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Come (e quanto) legifera l’Unione Europea

Come (e quanto) legifera l’Unione Europea

Nel precedente articolo abbiamo messo a fuoco la natura politica dell’Unione Europea, paragonandola ad un regime presidenziale bicamerale, in cui il ruolo del “Presidente” è svolto dall’insieme dei capi di stato e di governo che si riuniscono nel Consiglio Europeo, quello della Camera bassa dall’Europarlamento e quello della Camera alta dai Consigli dei ministri degli stati membri. La Commissione svolge invece il ruolo di esecutivo tecnico/politico, nominato dal “Presidente” e vincolato alla fiducia dell’Europarlamento.

Qui invece analizziamo numeri e tendenze del processo legislativo europeo rispondendo alle seguenti domande: chi approva le leggi? Con quale procedura vengono approvate? E qual è la durata dell’iter, anche rispetto a quelli nazionali? Fino a che punto le leggi europee influenzano la legislazione nazionale? Il principio di fondo di questa analisi è lo stesso di quella precedente. Come Perseo utilizzava lo scudo per vedere Medusa, qui proviamo ad utilizzare i dati nazionali come specchio per “illuminare di senso” l’Unione Europea.

Iniziamo con un riepilogo degli atti legislativi europei. Ne esistono di tre tipi: i regolamenti, di portata generale e direttamente applicabili; le direttive, di natura prescrittiva, lasciano ai paesi membri la scelta sui mezzi e la forma per raggiungere gli obiettivi fissati; le decisioni, obbligatorie per i singoli destinatari designati.

Da chi vengono approvate le leggi e quali sono i tempi d’approvazione?

L’iniziativa legislativa appartiene alla Commissione Europea, l’apparato governativo dell’UE. Alle due “camere”, Parlamento Europeo e Consiglio, spetta il ruolo di emendare le proposte della Commissione e, infine, di approvarle.

In questo senso, possiamo affermare che tutti gli atti legislativi europei sono d’iniziativa “governativa”. Questo significa che il Parlamento e il Consiglio, i luoghi di rappresentanza rispettivamente dei cittadini e degli stati membri, sono relegati a un ruolo di legislatori passivi? La risposta è sì, ma allora lo stesso varrebbe per i vari Parlamenti nazionali.

A dispetto dei luoghi comuni, infatti, anche nei casi nazionali, la gran parte delle leggi adottate sono d’iniziativa governativa.

Iniziativa legislativa paesi UE. Fonte: Camera dei deputati

Qui il dato dell’Italia, riferito alla legislatura in corso.

Iniziativa legislativa Italia. Fonte: Camera dei deputati

Distinguere fra leggi d’iniziativa governativa e leggi d’iniziativa parlamentare ci è utile per confrontare la durata del processo legislativo. A livello europeo, la procedura legislativa ordinaria ha una durata media di 17 mesi, quando termina in prima lettura.

In Italia, le leggi d’iniziativa governativa vengono approvate in circa un terzo del tempo. Se, invece, il confronto vien fatto con le leggi d’iniziativa parlamentare, i tempi si equivalgono.

Durata processo legislativo italiano. Fonte: Openpolis

Come vengono approvate?

Esistono tre procedure legislative: procedura legislativa ordinaria (detta anche codecisione), procedura di consultazione e procedura di approvazione. Mentre nella prima il Consiglio ed il Parlamento svolgono congiuntamente il ruolo di legislatore, nelle seconde – dette anche procedure legislative speciali – il Consiglio agisce quasi da solo. Il Parlamento, ridotto a camera bassa, svolge un ruolo consultivo e gode, in alcuni casi, del diritto di veto.

Con il Trattato di Lisbona del 2009, la procedura di codecisione ha ampliato il suo raggio d’azione. Fra i vari temi che vi rientrano, troviamo: governance economica, immigrazione, energia, trasporti, ambiente e protezione dei consumatori. Di seguito, nella slide interattiva, è possibile spulciare in dettaglio le caratteristiche procedurali. Per i più esigenti vengono specificate anche le maggioranze richieste per ogni istituzione, nelle varie letture. Anticipiamo che, di norma, il Parlamento decide a maggioranza semplice dei voti espressi, mentre il Consiglio a maggioranza qualificata o all’unanimità. L’infografica interattiva, tratta dal sito del Parlamento Europeo, ci dà un’idea del complesso iter di approvazione.

Circa l’80% dei provvedimenti vengono adottati in prima lettura. Questo esito è dovuto alla mancanza di limiti temporali per l’approvazione, presenti invece in seconda e terza lettura. A oliare il sistema contribuiscono inoltre i tanto criticati triloghi, i tavoli di negoziazione (a porte chiuse), fra i rappresentanti delle tre istituzioni coinvolte.

