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Sette cose che la vittoria di Macron ci dice sulla Francia

Sette cose che la vittoria di Macron ci dice sulla Francia

Con quasi 21 milioni di voti, pari al 66,1%, Emmanuel Macron è diventato il nuovo Presidente della Repubblica francese sconfiggendo Marine Le Pen, candidata del Front National, al ballottaggio. La vittoria di Macron è causa e effetto di una forte ricomposizione del sistema politico d’Oltralpe. Un big bang che ha colpito soprattutto il Partito Socialista francese, al governo per gli ultimi 5 anni e ora sull’orlo dell’estinzione dopo 112 anni di storia.

Macron perde a Calais, ma trionfa nel Marais parigino

Il successo di Macron è netto: il giovane candidato di “En Marche !”, movimento fondato da poco più di un anno, ha preso più voti della sua avversaria in tutti i dipartimenti francesi tranne due: il Pas-de-Calais e l’Aisne, entrambi situati nel Nord-Est. I migliori risultati si registrano a Parigi città (che costituisce un dipartimento singolo) dove Macron ottiene l’89,7% dei suffragi, con un picco nel terzo arrondissement (il quartiere del Marais) in cui arriva addirittura al 93,4%. I dati IPSOS sottolineano come il successo dell’ex-ministro sia largo tra i giovani (66% tra gli under 25), ma anche tra la popolazione più anziana (oltre il 70% tra gli over-60).

La mappa dei dipartimenti vinti da Macron (arancio) e Le Pen (grigio). Dove il colore è più scuro, il vantaggio è maggiore.

E importante è stata, al secondo turno, la sua capacità di riunire elettorati diversi: secondo i flussi elaborati da Harris Interactive, Emmanuel Macron è stato la prima scelta per gli elettori dei principali candidati sconfitti al I turno (Mélenchon, Hamon e Fillon). In quella che è una chiara affermazione, restano comunque delle ombre.

Cosa ci dice il vodo per le presidenziali

  1. I voti con cui Emmanuel Macron ha vinto sono ‘prestati’ dai grandi partiti sconfitti al primo turno
  2. Hanno votato per Macron gli under 25 che non si riconoscono nei partiti tradizionali e gli over 60 spaventati dalle politiche monetarie del Front National
  3. L’alta astensione e il record di schede bianche gettano un’ombra sull’esito delle politiche di giugno
  4. Le Pen raddoppia il risultato del padre, ma è comunque sotto la “soglia di vittoria” del 40%
  5. Il Front National (o comunque si chiamerà) sarà la prima forza di opposizione
  6. Le Pen vince tra i ‘perdenti della globalizzazione’
  7. La Francia che andrà a votare a giugno è divisa in 4: centristi-liberali, sovranisti-popolari, centrodestra repubblicano e sinistra radicale

In particolare, secondo un altro sondaggio IPSOS, il 43% degli elettori di Macron dichiara di aver votato solo per fermare Le Pen. Poco meno della metà degli oltre 20 milioni di voti per il giovane ex-ministro sono quindi, in realtà, “prestati”. Voti non per convinzione, ma per fermare l’onda lepenista.

Altri dati lasciano intuire una vittoria più fragile di quanto si possa immaginare vedendo i 30 punti di scarto. In primo luogo, l’affluenza. Ferma al 74,6%. Per la prima volta dal 1969, al II turno ha votato meno gente che al I turno. Essendo il ballottaggio l’elezione più importante, è tradizione in Francia che più elettori si rechino alle urne quando lo scontro è tra i soli due finalisti. Persino nel 2002, quando Chirac affrontò Le Pen, l’affluenza aumentò. Non solo: il numero di schede bianche/nulle è storico, pari all’11,5% dei votanti. Oltre 4 milioni di francesi si sono recati alle urne per esprimere il loro malcontento verso entrambe le opzioni proposte.

