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Cambiamento e indecisione: le elezioni politiche in Spagna

Cambiamento e indecisione: le elezioni politiche in Spagna

Domenica prossima più di 36 milioni di cittadini e cittadine spagnoli sono chiamati alle urne per il rinnovo delle Cortes Generales, cioè del Congresso dei Deputati e del Senato. Mai come questa volta lo scenario pre-elettorale appare denso di interrogativi: il premier uscente Mariano Rajoy del Partito Popolare (PP) tenterà di essere riconfermato, ma difficilmente avrà una maggioranza autonoma. Allo stesso modo, è improbabile che Pedro Sánchez, leader del Partito Socialista (PSOE), possa diventare Primo Ministro senza alleanze con uno o più partiti. A dominare le ultime settimane di campagna è stata invece l’ascesa di due partiti di recente formazione: i liberali centristi di Ciudadanos e la sinistra radicale di Podemos.

Il sito Electograph elabora da mesi una media dei sondaggi: nel nostro grafico vi proponiamo i dati inerenti all’ultima media mensile e all’ultima media bisettimanale.

Il PP guida la classifica, con un primato che difficilmente potrà essere insediato dal PSOE. A ciò si aggiunga che negli ultimi 14 giorni il partito che fu di Zapatero ha visto diminuire i propri consensi, vedendo il suo secondo posto insidiato da Ciudadanos, ormai vicino al 20%. Anche Podemos, grazie a una campagna elettorale martellante condotta dal leader Pablo Iglesias, ha visto crescere i propri consensi, che pur non replicando i dati dei sondaggi post Europee (quando il partito era dato attorno al 22-24%), piazzano la lista ad un rimarchevole 17,1%. A questo si aggiunga la presenza di Izquierda Unida, formazione tradizionale della sinistra spagnola, che mantiene un risultato in linea con le su storiche performance alle elezioni politiche.

Per meglio comprendere la portata rivoluzionaria di un tale possibile risultato elettorale, ecco i risultati a livello nazionale negli ultimi 15 anni:

Il tradizionale bipartitismo spagnolo (che ne faceva un modello per stabilità del sistema partitico a livello europeo) va in frantumi a partire dalle elezioni europee del 2014. A maggio dell’anno scorso infatti per la prima volta la somma fra PP e PSOE si ferma sotto il 50%, e si ha un ottimo risultato delle liste di sinistra e dei centristi dell’UPyD. Quindi i dati delle due medie (a 30 e a 14 giorni) confermerebbero lo sgretolamento del bipartitismo in Spagna, ad opera principalmente (ma non solo) della formazione dei Ciudadanos.

Questo partito, nato in Catalogna nel 2006, non ha goduto immediatamente di buona sorte nelle urne: nel 2008 si fermava allo 0,2%, per poi incassare un modesto 3,2% alle europee 2014, ed attestarsi un anno fa fra il 3 e i 5 punti percentuali nei sondaggi. L’esplosione dei consensi verso Ciudadanos si è avuta proprio nel 2015, e molto è dovuto al giovane leader Albert Rivera. Rivera, catalano, da una parte ha offerto un modello di leadership sicura, con uno sguardo moderno e proiettato verso il futuro, e dall’altra è riuscito ad rispondere a domande presenti nell’elettorato spagnolo di orientamento centrista o conservatore. In estrema sintesi, la piattaforma programmatica di Ciudadanos infatti si connota da una parte in favore dell’unità della Spagna (in particolare contro il nazionalismo catalano) e della libertà di impresa, dall’altra in favore della trasparenza e della lotta alla corruzione. Il 13 dicembre scorso, secondo il barometro di Metroscopia, Rivera riscontrava un tasso di approvazione al 52%, primo fra i leader politici spagnoli (Sánchez al 36, Iglesias al 35, Rajoy al 32). In particolare, il 75% degli elettori di Ciudadanos ha fiducia in Rivera, mentre il dato si ferma al 65% per Sánchez fra gli elettori PSOE. Ciudadanos risulta anche il partito meno “odiato”: solo il 10% degli elettori lo indica come la lista che non voterebbe in nessun caso.

Un altro dato che ci conferma la crescita impetuosa di Ciudadanos è la scomposizione dell’intenzione diretta di voto (quindi considerando anche gli indecisi, chi non sa rispondere e chi voterebbe scheda bianca o nulla) per sesso e per classi di età.

Si nota come Ciudadanos riscontri particolare successo negli under 55, mentre al contrario il PP si mantiene in testa fra gli uomini più anziani. Anche Podemos registra un risultato particolarmente buono (21%) fra gli under 35, mentre riesce ad arrivare secondo anche nella classe 55-64 anni. Chi soffre maggiormente è il PSOE, che non riesce a sfondare il 20% neanche nella classe di età ad esso più favorevole.

Le donne spagnole si connotano come leggermente più fedeli al PSOE rispetto agli uomini, mentre Podemos si trova più in difficoltà. Il Partito Popolare mantiene un forte vantaggio nella componente più anziana della popolazione femminile, confermando un trend storico. Si noti anche come per tutte le classi di età complessivamente le donne siano intenzionate a partecipare di meno al voto rispetto agli uomini (solo il 50% delle elettrici giovani indica un’intenzione chiara di voto).

