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Russia: elezioni presidenziali 2018

Russia: elezioni presidenziali 2018

Domani, domenica 18 marzo si vota in Russia per le elezioni presidenziali, le numero sette dalla nascita della Federazione Russa. Le prime furono nel 1991 quando venne eletto Boris Yeltsin. In realtà, è quasi scontata la riconferma di Vladimir Putin, chiamato per la prima volta il 31 dicembre 1999 a succedere proprio al dimissionario Yeltsin.

 

Le ultime elezioni presidenziali, vinte da Putin con un risultato in calo rispetto agli anni precedenti (compresi quelli del suo delfino, Dmitrij Medvedev), si sono svolte nel 2012: la carica di Presidente dura infatti 6 anni.

Prima che la Costituzione fosse modificata nel 2008, quando Presidente era Medvedev, la carica durava 4 anni e c’era un limite massimo di due mandati. Ora, invece, tale limite è di due mandati consecutivi, quindi Putin può liberamente candidarsi per la quarta volta. Così, nel caso (scontato) che vinca, quando la Federazione Russa compirà 33 anni (nel 2024) solo 3 persone avranno ricoperto la carica di Presidente.

La prima presidenza di Yeltsin durò in realtà 5 anni poiché solo il 12 dicembre 1993 venne adottata – con referendum – la nuova Costituzione che rimpiazzava quella del 1978 (di stampo sovietico) e che prevedeva il mandato quadriennale (scattato così per la prima volta con le elezioni del 1996).

Per quanto riguarda la forma di governo, in Russia vige un semipresidenzialismo federale. Il sistema elettorale per l’elezione del Presidente, invece, prevede un doppio turno al quale accedono i due candidati più votati, ma solo se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta dei voti (come in Francia).

Fino a oggi, solo in un’occasione si andò al ballottaggio: nel 1996, quando l’uscente Yeltsin sconfisse il comunista Gennady Zyuganov col 54,4%. Il primo turno era stato molto combattuto, con Yeltsin che si fermò al 35,8%, 3 punti sopra Zyuganov.

Può sembrare banale sottolinearlo, ma il suffragio universale esiste dal 1936, mentre le donne possono votare già dal 1917. Inoltre hanno diritto di voto anche le persone sotto investigazione criminale; non così invece i detenuti o i cittadini interdetti da una corte.

Per essere candidati si devono poi raccogliere 105.000 firme, nel caso in cui il partito con il quale si corre sia già rappresentato nella Duma (il Parlamento nazionale) oppure 315.000 se ci si candida come indipendenti.

Il contesto politico attuale è stato segnato da tre avvenimenti da rimarcare. Il primo riguarda le recenti proteste in diverse piazze guidate da Aleksej Navalny, escluso dalle presidenziali da una condanna penale per appropriazione indebita. Tali proteste sono state rinominate “sciopero degli elettori” e si sono concluse con centinaia di arresti, tra i quali lo stesso Navalny (per ben 3 volte).

Il secondo è stata la rivelazione del nuovo missile intercontinentale RS-28 Sarmat, in grado di trasportare fino a 15 ordigni nucleari e invulnerabile ai sistemi anti-aerei, che si inserisce nel ruolo da protagonista sempre più importante che la Russia sta assumendo sul piano geopolitico. Non a caso, è stato presentato da Putin con un minaccioso “ora ci ascolterete”.

Infine, la recente espulsione da parte del Regno Unito di 23 diplomatici russi in seguito al caso dell’avvelenamento dell’ex spia russa Sergej Skripal avvenuto a Londra con il gas nervino Novichok.

Passando ai candidati, gli aspiranti presidenti saranno 8. A cominciare proprio da Vladimir Putin, che si candida come indipendente per meglio prendere le distanze dal suo partito, Russia Unita – probabilmente a causa dei bassi indici di gradimento del leader Medvedev (che è anche Primo Ministro).

Tra gli sfidanti vi è Pavel Grudinin, supportato dal Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF). È un imprenditore milionario ed è stato in Russia Unita fino al 2002. È considerato talmente morbido da venire definito “social-democratico” dai più integralisti del KPRF (del quale infatti Grudinin non fa parte).

