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Brexit: l’analisi socio-demografica del voto

Brexit: l’analisi socio-demografica del voto

La scorsa settimana la Camera dei Comuni si è espressa, con una larga maggioranza, in favore della Brexit. Il probabile voto favorevole da parte della Camera dei Lord, atteso per domani, permetterà al governo di Theresa May di avviare formalmente il negoziato per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, attivando il famoso articolo 50 del Trattato sul funzionamento dell’UE. Il parlamento di Westminster ha pertanto assecondato l’orientamento espresso dal corpo elettorale britannico nel referendum del 23 giugno scorso.

Il sito della BBC ha pubblicato un articolo che s’interroga sulla natura del voto popolare sulla Brexit, esaminando i dati elettorali di unità geografiche più piccole e omogenee rispetto alle 399 aree ufficiali di voto nelle quali era suddiviso il Regno Unito per questo referendum.

Se ne ricavano alcuni elementi che avvalorano le chiavi di lettura avanzate dai commentatori già nei giorni immediatamente successivi al voto. Dai dati si evince infatti che le variabili socio-demografiche che spiegano maggiormente la distribuzione dei voti tra favorevoli e contrari all’uscita dall’Unione Europea sono, in ordine decrescente d’importanza, il livello d’istruzione, l’età, e l’etnia.

In particolare, il livello d’istruzione «spiega circa i due terzi della variazione dei risultati tra diversi distretti elettorali». Nelle aree in cui la maggior parte della popolazione ha dei bassi titoli di studio il voto è stato più favorevole al Leave, mentre nelle zone con molti laureati ha prevalso il Remain. Perché? Le ipotesi principali sono due: da un lato è presumibile che i lavoratori poco qualificati si sentano minacciati dalla globalizzazione e dall’immigrazione; dall’altro lato, molte ricerche evidenziano che i non laureati hanno posizioni più conservatrici, rispetto alla popolazione generale, su alcune tematiche come il multiculturalismo e la pena di morte. Questo spiegherebbe perché gli elettori con un titolo di studio inferiore abbiano preferito il Leave in maggior misura rispetto ai laureati anche quando sia gli uni che gli altri appartenevano alla stessa classe sociale o svolgevano lo stesso lavoro.

Il grafico che segue mostra chiaramente la correlazione tra il livello d’istruzione e la preferenza per una delle due opzioni di voto: nel quadrante in alto a sinistra (pochi laureati e prevalenza del Leave) si concentra una larga parte delle 1070 aree del paese analizzate dalla BBC.

Anche l’età degli elettori è uno dei fattori che spiegano il voto alla Brexit. Gli anziani hanno preferito il Leave e i giovani il Remain, sebbene il grafico seguente evidenzi che non sono pochi i distretti con una popolazione in prevalenza under 40 ad aver sostenuto l’uscita dall’Unione Europea.

Più contraddittori i dati sulle preferenze elettorali delle minoranze etniche. In linea di massima i bianchi hanno sostenuto il Leave e le altre etnie il Remain, ma lungo l’isola si registrano interessanti casi particolari. Ci sono distretti nei quali vi è un basso livello d’istruzione e un voto favorevole al Remain: ciò si spiega col fatto che si tratta di zone ad alta concentrazione di minoranze etniche, come a Birmingham e nel quartiere londinese di Haringey. Al contrario, nel distretto di Osterley e Spring Grove ad Hounslow, un quartiere nella parte occidentale di Londra con una popolazione in maggioranza asiatica e una percentuale di laureati discretamente elevata, il Leave è stato preferito dal 63% degli elettori.

Quali indicazioni si possono trarre da quest’analisi? La componente sociale spiega, almeno in parte, l’esito del voto di giugno? Sembrerebbe di sì. Da una panoramica dei vari distretti del Regno Unito si evince che tra le roccaforti del Leave vi sono in prevalenza quartieri periferici e con residenti autoctoni, con alti livelli di povertà e disagio sociale e con bassa scolarizzazione. Specularmente, le zone con una netta affermazione del Remain sono perlopiù aree ricche, con una forte presenza di giovani (per esempio gli studenti delle università più prestigiose), o con un’integrazione riuscita tra britannici e residenti di altre etnie.

Come spiegato in precedenza, per questo referendum il territorio del Regno Unito era suddiviso in 399 aree di voto, dunque abbastanza popolose e composite dal punto di vista socio-demografico. In alcune di queste aree di voto vi erano unità geografiche (sobborghi, quartieri, perfino città) più socialmente omogenee il cui esito elettorale è stato opposto rispetto al risultato generale dell’area di voto di cui tali località facevano parte. In altre parole, nelle zone povere all’interno di aree con un voto favorevole al Remain ha molto spesso prevalso il Leave, mentre nelle zone con un minor disagio sociale all’interno di aree con un voto favorevole alla Brexit ha resistito una maggioranza pro-Remain. Costituisce una parziale eccezione la Scozia, regione europeista nella quale alcune piccole località hanno sostenuto il Leave, probabilmente un segnale di insofferenza verso le regole europee in materia di pesca.

Marco Giannatiempo

Dottore di ricerca in Politiche Pubbliche. Sostenitore della democrazia dei partiti. Salernitano di nascita e di fede calcistica.

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