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Riforma Fornero: l’iter legislativo

Riforma Fornero: l’iter legislativo

Il 23 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato, con la formula «salvo intese», il «documento di policy» relativo alla riforma del mercato del lavoro. A fronte delle forti contrarietà emerse in sede politica, sindacale e sociale, rispetto ad alcuni contenuti della riforma, si è già detto come il Governo abbia risposto attraverso la scelta della “forma” del disegno di legge, affidando così all’Aula legislativa e, quindi, al confronto politico, il compito di mediare in via definitiva sui diversi aspetti legati al nuovo modello di mercato del lavoro.

Varato dal Governo, l’AS 3249 “Riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” è stato trasmesso alle Camere per dare avvio all’iter legislativo il 5 aprile ed è stato quindi incardinato in Commissione Lavoro del Senato lo scorso martedì 10 aprile. In questi ultimi giorni è così iniziato l’esame del testo con la presentazione delle relazioni da parte dei senatori Maurizio Castro (PdL) e Tiziano Treu (PD), relatori al provvedimento.

Il relatore Castro, dopo aver richiamato l’attenzione sull’urgenza dei tempi di approvazione del provvedimento, ha chiesto al Governo di verificare al più presto se vi siano aree da sottoporre ad interventi emendativi. In particolare, considerando il nuovo compromesso raggiunto sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, si è dichiarato favorevole allo spostamento dell’asse sul versante dell’indennizzo, ritenendo peraltro necessaria un’approfondita discussione sull’istituto del reintegro, conservato in alcune specifiche fattispecie. Ha quindi apprezzato la regolamentazione dei licenziamenti c.d. economici, sottolineando però come il terreno di applicazione dell’articolo 18 sia rappresentato dal licenziamento c.d. soggettivo o disciplinare, in riferimento al quale manifesta perplessità circa l’applicazione che la magistratura potrebbe dare della disciplina del reintegro, in assenza di una definizione legislativa puntuale delle singole fattispecie.

Quanto alla c.d. flessibilità in entrata, Castro ha ricordato la necessità di renderla più favorevole per le imprese, in modo da “riequilibrare” le modificazioni introdotte nella disciplina dei licenziamenti individuali. In tal senso, il relatore PdL ritiene necessario conservare il c.d. “lavoro intermittente” (job on call), come forma di lavoro regolare, adatta ai regimi organizzativi del terziario, ripristinando la sua automatica utilizzabilità per gli under 25 e gli over 45, eliminando l’obbligo di notifica agli uffici locali del Ministero del lavoro e riaffermando la funzione sostitutiva del decreto ministeriale nei casi di mancata attivazione della contrattazione. Ancora, considera opportuno ricondurre il c.d. voucher (lavoro occasionale) alla disciplina originaria, in considerazione del suo ruolo di emersione e regolarizzazione, e propone di restituire all’apprendistato la configurazione recepita, con l’adesione unanime delle associazioni sindacali e datoriali, dal decreto legislativo 28 luglio 2011. Castro ha poi sottolineato la necessità di ricondurre la regolamentazione del contratto a termine agli standard europei, attraverso la riduzione del periodo di inibizione alla riaccensione di un contratto a termine e l’eliminazione del contributo supplementare dell’1,4 per cento a carico di questi contratti. Infine, secondo il relatore, nell’impianto della riforma, la disciplina delle partite IVA rischia di limitare modelli di autonomia professionale e imprenditoriale.

Il relatore Treu ha anzitutto chiarito la centralità del tema del pubblico impiego, cui si fa cenno nel ddl e che dovrà essere senz’altro oggetto di specifico intervento in conformità ai principi di cui all’articolo 2 del provvedimento stesso. Treu ha osservato che la flessibilità in entrata si snoda oggi attraverso molteplici fattispecie che occorre valorizzare, con particolare riguardo all’apprendistato e al tirocinio. Inoltre, il relatore PD ritiene opportuna un’analisi puntuale delle distorsioni attualmente esistenti nel mercato del lavoro, individuando i casi di effettivo abuso dello strumento della partita IVA o del contratto a progetto, nonché le più frequenti fattispecie di dissimulazione del rapporto di lavoro dipendente individuate in giurisprudenza. Oggetto di analisi dovranno essere anche le innovazioni all’istituto dell’associazione in partecipazione e al contratto a termine. Apprezzato il compromesso raggiunto nel testo sul dibattuto tema della riforma dell’articolo 18, Treu ha osservato come la permanenza della sanzione del reintegro assolve ad una funzione deterrente, mentre il meccanismo conciliativo introdotto pare utile a snellire le vertenze, sgravando il ruolo dei magistrati da numerose cause. Il relatore PD ha poi richiamato l’attenzione sulle parti del provvedimento finora meno dibattute, in particolare quelle che trattano i temi degli ammortizzatori sociali, delle politiche attive per il lavoro e degli strumenti utili a fornire un supporto alle categorie di lavoratori più svantaggiate. Cruciale il tema degli ammortizzatori su cui, sebbene rispetto agli strumenti utilizzati in passato vi sia un positivo intento di razionalizzazione e di prevenzione degli abusi che hanno connotato l’indennità di disoccupazione, sono necessarie alcune puntualizzazioni, come in merito all’applicabilità dell’articolo 28 (nuova Aspi) ai collaboratori coordinati e continuativi. Infine, chiarito che un maggiore impegno andrebbe rivolto ai lavoratori di età più elevata ed all’impiego femminile, Treu ha osservato una positiva apertura sul tema dei fondi di solidarietà, che dovrebbero essere, in senso tecnico, esonerativi rispetto alla Cassa integrazione.

