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Elezioni in Olanda: la guida definitiva a un voto decisivo

Elezioni in Olanda: la guida definitiva a un voto decisivo

Domani, mercoledì 15 marzo, andrà al voto il primo dei paesi UE in questo 2017 ricco di appuntamenti. E stiamo parlando di un membro molto importante: l’Olanda è infatti uno dei 6 paesi fondatori della prima Comunità europea.

Le elezioni in Olanda sono importanti per diversi aspetti. Il paese viene da un governo di grande coalizione formato dai due maggiori partiti. I temi all’ordine del giorno sono gli stessi di molti altri paesi europei: l’economia che stenta a ripartire dopo la crisi e la questione dei migranti: il 20% dei residenti è straniero, e la metà di questi è cittadino non-UE. La perdita di consenso registrata dai partiti di governo e la parallela crescita del partito di destra euroscettico gettano una grossa incognita sul futuro governo dell’Olanda. Queste elezioni cadono nel pieno di una crisi diplomatica senza precedenti tra Olanda e Turchia. Non sembra esagerato quindi affermare che dall’esito delle elezioni in Olanda può dipendere il futuro dell’Unione Europea.

Come si vota

La Camera dei Rappresentanti olandese è eletta a suffragio universale con un sistema proporzionale praticamente puro. Per ottenere uno dei 150 seggi è sufficiente ottenere un quoziente intero, ossia meno dell’1% dei voti. Questo ha fatto sì che negli anni non si consolidasse un vero e proprio sistema bipolare, ma che in parlamento si venissero a formare coalizioni dopo le elezioni mettendo insieme partiti diversi. Da circa 30 anni è in vigore una sorta di “pentapartito”, in cui il governo è formato da una coalizione di almeno due partiti tra i cinque “governisti” (liberali, laburisti e cristiano democratici). Gli altri partiti (socialisti, verdi e nazionalisti) finora sono sempre rimasti all’opposizione.

Il ruolo del Senato

L’Olanda è un sistema in cui vige una forma di bicameralismo differenziato. Il Senato ha la metà dei seggi della Camera (75) e la sua principale funzione è quella di controllo sulla qualità della legislazione. L’elezione del Senato olandese è indiretta: ogni quattro anni si tengono le elezioni provinciali (l’Olanda è divisa in 12 province) ed entro tre mesi da queste i consiglieri provinciali eleggono – anche qui con metodo proporzionale – i senatori. Il governo non ha bisogno di avere una maggioranza in Senato per insediarsi; ciò nonostante, tutte le leggi devono essere approvate anche dal Senato, che non può apportarvi modifiche ma può respingerle. E, sebbene la consuetudine sia quella di conformarsi alle scelta della Camera (eletta direttamente dai cittadini, quindi politicamente più “forte”), per decidere la composizione dell’esecutivo si tiene conto anche della composizione del Senato. Dopo le ultime elezioni (2012) ci sono voluti ben 49 giorni di negoziazione per formare un governo, e una delle questioni spinose era proprio il mettere insieme una coalizione che avesse la maggioranza anche in Senato.

I principali partiti (e cosa dicono i sondaggi)

Vediamo quali sono i partiti in lizza: il favorito della vigilia è il Partito Liberal Democratico (VVD) guidato dal primo ministro uscente Mark Rutte. Rutte è un liberale di centrodestra, alla guida del governo dal 2010, prima in alleanza con i cristiano democratici e poi (dal 2012) con i laburisti. Recentemente i sondaggi hanno visto il VVD rimontare fino alla prima posizione, accreditandolo di un consenso che va dal 15 al 18 per cento (che vale dai 24 ai 27 seggi). Quasi certamente il VVD sarà ancora decisivo per formare un esecutivo, ma su Rutte pesano le incognite legate al recente, fortissimo scontro diplomatico con la Turchia. Se gli elettori premieranno o meno questa politica di scontro con Erdogan, è una grossa incognita.

A insidiare il VVD c’è il Partito della Libertà (PVV) di Geert Wilders. Il PVV è un partito di destra, nazionalista ed euroscettico. Il suo leader ha dichiarato senza mezzi termini di essere islamofobo, e che se il PVV vincerà le elezioni l’Olanda uscirà dall’Unione Europea. Per molto tempo i sondaggi hanno visto il PVV primo partito, ma nelle ultime settimane i suoi consensi sono calati (ad oggi è dato tra il 13 e il 16 per cento). Dal momento che il sistema elettorale è quello che è (un proporzionale puro) le possibilità che il PVV possa formare un governo conquistando 20-25 seggi sono piuttosto misere. Ma un successo elettorale di Wilders può comunque rendere più difficile la formazione di un governo per i partiti europeisti.

