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Grafici logaritmici Covid-19

Perché Rt è un falso problema

Non è solo Rt a decidere il colore di una regione, ma hanno un ruolo anche l’incidenza e l’analisi del rischio.

Nell’ultima settimana i Presidenti di Regione hanno chiesto al governo di rivedere il monitoraggio settimanale che decide in quale “colore” si è e quindi le restrizioni da applicare, sostenendo che l’indice Rt non sarebbe più affidabile. Ma si tratta di un falso problema.

 

Che cos’è Rt

Rt è l’indice di riproduzione effettiva e comunica qual è l’andamento dell’epidemia, in quanto rappresenta il numero di infezioni secondarie che produce una persona infetta. In sostanza ci dice quante persone vengono infettate a ogni ciclo di riproduzione del virus (per maggiori dettagli si veda il punto 10 delle nostre FAQ). 

Se Rt è superiore a 1 l’epidemia è in espansione, mentre se è minore di 1 è in regressione. Facendo un esempio molto semplice, se oggi abbiamo mille casi e Rt è 0,8 vuol dire che fra sei giorni ne avremo 800, mentre se è 1,3 ne avremo 1.300. A differenza di quello che si è letto negli ultimi giorni, pertanto, un aumento di Rt con incidenza in calo non è una situazione paradossale, perché finché è inferiore a 1 i casi continuano a calare (al massimo più lentamente). 

In Italia Rt è calcolato a partire dai casi sintomatici per data di inizio dei sintomi, in modo da evitare alterazioni a causa delle differenti politiche di testing. Affinché i dati siano sufficientemente consolidati e per evitare che il calcolo si riveli inaffidabile, è necessario che siano passati almeno 14 giorni, motivo per il quale Rt viene pubblicato sui dati di due settimane prima. Per questo il valore di Rt è accompagnato da un intervallo di credibilità. 

Fonte: Istituto Superiore di Sanità

 

Come si va in zona arancione o rossa

Se Rt è superiore a 1 scatta in automatico la zona arancione o rossa? No. Il monitoraggio settimanale condotto dall’ISS è più complesso e composto da tre diversi elementi: Rt, incidenza dei casi e analisi del rischio.

In generale la zona rossa scatta in automatico sopra i 250 casi settimanali ogni 100mila abitanti (150mila a livello nazionale), mentre sotto i 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti (30mila a livello nazionale) si può essere solo in zona gialla o bianca. Tra i 50 e i 250 casi ogni 100mila abitanti invece si può essere in zona gialla, arancione e rossa.

Come avevamo spiegato in precedenza, quindi, per andare in zona arancione serve (oltre all’incidenza superiore a 50 ma inferiore a 250) un rischio alto e Rt inferiore a 1 o almeno un rischio moderato e Rt maggiore di 1. Per andare in zona rossa serve invece un’incidenza superiore a 50 casi ogni 100mila abitanti, Rt maggiore di 1,25 e almeno rischio moderato o incidenza su sette giorni superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti. 

 

L’elemento più importante è il rischio, perché se è basso non si andrà mai né in zona arancione né in zona rossa finché si è sotto i 250 casi ogni 100.000 abitanti.

Come si determina il rischio? Rispondendo a sei domande da cui si ottiene una valutazione di impatto e una di probabilità che poi si combinano con una matrice (cioè una tabella). Per avere rischio complessivo moderato è necessario che almeno uno tra impatto e probabilità abbia dato come risposta “moderato”.

Come si può arrivare ad avere probabilità moderata?  Serve un aumento della trasmissione ed è necessario che almeno due tra i quattro indicatori relativi all’andamento epidemico siano in peggioramento. I quattro indicatori sono: 

  • Casi negli ultimi 14 giorni (indicatore 3.1);
  • Indice Rt (3.2);
  • Casi per data di diagnosi e di inizio dei sintomi (3.4);
  • Numero di nuovi focolai (3.5).

Come si può invece avere impatto moderato? Serve il sovraccarico dei sistemi sanitari, cioè soddisfare una tra le seguenti due condizioni:

  • Terapie intensive occupate almeno al 30% da pazienti positivi al coronavirus (3.8);
  • Aree mediche occupate almeno al 40% da pazienti positivi al coronavirus (3.9). Le aree mediche considerate sono la 24 (malattie infettive e tropicali), 26 (medicina generale) e 68 (pneumologia).

Fonte: decreto 30 aprile 2020.

 

Quindi, se uno dei due è almeno moderato avremo rischio moderato. Ma poi serve che Rt sia superiore a 1,25 per andare in rosso o superiore a 1 per andare in arancione. Se né impatto né probabilità sono a livello moderato si sarà sempre in zona gialla qualsiasi sia il livello di Rt (con incidenza inferiore a 250 casi ogni 100mila abitanti).

Inoltre, come abbiamo detto prima, non è neanche detto che se Rt è superiore a 1 o 1,25 si vada in arancione o rosso, perché se l’incidenza è inferiore a 50 casi ogni 100mila abitanti (30mila casi a livello nazionale) si può essere solo in zona gialla o bianca.

Va inoltre considerato che in realtà non si guarda al valore medio dell’indice Rt, cioè al numero che leggiamo sui giornali, ma all’estremo inferiore dell’intervallo. Dunque meno casi ci sono e maggiore è l’intervallo di credibilità perché c’è maggiore incertezza, cosa che aiuta le regioni a rimanere in zona gialla.

 

Conclusione

In conclusione, il dibattito su Rt è in gran parte un falso problema perché non è solo questo parametro a decidere il colore di una regione. Finché si è in una situazione di miglioramento epidemico è probabile che le regioni rimangano in zona gialla. Il monitoraggio è infatti composto da tre elementi e Rt è solo uno di questi: sotto i 50 casi ogni 100mila abitanti si è solo in zona gialla o bianca, mentre sopra dipende da cosa dice l’analisi del rischio. 

Lorenzo Ruffino

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