Perché la sconfitta di Marine Le Pen è totale

Dall’altro lato, Marine Le Pen ha perso nettamente e non è riuscita a raggiungere quello score del 40% indicato da più osservatori come quota vittoria. I limiti della campagna elettorale svolta al secondo turno sono evidenti. Un dato su tutti: secondo IPSOS, solo il 45% degli elettori di Marine Le Pen al primo turno si è detto contento della performance della propria candidata al dibattito televisivo del 3 maggio. Nonostante questo, oltre 10 milioni di francesi hanno votato per lei, quasi il doppio di quanti votarono per il padre nel 2002.

Il peso del Fronte Repubblicano

Certo, il “Fronte Repubblicano”, l’alleanza di tutte le forze politiche antifasciste contro il Front National, ha retto. Tuttavia gli scricchiolii e le crepe sono evidenti. Inoltre, il big bang Macron e la ricomposizione dello spazio politico che ne seguirà aprono al Front National la possibilità di diventare l’opposizione “di destra” al nuovo governo. Già ora, guardando la sociologia del voto a Marine Le Pen, l’opzione lepenista è la prima forza di opposizione per una fascia importante dei ceti popolari francesi.

Sempre secondo IPSOS, Marine Le Pen ha ricevuto il 56% dei voti tra gli operai ed ha perso di misura tra gli impiegati e tra i disoccupati, tra cui ha ottenuto rispettivamente il 46% ed il 47% dei consensi. Uno spaccato simile emerge se osserviamo la distribuzione territoriale del voto: Marine Le Pen ottiene i migliori successi nei dipartimenti con maggiore disoccupazione e tasso di povertà più elevato.

In particolare, il voto per la candidata del Front National aumenta in quelle zone di Francia in cui più alta è la percentuale di popolazione senza diploma.

Il titolo di studio spacca la società occidentale

Questo dato è comune a quanto visto per il referendum inglese sul Brexit e le presidenziali americane ed è conferma di di una divisione profonda nelle società occidentali in base al titolo studio. Da un lato i valori cosmopoliti ed aperti dei ceti istruiti. Dall’altro l’identitarismo (sia esso nazionale o locale) dei cosiddetti ‘perdenti della globalizzazione’. Dove si è ‘perdenti’ perché ci si auto-identifica come tali. Ed ecco quindi che tra gli elettori che esprimono pessimismo sul futuro, Marine Le Pen ottiene il 41% ed arriva al 69% tra i francesi che dichiarano di arrivare ‘molto difficilmente’ a fine mese.

Verso le  legislative con un Paese diviso in quattro

Al di là del ballottaggio, restano le altre forze politiche. Tanto i socialisti quanto il centrodestra subiscono una doppia pressione: da un lato, le sirene di Macron attraggono gli esponenti centristi di entrambi gli schieramenti (si pensi a Valls, dato già in odore di candidatura sotto le insegne del neo-presidente). Dall’altro, tra elettori e militanti è forte il richiamo delle forze più radicali. Tra i 3 milioni di nuovi voti per Marine Le Pen al ballottaggio, la maggioranza viene da elettori di Fillon, mentre l’elettorato socialista era già stato prosciugato da Mélenchon al I turno.

Ci si avvia pertanto alle legislative come già fu al primo turno del 23 Aprile scorso. Con una Francia divisa in quattro: centristi e liberali di ambo gli schieramenti per Macron, il voto sovranista e popolare di Le Pen, il centrodestra repubblicano (al momento senza leader) e la sinistra radicale incarnata da Mélenchon. La lunga marcia di Macron ha quindi un nuovo appuntamento: ottenere la maggioranza dei seggi all’Assemblea Nazionale il prossimo 18 Giugno.

 

(articolo pubblicato originariamente su Agi)

Matteo Cavallaro

Collezionista di titoli di studio, emigrato oltralpe, gran tifoso della Juventus. Mi occupo di tutto ciò che collega elezioni ed economia, cercando di capire come e se queste si possano influenzare a vicenda.

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