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La nuova geografia politica dell’Italia

La nuova geografia politica dell’Italia

Almeno per quel che riguarda la distribuzione geografica dei voti, la burrascosa politica italiana negli ultimi decenni alcune certezze le aveva pur date: ora anche quelle sono venute meno.

Le elezioni del 4 marzo ci restituiscono infatti una geografia elettorale totalmente rivoluzionata. L’Italia è letteralmente divisa in due tra centrodestra e Movimento 5 Stelle, mentre le zone rosse sembrano un lontano ricordo. Per rendersene conto è sufficiente osservare le mappe dei vincitori nei collegi , che valgono più di ogni parola.

Al Nord domina la coalizione di centrodestra che nelle regioni settentrionali ottiene alla Camera il 42,6% contro un dato nazionale del 37%. Lo fa andando ben oltre i suoi tradizionali confini e spingendosi verso il Centro: nel Lazio ma soprattutto in Emilia-Romagna e Umbria, considerate – prima di domenica scorsa – inespugnabili roccaforti rosse. Una vittoria trainata dall’exploit della Lega, con vette del 32% in Veneto, per la prima volta dal 1994 alla guida della coalizione: il suo record storico del 17,4% alla Camera e del 17,6% al Senato coincide infatti con il peggior risultato della storia di Forza Italia (14% e 14,4%). Solo nei collegi meridionali il partito di Berlusconi conferma il suo primato sulla Lega.

Dalle Marche, passando per l’Abruzzo, si apre invece una marea gialla. Il M5S si conferma ampiamente il primo partito d’Italia (32,7% alla Camera e 32,2% al Senato) ma al Sud il suo è un vero e proprio trionfo. I pentastellati fanno meglio perfino di Forza Italia nel 2001 (l’anno del 61 a 0 in Sicilia), aggiudicandosi tutti i collegi della Sicilia, della Sardegna e della Puglia. Una tale egemonia nel Mezzogiorno non si vedeva dai tempi della Democrazia Cristiana.

Sembrerebbe quasi di essere tornati al bipolarismo a giudicare dalla mappa del voto, con la differenza non trascurabile che la sinistra non è più uno dei due poli. Sullo sconvolgimento della geografia elettorale italiana pesa infatti il tracollo verticale del Pd, fermo al 18,7% alla Camera e al 19,13% al Senato, ben al di sotto del 25% di Bersani del 2013. A livello regionale il centrosinistra è primo solo in Toscana. Le cosiddette “regioni rosse”, porto sicuro prima per il Pci e poi per le sue varie evoluzioni, sono scomparse.

La mappa dei vincitori nei collegi uninominali di Camera e Senato è imprescindibile per apprezzare più in dettaglio la distribuzione territoriale del voto:

Così, si può notare come anche in Toscana il Pd abbia faticato non poco ad affermarsi, perdendo nei collegi di Grosseto, Pisa, Lucca, Pistoia, Massa e Arezzo. Fanno eccezione Bolzano e il l’Alto Adige, ma solo grazie al decisivo appoggio degli autonomisti della SVP. È significativo poi che gli unici altri punti rossi sulla cartina corrispondano a Torino, Milano e Roma, ma non nella loro interezza: infatti, il centrosinistra ha vinto solo nei quartieri centrali, con la parziale anomalia di Torino Sud. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, il Pd è ovunque il terzo partito. Situazione analoga al Nord, dove il Pd riesce a imporsi come seconda forza solo in Lombardia e in Trentino.