Come i liberali, anche i centristi cristiano-democratici del CDA sono dati in crescita. Attualmente le stime per questo partito vanno dall’11 al 14 per cento. Il CDA beneficia di una legislatura trascorsa all’opposizione del governo Rutte, a causa di un risultato elettorale deludente nel 2012. Questa volta, conquistando una ventina di seggi, potrebbe tornare al governo, dando all’Olanda un profilo più marcatamente europeista.

Anche i liberali progressisti del D66 (Democraten 66) sono stati all’opposizione per molti anni, e anche loro stavolta potrebbero rientrare in gioco: infatti, secondo i sondaggi potrebbero toccare quota 13%. Anch’essi europeisti, sono però decisamente più progressisti in tema di diritti civili rispetto ai cristiano-democratici, con cui entrare in coalizione potrebbe non essere facile.

In Olanda c’è anche la sinistra. Rappresentata in particolare da due partiti: il partito laburista (PvdA) e il partito socialista (SP). Il primo è un partito social-democratico “classico”. Dal 2012, anno in cui è giunto secondo insidiando il VVD, il PvdA è partner di minoranza del governo Rutte. Come già accaduto altrove (si pensi alla Germania), la grande coalizione con il centrodestra ha danneggiato i social-democratici, che oggi sono in affanno nei sondaggi e potrebbero doversi accontentare di un risultato di poco superiore al 7%, il peggiore della loro storia.

Diversa la situazione dei socialisti del SP, che sembrano più tonici, intorno al 10%. Ma a differenza del PvdA, il SP non è un partito a vocazione governista: è sempre stato all’opposizione, e i suoi toni richiamano quelli di un populismo di sinistra critico verso l’Unione Europea. Se il VVD si ritroverà a dover ricostruire una coalizione per formare un governo europeista, non potrà certo contare sui socialisti.

Ma un’altra sorpresa di queste elezioni potrebbe venire dai verdi di sinistra (GL, GroenLinks). Anch’essi sono dati su percentuali di tutto rispetto, addirittura ben sopra il 10%. L’incognita è rappresentata dal fatto che i verdi non hanno mai fatto parte di coalizioni di governo. Sono liberali ed europeisti, ma il rischio è che non siano abituati ai compromessi necessari per formare un esecutivo, tipici nella politica olandese. Se però otterranno un risultato di tutto rispetto, sarà difficile non tenerne conto.

Questi i partiti maggiori. Ma non è finita qui, perché vi sono tutta una serie di altri partiti medio-piccoli, che potrebbero risultare decisivi raccogliendo anche pochissimi seggi. I conservatori dell’Unione Cristiana e dei Riformatori del SGP, il partito dei pensionati (50+) e gli animalisti del PvdV sono però tutti ben poco europeisti (ciascuno a suo modo), e non sembrano i soggetti ideali per costruire solide coalizioni di governo.

Lo scenario: la (probabile) Camera e il Senato

Vediamo quale sarà lo scenario con cui l’Olanda (e l’Europa) potrebbero ritrovarsi a fare i conti a partire da giovedì mattina. Per prima cosa, vediamo che al Senato le cose non cambiano: le ultime elezioni sono state nel 2015, e le prossime si terranno nel 2019. Il nuovo governo olandese dipenderà dagli equilibri della nuova Camera: nel secondo grafico vediamo una stima dei seggi probabili, ottenuta sulla base della media degli ultimi sondaggi. Il VVD ha ben poche speranze di rinnovare la coalizione uscente con i social-democratici: i due partiti insieme si fermerebbero a meno di 40 seggi, quando ne occorrono almeno 76. Ma al partito di Rutte potrebbe non bastare nemmeno una nuova alleanza con i cristiano-democratici allargata ai progressisti di D66, perché questa alleanza non arriverebbe nemmeno a 65 seggi. Potrebbero quindi rivelarsi decisivi i verdi, che con i loro 18 seggi potrebbero “blindare” una maggioranza sì europeista ma molto eterogenea, senza un partito egemone e con non poche incognite dinanzi a sé. Ma ormai mancano poche ore al voto, e a breve le urne ci consegneranno l’esito di questa sfida…

 

Salvatore Borghese

Laureato in Scienze di Governo e della comunicazione pubblica alla LUISS, diplomato alla London Summer School of Journalism e collaboratore di varie testate, tra cui «il Mattino» di Napoli e «il Fatto Quotidiano».
Cofondatore e caporedattore (fino al 2018) di YouTrend. È stato tra i soci fondatori della società di ricerca e consulenza Quorum e ha collaborato con il Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE).
Nel tempo libero (quando ce l'ha) pratica arti marziali e corre sui go-kart. Un giorno imparerà anche a cucinare come si deve.

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