Il Ministro Elsa Fornero, sottolineata l’importanza di una rapida approvazione del provvedimento, ha fatto presente che il ddl si propone anche obiettivi intermedi, tra i quali assume particolare rilievo il tema della precarietà occupazionale, che ha orientato la regolamentazione della flessibilità in entrata. Pur in presenza di una corrente di pensiero favorevole alla introduzione di un contratto di lavoro unico, il Governo ha voluto mantenere l’attuale sistema, nella consapevolezza degli effetti positivi che esso ha generato nel tempo. Un’attitudine pragmatica ha ispirato anche il tema della flessibilità in uscita, in particolare la revisione dell’articolo 18, mentre rispondendo alle critiche di chi ha ritenuto eccessiva la misura dell’indennizzo (fino a 24 mesi) che può essere disposto dal giudice, il Ministro ha segnalato la possibilità che vengano licenziati per motivi economici anche lavoratori ultracinquantenni che, avendo scarse possibilità di ricollocamento, devono poter contare su una congrua indennità. Fornero si è poi dichiarata particolarmente soddisfatta per il favorevole accoglimento riservato dai relatori al sistema degli ammortizzatori sociali: pur in presenza di un vincolo di bilancio molto rigoroso, il Governo è infatti riuscito a licenziare una riforma strutturale del lavoro capace di fornire un contributo a suo avviso significativo alla crescita al Paese.

Questa la sintesi degli sviluppi in tema di riforma del mercato del lavoro occorsi durante la settimana, cui si aggiungono le audizioni, in via informale, dei rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confindustria. Ed è proprio rispetto ai sindacati che si è da ultimo riaperto un fronte scottante: quello che riguarda gli esodati (i lavoratori in prossimità del pensionamento che si trovano senza reddito e senza pensione per gli effetti della riforma varata con il decreto Salva-Italia). Alla vigilia della manifestazione unitaria che ha portato Cgil, Cisl, Uil e Ugl in piazza a Roma venerdì, “Insieme – sottolineano – per ottenere soluzioni immediate per chi è rimasto senza lavoro, senza reddito, senza pensione”, il Ministro Fornero aveva comunicato ufficialmente i risultati dell’analisi compiuta dal tavolo tecnico permanente tra lo stesso Ministero del Lavoro, Ragioneria dello Stato e Inps, istituito per le problematiche relative ai c.d. esodati: sebbene i dati riferiti in Commissione Lavoro della Camera dal direttore generale dell’Inps, Mauro Nori, valutavano in circa 130.000 gli esodati nei prossimi quattro anni, “il tavolo – si legge in una nota del Ministero – ha consentito di accertare che il numero di persone complessivamente interessate è di circa 65mila e pertanto l’importo finanziario individuato dalla riforma delle pensioni, attuata col decreto Salva Italia, è adeguato a corrispondere a tutte le esigenze senza dover ricorrere a risorse aggiuntive”. L’importo – proseguiva la nota del ministero – era il frutto di stime prudenziali che hanno reso possibile includere anche quanti, successivamente introdotti da emendamenti parlamentari al decreto milleproroghe, non erano compresi nella platea originariamente prevista.

Il Governo anticipa quindi che si procederà nelle prossime settimane all’emanazione di un decreto ministeriale e che si sta altresì valutando, per specifiche situazioni e con criteri analoghi, l’ipotesi di un intervento normativo per trovare soluzioni che consentano a lavoratori interessati da accordi collettivi stipulati in sede governativa entro il 2011, comunque beneficiari di ammortizzatori sociali finalizzati all’accompagnamento verso la pensione, di accedervi secondo le previgenti regole. Così, i sindacati hanno accusato il Governo di fornire dati “sballati”, ma è chiaro che tutto ciò non aiuta a rasserenare un clima già di per sé difficile e duro, a maggior ragione in vista dei più consistenti sviluppi dei lavori in Commissione sul ddl di riforma del mercato del lavoro, calendarizzati a partire da oggi, lunedì 16 aprile.

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