Approvazione degli atti europei per numero di letture, ultime 3 legislature. Fonte: Camera dei deputati

In merito agli atti legislativi adottati, il regolamento è la principale fonte legislativa. Su 112 atti adottati dal Parlamento e dal Consiglio nella legislatura in corso, ben 78 sono regolamenti. Dal punto di vista settoriale, gli ambiti più normati sono: politica commerciale (27), libertà, sicurezza e giustizia (11), politica industriale e mercato interno (9) e servizi (8). Fra i meno normati, libertà di circolazione dei lavoratori e politiche sociali.

La crescente importanza della codecisione è, però, inversamente proporzionale al suo utilizzo. Rispetto alle legislature precedenti, il bilancio dei primi due anni di quella attuale mostra una diminuzione di oltre il 50%. In calo anche il ricorso alle procedure legislative speciali. In questo caso, però, gli atti del Consiglio si sono ridotti solo del 10%. Ecco tutti i dati:

Atti legislativi europei. Fonte: Camera dei deputati

In ogni caso, l’UE adotta tante o poche leggi? La risposta è: tante. Gli atti legislativi adottati, sia attraverso la procedura ordinaria che quelle speciali, nei primi due anni dell’attuale legislatura europea (2014-2016) sono più di mille.

Anche qui, è indicativo un confronto con quanto avviene a livello nazionale. Nel biennio 2014-2015 in Francia non si sono superate le 200 leggi. In Spagna sono state poco più di 100. Nel Regno Unito meno di 70.

Quantità leggi approvate paesi UE. Fonte: Camera dei deputati

 

Qual è l’impatto effettivo della legislazione europea su quella nazionale?

Jacques Delors sosteneva che entro il 2000 l’Unione Europea sarebbe stata responsabile dell’80% della produzione legislativa nazionale degli stati membri. Non è andata proprio così.

Prendiamo il caso dell’Italia (tutti i dati qui, al capitolo V). Questa percentuale si riferisce soltanto alle leggi delega e ai decreti legislativi, non all’intera produzione legislativa nazionale. Per esempio, nel caso dell’attuale legislatura, le 24 leggi delega approvate hanno conferito 440 disposizioni di delega al governo, di cui 304 relative alle normative europee (il 69%). Stessa cosa per i decreti legislativi: su 164 pubblicati, 114 sono di derivazione europea (il 69,5%).

Se ci riferiamo invece alle leggi ordinarie, questo dato si ridimensiona. Su 248 leggi, solo 8 (il 3,2%) sono leggi attuative di norme europee.

Leggi ordinarie approvate per categoria. Fonte: Camera dei deputati

Proviamo allora a calcolare rozzamente la percentuale di leggi di “ispirazione” europea sul totale della produzione normativa. Nella XVII legislatura (quella attuale), in Italia sono stati adottati 517 atti normativi primari, comprensivi di: 248 leggi ordinarie, 164 decreti legislativi, 81 decreti-legge e 24 leggi delega. Hanno un esplicito riferimento a leggi europee solo: 16 leggi delega (approssimazione), 114 decreti legislativi e 8 leggi ordinarie. Sui decreti legge non ci sono dati. In base a questi numeri, non più del 27% della produzione normativa primaria italiana è “responsabilità” dell’Unione Europea.

Ora, come abbiamo costruito questo castello di numeri, proviamo a smontarlo. Come sostiene Annette Elisabeth Toeller, questi dati ci dicono poco o nulla riguardo l’effettivo impatto dell’Unione Europea sulle leggi nazionali. Si riferiscono, infatti, soltanto all’attività di trasposizione formale di regolamenti e direttive. Non tengono conto dell’influenza informale dell’attività politica europea, che ha ricadute sulla politica interna; né del fatto che alcuni settori sono più integrati a livello comunitario di altri, e quindi più dipendenti dalla regolazione comunitaria (la politica di concorrenza, ad esempio, è molto più “integrata” di quella legata alla sicurezza). Bisogna considerare altresì che le direttive europee possono essere recepite anche in via amministrativa, senza ricorrere al legislatore. Dal 2008 al 2015, ben il 60,5% delle direttive europee è stato recepito in questo modo, come mostra la seguente tabella:

Per concludere, se pensiamo che tutto l’impianto della Legge di stabilità annuale (e con esso quello della politica economica nazionale) si fonda sul Patto di Stabilità e Crescita e sul Fiscal Compact, l’influenza “indiretta” delle regole europee è decisamente maggiore e, probabilmente, impossibile da calcolare.

