento governativo, ma piuttosto potrò cercare di comunicarlo, provo a riassumerLe le maggiori innovazioni introdotte sul tema “farmacie” dal DL Liberalizzazioni, astenendomi da giudizi di valore che in questa sede non mi competono.
    Ebbene, la principale novità sulla liberalizzazione delle farmacie è quella relativa all’eliminazione della vecchia pianta organica, con apertura possibile di nuove farmacie secondo un quorum di 3.300 abitanti (contro i 3.000 abitanti del testo originariamente approvato dal Consiglio dei Ministri).
    Per quanto concerne le sedi, queste saranno assegnate attraverso un concorso da bandire entro un anno: un concorso riservato ai farmacisti non titolari e ai titolari di farmacia rurale sussidiata.
    Spariranno inoltre le farmacie di turno, con liberalizzazione degli orari di apertura e delle turnazioni, mentre i parafarmacisti potranno vendere fin da subito i farmaci veterinari con ricetta e i prodotti galenici.
    L’effetto potenziale della manovra Monti dovrebbe comportare una modifica nella mappa della distribuzione del farmaco, integrando l’attuale rete distributiva con oltre 7 mila nuove aperture di farmacie e parafarmacie: secondo alcune stime ciò dovrebbe poter generare oltre 30 mila posti di lavoro e 120 milioni di euro di risparmi per i cittadini italiani.
    È importante poi ricordare che con l’introduzione della manovra Salva Italia, l’esecutivo propose di cercare una soluzione per incrementare la competitività nella vendita dei farmaci di fascia “C”. In altri termini, il governo auspica di trovare un’intesa con l’Aifa, l’associazione che rappresenta le imprese farmaceutiche, affinché quest’ultima emani una lista di prodotti appartenenti alla fascia di cui sopra, vendibili anche dalle parafarmacie e dai corner specializzati della grande distribuzione. Federfarma, però, ha lasciato intendere che al di là della flessibilità sulla vendita di alcuni farmaci di fascia C non si potrà andare (in questo senso, quindi, la liberalizzazione del settore è ben lungi dall’essere realtà).

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