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Cosa succede se si va a elezioni anticipate?

Cosa succede se si va a elezioni anticipate?

Da quando le elezioni del 4 marzo hanno prodotto un Parlamento senza maggioranza (o meglio: senza consegnare a nessuna delle coalizioni pre-elettorali la maggioranza assoluta dei seggi) si è parlato diverse volte della possibilità di andare ad elezioni anticipate per sbloccare lo stallo. In seguito, dopo il patto stipulato tra la Lega di Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio e la conseguente nascita del Governo Conte, se ne è parlato nuovamente, ma in un’altra accezione.

La domanda che in molti hanno cominciato a farsi, quando la Lega è cresciuta enormemente rispetto al risultato delle elezioni, è stata: con questi numeri, in caso di elezioni anticipate, il centrodestra oggi avrebbe la maggioranza? Una domanda a cui abbiamo provato a rispondere anche noi, qualche mese fa (in quel caso, la risposta risultò essere affermativa).

In questi giorni si torna a riparlare di una simile ipotesi: secondo un articolo uscito ieri su La Stampa, questo è dovuto alle difficoltà incontrate dal Governo sulla manovra economica (e soprattutto le “incomprensioni” tra Lega e M5S sul tema scottante del condono fiscale) e ai sondaggi che hanno cominciato a mostrare per la prima volta una (sia pure lieve) tendenza al ribasso per i due partiti di maggioranza. E dal momento che mancano ancora molti mesi al prossimo, importante test elettorale delle Europee 2019, la tentazione di un ritorno anticipato alle urne può essere suggestiva per capitalizzare il consenso accumulato in questi mesi di “luna di miele” e affrontare le sfide del governo avendo spalle ulteriormente larghe. Soprattutto per chi, come la Lega di Matteo Salvini, è passato dal 17% delle elezioni al 30% di questi giorni.

E se si tornasse al voto e i risultati fossero quelli mostrati dai sondaggi in questi giorni? Abbiamo provato a rispondere con una simulazione utilizzando come dati base sono quelli della nostra Supermedia più recente che vedono la Lega in testa con il 30,6% seguita dal Movimento 5 Stelle al 28,1% e dal PD al 16,6%. I due partiti di governo, insieme, sfiorerebbero il 59% dei consensi: ma se invece le coalizioni fossero nuovamente quelle del 4 marzo, il centrodestra composto da Lega, Forza Italia, FDI e NCI sarebbe nettamente la prima coalizione con il 43,5% dei voti – al di sopra di quella soglia “implicita” oltre la quale è possibile ottenere la maggioranza assoluta dei seggi sia alla Camera che al Senato anche con un sistema non “majority assuring” come l’attuale Rosatellum.

Ma quale sarebbe l’offerta politica in queste nuove elezioni? Stante la storica indisponibilità del Movimento 5 Stelle di formare alleanze pre-elettorali, la varietà delle diverse coalizioni possibili dipenderebbe essenzialmente dalle scelte di Salvini. Abbiamo ipotizzato 4 scenari. Vediamoli, uno per uno.

Scenario 1: riedizione del 4 marzo

Partiamo dallo scenario più “intuitivo”, una vera e propria riedizione delle Politiche 2018 con gli stessi schieramenti in campo. La coalizione di centrodestra, stavolta guidata dalla Lega, conquisterebbe la maggioranza sia alla Camera (334 seggi) che al Senato (168). Rispetto al 4 marzo, perderebbero seggi sia il Movimento 5 Stelle (187 deputati, 93 senatori) sia soprattutto il Partito Democratico (90 seggi alla Camera, 45 al Senato). Liberi e Uguali, oggi sotto il 3%, non entrerebbe in Parlamento.

La nostra simulazione si è estesa, naturalmente, anche al calcolo dei risultati nei 386 collegi uninominali della Camera e nei 193 del Senato. Come base per calcolare la distribuzione territoriale dei voti sono stati usati i risultati delle Politiche 2018, integrate da stime più recenti (pubblicate ad esempio dagli istituti Ipsos e SWG) che riflettono la situazione attuale alla luce dei cambiamenti nelle intenzioni di voto: ad esempio, la crescita della Lega e la flessione del Movimento 5 Stelle – sbilanciata sul Centro-Nord.

Il risultato è un’Italia dominata per due terzi (Centro e Nord) dal centrodestra, che vincerebbe con più di 10 punti di margine (“SOLID”, colore blu scuro) la gran parte dei collegi. Il centrosinistra avrebbe delle chance di vincere solo in alcuni collegi della Toscana (Firenze e dintorni), in Emilia e a Bolzano. Al Sud il dominio del M5S visto il 4 marzo rimarrebbe, ma sarebbe incrinato dalla competitività del centrodestra in alcune zone: in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna troviamo almeno un collegio dove la coalizione trainata dalla Lega sarebbe in vantaggio.

Scenario 2: la “coalizione Conte” alla prova del voto

Il secondo scenario è molto diverso, ma anche questo trova ancora qualche “appiglio” nella situazione odierna. Se si torna alle urne ma senza sconfessare l’alleanza di governo che regge l’attuale esecutivo, la logica conseguenza è una coalizione Lega-Movimento 5 Stelle. Questa coalizione, come detto, oggi sfiorerebbe il 59% e otterrebbe maggioranze schiaccianti tanto alla Camera (457 seggi su 618) quanto al Senato (231 seggi su 309).