 

Somiglianze e differenze

Per tornare al nostro “scudo di Perseo”, il processo legislativo europeo presenta somiglianze e differenze con i diversi casi nazionali.

Le somiglianze riguardano i tempi di approvazione e gli aspetti procedurali. La predominanza del Consiglio nei confronti del Parlamento riflette il ruolo predominante della “camera alta” sulla “camera bassa” tipica di alcuni paesi come la Francia e il Regno Unito. Inoltre, l’evoluzione del rapporto fra governi nazionali (che diventano sempre più legislatori) e parlamenti (che lo sono sempre meno) si ritrova nella relazione univoca fra la Commissione (unico titolare dell’iniziativa legislativa) e le due “camere” – Consiglio e Parlamento Europeo.

Le differenze riguardano soprattutto l’enorme quantità di atti adottati a livello europeo, nonostante essi siano diminuiti nel tempo. Questa riduzione, tuttora in corso, è frutto di una strategia ben precisa della Commissione Europea: better regulation. Legiferare meno, ma legiferare meglio. Questo il leit motiv per far fronte all’eccesso di produzione normativa.

Per quanto riguarda infine l’impatto della legislazione europea sull’attività normativa nazionale: se i numeri, come abbiamo visto, ci aiutano poco, la politica (leggasi, le “letterine da Bruxelles”) ci offre un’idea: le politiche nazionali sono pervase di Europa.

 

Guido Boccardo

Torinese. Laureato presso il Collegio d'Europa di Bruges. All'Università ha girato fra Italia, Svezia, Francia e Belgio. Innamorato del Toro, non sempre corrisposto. Si consola con i baci di dama.
Scrivo perlopiù sull'Unione Europea, direttamente da Bruxelles dove lavoro come policy adviser.

9 commenti

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  • Tutti a sbraitare contro la UE, ma quando qualcuno fa una interessante spiegazione di come funziona, il deserto. Beh, vuol dire che Grazie della Spiegazione al Dott. Boccardo lo dico io.

  • Ottime informazioni, complimenti per il lavoro.
    Il fatto problematico a mio avviso è che uno dei problemi principali dell’Italia (l’abuso dell’iniziativa governativa nella produzione legislativa) sia assunta a paradigma nell’Unione Europea. Nelle democrazie presidenziali magari è diversa la questione, ma in Italia è senz’altro un tema serio. Tanto più se si pensa che la riforma costituzionale è partita proprio dal governo, sconfinando palesemente -a mio avviso- quello che dovrebbe essere il suo mandato.
    Una domanda ad un addetto ai lavori: ci sono state proposte di qualche tipo per cambiare questo tipo di procedimenti? E soprattutto, visto che dal parlamento europeo non può partire praticamente nessuna iniziativa, da che livello dovrebbero partire le proposte di modifica dei meccanismi di funzionamento?
    Grazie ancora per le informazioni. Saluti!

    • Buongiorno Leonardo, grazie per il tuo commento!
      La funzione legislativa è distribuita fra più soggetti e diventa ormai difficile stabilire a chi attribuirla. Il concetto di separazione dei poteri, quindi, viene meno.
      A livello nazionale si ricorre (e spesso si abusa) all’iniziativa governativa per superare la macchinosità e lentezza dell’iniziativa parlamentare. In questo senso è giusto dire che il parlamento esercita sempre meno la sua funzione originaria, cioè legiferare.
      A livello europeo, la situazione corrente è il frutto di un lungo processo che ha visto il Parlamento Europeo accrescere esponenzialmente le sue prerogative. Dal Trattato di Maastricht nel 1994, il Parlamento è diventato un co-legislatore a tutti gli effetti. Con il Trattato di Lisbona nel 2009 si sono ampliati gli ambiti in cui il Parlamento ha lo stesso potere del Consiglio.
      Dal canto suo, l’unica arma d’iniziativa del Parlamento Europeo è la “relazione di iniziativa propria” (own legislative proposal). Il Parlamento prepara una relazione da sottomettere alla Commissione Europea per sollecitarla a legiferare in un determinato ambito, ovviamente non vincolante. Il massimo che si può ottenere è di portare un tema nell’agenda politica europea.
      L’efficacia di questo strumento dipende dalla ricettività della Commissione. Juncker si è impegnato a dare più voce al parlamento. Ma si tratta di un cambiamento di natura politica e informale.

      http://www.europarl.europa.eu/the-secretary-general/resource/static/files/Documents%20section/SPforEP/Legislative_Own-Initiative_reports.pdf

      Per un cambiamento procedurale vero, bisogna ricorrere alla modifica dei Trattati. In questo caso, la palla la gioca il Consiglio Europeo, cioè i capi di stato e di governo. Al momento non sono previste modifiche. La Commissione ha però pubblicato un libro bianco (proposta politica) per il futuro dell’Europa, che prevede un cambiamento dell’assetto istituzionale in vari settori. Se vuoi spulciarlo, ti lascio il link

      https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/libro_bianco_sul_futuro_dell_europa_it.pdf

      Spero di aver risposto. Non esitare a contattarmi se avessi altro da chiedere.

