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E alla fine si votò anche in Libia…

E alla fine si votò anche in Libia…

Mancava solo lei, la Libia: ultima nell’elenco di Paesi del Nordafrica in cui si sono svolte elezioni nell’ultimo anno, in seguito a rivoluzioni o riforme più o meno radicali o sanguinose riunite sotto la dicitura di “primavera araba”, dalle pacifiche manifestazioni marocchine alla guerra civile nella stessa Libia, finita con la tragica morte di Gheddafi.

E proprio la Libia era logico venisse per ultima, essendovi la situazione più caotica, con un passato di dittatura feroce senza nemmeno la parvenza delle elezioni farsa come in Egitto e Tunisia. Gheddafi non aveva permesso neanche il formarsi di una vita politica sotterranea, il Paese non era preparato a un confronto democratico e la guerra civile come sempre ha inasprito gli animi, con vendette feroci contro i sostenitori di Gheddafi – forse non abbastanza sottolineate e vigilate dalla comunità internazionale. Vi è una questione territoriale assente negli altri Paesi, ovvero quella della Cirenaica: regione da sempre con tendenze autonomiste, negletta dal regime, la prima ad essersi rivoltata contro Gheddafi, tanto da far dire a molti osservatori che si trattava più di una guerra tribale per la ridefinizione del potere tra le tribù, una guerra mossa contro le tribù della Sirte del clan Gheddafi, da parte di quelle cirenaiche.

La massiccia presenza di varie milizie tribali, poi, con soldati che si sono guardati bene dal consegnare le armi all’autorità centrale, aveva fatto dubitare sul possibile svolgimento pacifico dalle elezioni, ma a quanto pare le operazioni di voto sono trascorse abbastanza serenamente.

Il sistema elettorale è un misto maggioritario-proporzionale: in 69 collegi plurinominali si eleggono 120 persone, altri 80 deputati sono eletti in liste partitiche in 20 circoscrizioni, con un numero pari di uomini e donne candidati. Inizialmente gli eletti con sistema proporzionale dovevano essere 136 contro 64 nei collegi maggioritari, ma poi la legge fu modificata, pare per diminuire l’influenza dei Fratelli Musulmani, normalmente più forti nel voto di massa e d’opinione che nell’elezione diretta del “notabile” nel collegio.

Le forze principali che si presentavano agli elettori erano:

–  Alleanza delle forze nazionali: unione di partiti liberali e nazionalisti e diverse ONG; il leader è Mahmoud Jibril, primo ministro per sette mesi durante la Rivoluzione, a favore di privatizzazioni, zone speciali economiche dopo la ricostruzione, per i diritti delle donne ma tutto nel rispetto della Sharia. A favore di una decentralizzazione ma non del secolarismo, mira a incrementare i rapporti con l’estero e gli investimenti, puntando sull’immagine di Jibril, conoscitore degli ambienti internazionali, anche se è proprio questa figura a non convincere molti militanti anti-Gheddafi più puri, avendo servito sotto il regime tra il 2007 e il 2011 come responsabile del consiglio di pianificazione nazionale ed essendo un protetto del figlio dell’ex Rais, Saif.

Partito della Giustizia e della Ricostruzione: branca dei Fratelli musulmani in Libia, reclama la Sharia come unica fonte della legge, non come “una delle fonti” come per gli altri partiti liberali. Molti suoi capi erano stati incarcerati sotto Gheddafi e ora reclamano un pieno rispetto dei diritti umani e politici.

Unione per la Madrepatria: partito erede degli oppositori di Gheddafi già negli anni ‘70 e ‘80, più che su tematiche economiche e sociali vuole che sia approvata senza esitazioni una nuova Costituzione per cambiare la natura delle istituzioni, con decentralizzazione (ma non federalismo) e un sistema semi-presidenziale, non pienamente presidenziale per limitare tentazioni autoritarie. Più degli altri partiti è per una totale rottura con il passato e una giustizia radicale, con tutti i dirigenti pubblici e gli esponenti a ogni livello del regime di Gheddafi, senza la quale non ci può essere una riconciliazione nazionale.