Vladimir Zhirinovsky, del Partito Liberal-Democratico della Russia, è invece alla sesta campagna presidenziale (corre dal 1991) ed è considerato il Trump russo per il suo sciovinismo e le numerose apparizioni nei talk show.

A opporsi a Putin anche Ksenia Sobchak (con il partito Iniziativa Civica), 36enne ex star della tv dei reality show e figlia del primo sindaco di San Pietroburgo eletto democraticamente. Si è candidata per “quelli che vorrebbero votare contro tutti” a seguito delle proteste scoppiate nel 2012, con l’intento di sostenere Navalny, con il quale ha però poi rotto. Suo padre è però considerato una sorte di mentore di Putin, che tra l’altro ha accolto con entusiasmo questa candidatura definendola “ideale”.

Infine ci sono Gregory Yavlinsky (partito Yabloko), liberale e filo-occidentale; Sergei Baburin (Unione Panrussa del Popolo), conservatore che appoggia le politiche del Cremlino in politica interna ed estera; Boris Titov (Partito della Crescita), giovane e liberale che gestisce i diritti degli imprenditori russi per conto di Putin; Maxim Suraikin del Partito Comunista russo, da tenere d’occhio perché in alcuni distretti ha già superato il KPRF.

Guardando lo storico elettorale, nel 1991 le prime elezioni furono vinte da Yeltsin (indipendente) con il 58,6%, lasciandosi alle spalle il comunista Ryzhkov al 17,2%. Abbiamo già visto come andò nel 1996, nell’unica volta in cui si è andati al ballottaggio. Il 2000, poi, fu l’anno della prima vittoria di Putin, che ottenne il 52,94% dei voti al primo turno, mentre al secondo posto si piazzò Zyuganov con il 29,21%. Nel 2004, poi, Putin rivinse con 71,9% da record ed il Partito Comunista crollò al 13,8%. Avendo fatto due mandati, Putin nel 2008 sostenne Medvedev, che ottenne il 69%, mentre il Partito Comunista risalì al 17,7%, ancora con Zyuganov. Nel 2012, infine, Putin poté nuovamente candidarsi in base al nuovo dettato costituzionale. Venne così rieletto per il terzo mandato, anche se si fermò al 63,64%, con il Partito Comunista che tenne al 17,18%..

Cosa dicono allora i sondaggi ? Le rilevazioni dell’ultimo mese vedono Putin tra il 64% (FOM) e il 69% (WCIOM), seguito da Grudinin (6,5%-7,8%) e Zhirinovsky (5%-6,6%). Tutti gli altri si fermano su percentuali uguali o inferiori all’1%, ad eccezione della Sobchak, che sembra poter arrivare al 2%.

Prima della sua esclusione, Navalny non ha mai superato il 4% nelle rilevazioni: secondo l’istituto sondaggistico Levada Center, a febbraio dell’anno scorso meno della metà dei russi (47%) lo conosceva e tra di loro solo il 10% prendeva in considerazione di poterlo votare. La vera sfida per Putin è quindi fare meglio del 2012 ed avvicinarsi al record del 2004.

Ad ogni modo, questo probabilmente non sarà l’ultimo mandato di Putin: tra 12 anni, avrà 77 anni, potrà ricandidarsi per altri due mandati. L’incognita vera non è dunque chi vincerà domenica, ma chi sarà il suo successore in attesa di un suo possibile ritorno alla presidenza: Medvedev, infatti, sembra oggi in difficoltà. Nel frattempo, le attenzioni sono tutte rivolte al vero cambiamento in atto in Russia: la sua posizione geopolitica.

Alessio Ercoli

Laureato in Scienze politiche e delle relazioni internazionali all'Università della Valle d'Aosta, studente Erasmus+ presso l'Universitat de Barcelona (2015). Specializzato in analisi politica e geopolitica, appassionato di sistemi di partito e campagne elettorali. Ma anche attivista politico e campaign strategist.

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