Il vuoto lasciato dal centrosinistra viene riempito soprattutto dalla Lega, che dilaga in Toscana e clamorosamente in Umbria e in Emilia-Romagna, con consensi che vanno dal 17% a oltre il 20% . In Veneto e in Friuli-Venezia Giulia il centrodestra conquista tutti i collegi uninominali e la Lega è il primo partito, così come in Lombardia e Liguria. Al di là del dominio quasi incontrastato nel Nord, alla Camera riesce anche a strappare ai Cinque Stelle un pezzo delle Marche: non un collegio qualunque, ma proprio quello di Macerata, teatro dell’attentato di Luca Traini, dove la Lega dallo 0,6% del 2013 passa al 21%. Nel Sud, tradizionalmente importante bacino di voti per Forza Italia, restano al centrodestra solo un collegio in Campania (quello cilentano di Agropoli) e due in Calabria alla Camera. Per il Senato, invece, di azzurro è rimasta solo Reggio Calabria.

È il riflesso dello straordinario risultato del M5S che, grazie anche alla totale disfatta del Pd, sposta il proprio asse elettorale decisamente verso il Mezzogiorno. In particolare in Sicilia (che con il 67,7% è la regione con il più basso livello di partecipazione) conquistano il 48% dei consensi. Percentuali altissime anche in Campania, in cui spicca la vittoria di Roberto Fico a Napoli Ovest per l’uninominale della Camera (57,6%). Ma a parte rari casi, è in tutto il Sud che i Cinque Stelle si aggirano intorno al 40%. Il calo nella Torino di Appendino viene compensato dall’ottimo risultato nel Lazio, particolarmente nei dintorni di Roma, e nella città di Genova. Per il resto la presenza pentastellata nel Nord si limita al collegio di Collegno in Piemonte e a quello della Valle D’Aosta alla Camera (dove non capitava dal  ’68 che vincesse un partito non autonomista). È notevole tuttavia l’affermazione come primo partito sia in Piemonte che in Liguria e alle spalle della Lega in Veneto e in Friuli.

Il confronto con le scorse elezioni del 2013 dà la dimensione del cambiamento del quadro politico.

 

 

Oltre al progresso dei Cinque Stelle nei collegi meridionali, si può evidenziare il consolidarsi di alcune “zone gialle” soprattutto nelle Marche e in Abruzzo – ma lo stesso si può dire per le isole. Il centrodestra invece, rispetto al 2013, rinsalda ovunque le sue posizioni nel Nord e, nonostante l’arretramento a Sud, grazie alla Lega “nazionalizzata” di Salvini, si affaccia per la prima volta in Emilia-Romagna e in Umbria. Queste sono regioni in cui la sinistra è stata la forza maggioritaria per più di cinquant’anni: nel caso dell’Emilia-Romagna è stato così lungo il corso dell’intera storia repubblicana, fino al 4 marzo. Il crollo della sinistra si fa ancora più eclatante se si pensa alle Europee del 2014, quando il Pd con il 40% dei voti era il primo partito in tutte le regioni d’Italia.

Emanuele Monterotti

4 commenti

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  • Io propongo quanto segue:

    – cedere l’Alto Adige all’Austria
    – cedere la Valle d’Aosta alla Francia
    – istituire lo stato della Padania (capitale: Milano)
    – istituire il Gran Ducato Tosco-Emiliano (capitale: Firenze)
    – istituire lo stato Pontificio (capitale: Roma)
    – istituire il Regno delle Due Sicilie (capitale: Napoli)

    Sostanzialmente riportare la suddivisione politica dell’Italia a quella del 1818. Referendum di appartenenza nelle zone di confine.

  • Alternativa meno anacronistica:

    Lombardia
    Valle d’Aosta
    Veneto
    Friuli-Venezia Giulia
    Piemonte
    Trentino-Alto Adige
    ——————-
    Italia del Nord | Popolazione: 21.713.282 | Capitale: Milano

    Marche
    Emilia-Romagna
    Liguria
    Umbria
    Toscana
    Lazio
    ——————-
    Italia del Centro | Popolazione 18.064.542 | Capitale: Roma

    Puglia
    Sardegna
    Calabria
    Basilicata
    Molise
    Abruzzo
    Sicilia
    Campania
    ——————-
    Italia del Sud | Popolazione: 20.729.766 | Capitale: Napoli

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