–   Fronte Nazionale: partito liberale e progressista, si batte perchè sia fatta giustizia prima di una riconciliazione nazionale, i colpevoli del regime siano puniti, e siano aiutate le famiglie delle vittime e dei “martiri”. Contrario al federalismo, è l’erede di una delle forze di resistenza che più volte negli ultimi 30 anni attentò alla vita di Gheddafi stesso.

L’affluenza è stata soddisfacente, ponendosi secondo i dati preliminari sopra il 60% degli elettori registrati.

Non sono stati ancora diffusi i risultati definitivi, infatti, ma i primi dati segnalano una decisiva vittoria dell’Alleanza delle Forze nazionali un po’ ovunque e soprattutto nelle aree urbane, Tripoli e Bengasi, dove sopravanzano di molto il Partito della Giustizia e della Ricostruzione dei Fratelli Musulmani: tranne a Misurata, città martire della rivoluzione anti-Gheddafi dove vincono i rivoluzionari più radicali di Unione per la Madrepatria. Ecco i risultati di 3 circoscrizioni significative.

Misurata:

  1. Unione per la Madrepatria   24.476
  2. Partito della Giustizia e della Ricostruzione   20.137
  3. Fronte Nazionale   13.449
  4. Alleanza delle forze nazionali  7.857
  5. Nation for Development Party: 6.395
  6. National Liberal Party   5.840

Tripoli centro:

  1. Alleanza delle forze nazionali   46.225
  2. Partito della Giustizia e della Ricostruzione  4.774
  3. Fronte Nazionale   3.872
  4. Al Asala (Genuineness) and Development Party   3.804
  5. National Front Party   2.463
  6. Nation Party   1.819

Bengasi e dintorni:

  1. Alleanza delle forze nazionali  95.733
  2. Partito della Giustizia e della Ricostruzione  16.143
  3. Fronte Nazionale 10.195
  4. Arresalah Party   5.938
  5. Nation Party   3.322
  6. Unione per la Madrepatria   2.989
  7. National Democratic Alliance   2.170
  8. Libyan National Party   1.762
  9. Central Party for Democracy, Justice, and Development   1.706
  10. Development and Dawa Party   1.606

Il 60% dei deputati però sono candidati indipendenti dei seggi individuali, e per la formazione di una maggioranza sarà decisiva l’intricata rete di rapporti e scambi tra notabili, attualmente poco decifrabile.

Queste elezioni in sostanza, al contrario delle altre di Egitto, Marocco e Tunisia non assomigliano tanto a quelle del 1948 in Italia, quanto piuttosto a quelle del 1946. La guerra civile è ancora presente come primo criterio nella scelta del voto e l’elemento maggiormente discriminante, viene votato quindi chi ha la possibilità di ricostruire materialmente il Paese e allacciare rapporti internazionali, e chi più si è distinto nella lotta a Gheddafi. Le issues di politica interna, sul tipo di Stato e di società che si vuole impostare (laica, liberale, religiosa) che hanno dominato altrove, ancora non emergono pienamente, anche per una immaturità democratica e mancanza di dibattito e di correnti ideologiche anche solo sotterranee negli anni del regime, che a differenza di quelli burocratico-militari di Egitto o Tunisia, era più ideologico, totalitario, riempiva tutti gli spazi, sociali e culturali, con una idea “rivoluzionaria” che non lasciava possibilità di creazione di correnti al di fuori dei confini del regime stesso.

 

Gianni Balduzzi

Classe 1979, pavese, consulente e laureato in economia, cattolico-liberale, appassionato di politica ed elezioni, affascinato dalla geografia, dai viaggi per il mondo, da sempre alla ricerca di mappe elettorali e analisi statistiche, ha curato la grande mappa elettorale dell'italia di YouTrend, e scrive di elezioni, statistiche elettorali, economia.

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