      • Salve Guido, grazie ancora per la risposta piena di spunti e fonti su cui pensare.
        Riguardo al libro bianco, sinceramente, mi sembra una visione piuttosto edulcorata delle prospettive future. I vari scenari proposti con le relative conseguenze mi pare siano quasi un esercizio di stile per dire più o meno la stessa cosa.
        Il riferimento al destino delle “auto connesse” nei vari scenari proposti mi ha poi fatto davvero “sorridere”.

        Sarebbe stato ben più interessante (ma mi rendo conto, decisamente improponibile in quella sede) fare scenari ben più scabrosi, tipo: e se un paese abbandona l’euro e/o l’Unione Europea?

        Una cosa utile sarebbe osservare come funzionano i vari “ministeri” della Commissione, per cercare di capire dove risieda il “potere politico” all’interno degli uffici tecnici. C’è continuità tra una commissione e l’altra o anche nel caso europeo, c’è una sorta di spoil system dopo ogni elezione? Chi scrive materialmente le numerose leggi? Sulla base di quali incontri, dibattiti e consultazioni? Penso a questo perché l’aspetto più sconosciuto degli organismi europei risiede soprattutto a monte della stesura delle leggi, non tanto a valle (ossia nell’iter di approvazione).
        Se si potesse seguire la vita di una legge europea, ne verrebbe fuori un bel documentario, che sono sicuro, farebbe capire molto meglio cosa sia l’Unione Europea, a quali istanze sia permeabile e a quali sia “a tenuta stagna”.

        Le informazioni che trovo nei tuoi articoli sicuramente sono molto utili per stimolare i dibattiti costruttivi, le riflessioni e per smascherare i ragionamenti non supportati dai fatti.
        Saluti e complimenti per il lavoro.

        • Ti ringrazio molto per la tua risposta. Mi hai dato un sacco di spunti e idee per i futuri articoli (che mi fa piacere tu apprezzi).
          In effetti, metter luce su tutta la parte pre-legislativa sarebbe molto interessante.

          Condivido che il libro bianco in sé dice poco. Se non altro ha aperto una riflessione che terminerà a fine anno, speriamo con qualche proposta concreta. Molto dipenderà dalle elezioni in Germania. Ieri la Francia ha già dato un segnale positivo in questo senso.

          Ti anticipo che lo spoils- system c’è stato con Juncker, almeno per le alte cariche amministrative. Bisognerebbe confrontare con le Commissioni precedenti per vedere se si tratta di una prassi già consolidata o meno.

          Saluti e a presto!

  • Grazie per la risposta (rispondo qui sennò ad ogni risposta ci si dimezza la larghezza della colonna).
    Attendo con curiosità i prossimi articoli e ti ringrazio della disponibilità a ricevere gli stimoli dei commenti.
    Un’altra domandina… che cos’è esattamente il policy adviser? Magari anche questo può aiutare a capire meglio il “sottobosco” delle istituzioni Europee.
    Un saluto!

    • Il policy adviser è una figura nell’organico di gruppi politici, ONG, lobby, associazioni o imprese che si occupa di dare supporto per l’analisi o la redazione di politiche. Per esempio, in Parlamento, un policy adviser segue un determinato dossier legislativo e supporta il deputato per un’analisi tecnica e per stilare eventuali emendamenti.
      Uso il nome inglese perché non so come tradurlo in italiano. Analista delle politiche? consigliere politico? Non saprei.

      • Rinnovo i ringraziamenti per la risposta. Ti reputo quindi una fonte molto attendibile e con un punto di vista da “insider” per descrivere i funzionamenti di molte delle cose che fanno parte delle “pratiche” piuttosto che delle norme istituzionalizzate (anche se immagino che pure in questo settore la burocrazia sia estremamente dettagliata… o sbaglio?).

        Anche se forse non sono in linea con la linea editoriale del sito, (cioè sono aspetti difficilmente “quantificabili”), spero che avrai occasione di approfondire queste questioni che credo incuriosiscano molto il pubblico.

        Attendo con curiosità i prossimi articoli. Buon lavoro!

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