Nei collegi il dominio di una simile coalizione sarebbe pressoché totale: alla Camera sarebbero solo 6 i collegi non vinti dalla “coalizione di governo”: i due della SVP in Alto Adige e 4 vinti, peraltro con margini non troppo ampî, dal centrosinistra (PD con LeU) a Firenze e nei centri urbani di Milano e Torino.

Lega M5S Simulazione Elezioni

In questo scenario, il centrodestra “ristretto” (Forza Italia-FDI-NCI) non andrebbe oltre il 13% dei consensi e non sarebbe competitivo in alcun collegio uninominale.

Scenario 3: un fronte sovranista (e un “frontino” europeista)

Il terzo scenario è una “variazione sul tema” di quello che abbiamo appena visto. Se si dovesse tornare alle urne a causa di frizioni con l’Europa, inevitabilmente la linea di frattura sarebbe costituita dall’asse europeismo-antieuropeismo. E in tal caso sarebbe difficile non ascrivere un partito dichiaratamente sovranista come Fratelli d’Italia al fronte pro-UE. In questo caso, il fronte europeista si troverebbe costretto a coalizzarsi (PD insieme a Forza Italia), pur senza rivelarsi competitivo: si fermerebbe infatti al 25,5%.

Questo terzo scenario è interessante per vedere quali sarebbero gli equilibri – parlamentari e territoriali – di un’Italia completamente sovranista: con 490 seggi alla Camera e 282 al Senato, questa alleanza potrebbe riformare agevolmente la Costituzione.

Interessante vedere come, allargando l’alleanza, M5S e Lega si vedrebbero comunque sfuggire 6 collegi della Camera, di cui ben 3 a Milano (grazie all’apporto di FI all’alleanza col PD).

Scenario 4: Lega contro tutti?

Nel quarto e ultimo scenario che abbiamo simulato abbiamo ripreso l’ipotesi che avevamo già testato qualche mese fa: è lo scenario in cui Salvini decide di giocarsi il tutto per tutto presentandosi alle elezioni da solo, senza alleati. In questo caso, l’ipotesi è che gli schieramenti principali in campo siano 4: oltre alla Lega e al M5S, un polo di centrodestra composto da Forza Italia, Fratelli d’Italia e NCI, e un polo di centrosinistra guidato dal PD.

Questo è senza dubbio lo scenario – apparentemente – più equilibrato. Le due attuali forze di governo, infatti, farebbero comunque man bassa di collegi, lasciandone davvero pochi (in Toscana ed Emilia-Romagna e nei centri urbani maggiori) al centrosinistra e ottenendo alla fine, insieme, oltre 400 seggi alla Camera e 200 al Senato. A patto, ovviamente, di ri-comporsi nuovamente dopo le elezioni. Già, perché anche in questo caso (come avvenuto il 4 marzo) nessuno degli schieramenti pre-elettorali riuscirebbe a conquistare da solo la maggioranza dei seggi.

Il risultato sarebbe un’Italia spaccata in due in modo ancor più netto di quanto emerso alle Politiche 2018. Il vantaggio del M5S al Sud si farebbe incolmabile per chiunque, mentre la Lega in autonomia sarebbe in grado di vincere agilmente tutti i collegi del Nord e buona parte di quelli del Centro. Le uniche zone “contese” sarebbero proprio le regioni centrali, dall’Emilia-Romagna in giù.

 

(Simulazioni e mappe a cura di Matteo Cavallaro e Davide Policastro)

Salvatore Borghese

Laureato in Scienze di Governo e della comunicazione pubblica alla LUISS, diplomato alla London Summer School of Journalism e collaboratore di varie testate, tra cui «il Mattino» di Napoli e «il Fatto Quotidiano».
Cofondatore e caporedattore (fino al 2018) di YouTrend. È stato tra i soci fondatori della società di ricerca e consulenza Quorum e ha collaborato con il Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE).
Nel tempo libero (quando ce l'ha) pratica arti marziali e corre sui go-kart. Un giorno imparerà anche a cucinare come si deve.

4 commenti

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  • nè qui nè su supermedia è indicato come sono fatti tali sondaggi (su quante persone , che tipo, zona, modalità, frequenza ecc) , senza questo dati non si può comprendere sei il campione è affidabile…. per intenderci normalmente vegono fatti telefonicamente su 1000persone ongi 15gg (diverse) che corrisponde allo 0,0001% dei votanti…… Pertanto il risultato ha poca veridicità

    • Tutte le informazioni che citi sono regolarmente pubblicate, per legge, sul sito ufficiale del Dipartimento della Presidenza del Consiglio (www.sondaggipoliticoelettorali.it).
      TUTTI gli istituti che realizzano i sondaggi su cui è basata la Supermedia pubblicano puntualmente i dati completi di nota metodologica dettagliata sul suddetto sito.
      Inoltre, nella statistica esiste un concetto chiamato “rappresentatività del campione” grazie alla quale un sondaggio ha pressoché la stessa validità sia che vengano intervistate 1000 persone sia che ne vengano intervistate 100.000.
      Pertanto, i risultati hanno molta più “veridicità” di quella che credi.

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