Tuttavia per capire chi vincerà le elezioni non basta concentrarsi sulla popolarità di partiti o candidati, ma dobbiamo esaminare il sistema elettorale e i futuri numeri in Parlamento. Sono 1286 le candidature a queste elezioni, rispettivamente 606 per il Congresso e 680 per il Senato (1). Ci concentreremo solo sul primo, visto che la camera alta spagnola non ha potere di veto sulla legislazione, non vota la fiducia al governo ed è eletta direttamente solo in parte. Le candidature per il Congresso avvengono su base provinciale, tramite liste bloccate. L’assegnazione dei seggi è sempre su base provinciale, con sistema proporzionale e soglia di sbarramento al 3%. Il fatto che la dimensione media delle circoscrizioni provinciali sia di 6-8 seggi rende la soglia di sbarramento implicita molto più alta (2). Questo ha portato fino ad ora ad un sistema proporzionale razionalizzato, cioè con una bassa frammentazione partitica e due partiti principali, sovra-rappresentati, che si sono alternati al governo. Sarà così anche il 20 dicembre? Viste le intenzioni di voto decisamente no, e Kiko Llaneras per El Español ha elaborato un modello statistico di previsione del risultato (3).

Grazie al suo solido primo posto, il PP conquisterebbe 119 seggi, ma sarebbero ben 76 in meno della scorsa tornata elettorale. Anche il PSOE sarebbe in ritirata, perdendo 28 seggi rispetto al 2011. Come possiamo vedere, Ciudadanos avrebbe una sessantina di deputati, mentre Podemos una quarantina. Per la propria posizione centrale e per il cospicuo numero di seggi, Ciudadanos è indicato come possibile king maker delle elezioni 2015. Tuttavia questo è vero solo nel caso in cui decidesse di allearsi con il PP (scenario che vedrebbe una maggioranza PP-Cs con probabilità del 76%, secondo El Español). Infatti una maggioranza PSOE-Ciudadanos appare poco probabile: solo il 4% dei casi hanno questo esito, nelle 15.000 simulazioni effettuate dal modello elettorale. D’altro canto, una maggioranza allargata PSOE-CiudadanosPodemos è altamente probabile (91%) ma è del tutto complicata a livello politico, essendo difficile immaginare un alleanza fra Rivera e Iglesias.

Scomponendo il voto nazionale a livello provinciale, ecco la mappa politica della Spagna. Le province sono state attribuite sulla base del modello El Español ed integrate con sondaggi su base circoscrizionale per Andalusia, Canarie, Catalogna e Galizia. A sinistra la mappa che indica il primo partito, a destra il partito che arriva secondo (4).

Spagna partiti per province

Il PP si conferma primo partito ovunque tranne che in Andalusia (tradizionale roccaforte del PSOE), in Catalogna (dove in due province vincerebbero gli indipendentisti, mentre a Barcellona e Tarragona la lista locale di PodemosEn Comù Podem”) e nei Paesi Baschi. Molto più composita ed incerta la mappa per i secondi posti, che vede il PSOE come principale alternativa al PP in molte province del centro-sud e nelle Asturie, mentre Ciudadanos arriverebbe secondo a Madrid, in molte zone della Castiglia e della Comunità Valenciana. Podemos si giocherebbe il secondo posto in Galizia, mentre il PP dovrebbe arrivare secondo nell’Andalusia.

Tuttavia molto può ancora cambiare, essendo i partiti separati da pochi punti percentuali, sia a livello nazionale che provinciale. A novembre il 41,6% degli spagnoli non aveva deciso cosa votare, la percentuale più alta della storia democratica del paese (sondaggio CIS), mentre a fine novembre fra quelli intenzionati a votare gli indecisi erano ancora il 25% (Metroscopia). Questo rende particolarmente fluide le intenzioni di voto, e la mancanza di uno storico dei sondaggi su 4 partiti rende ancora più complessa la previsione. L’alta affluenza – fra il 75 e l’80% – potrebbe complicare ulteriormente il quadro. Insomma, elezioni molto indecise, con un partito avvantaggiato (PP), tre partiti a poca distanza l’un l’altro (PSOE, Cs, Podemos) e zero certezze sugli scenari post voto.

 

(1) Fra i partiti in lizza troviamo anche i curiosi Nosotros y tù (che preso da furia iconoclasta vorrebbe abolire i consiglieri delle Comunità Autonome, il Senato, le province e la Corte Costituzionale) o Muerte al Sistema (partito anticapitalista)

(2) In sostanza la soglia di sbarramento legale scatta solo nelle circoscrizioni provinciali di Madrid (36 seggi) e Barcellona (31 seggi).

(3) Tale stima è fatta su una media ponderata dei sondaggi, e vede il PP al 27,5%, PSOE 21, Cs 20, Podemos 16, IU 4,1. Nei regionalisti di centrodestra abbiamo inserito la catalana Democrazia e Libertà (CDC+DC) e il PNV basco. Nei regionalisti di sinistra c’è la ERC catalana e la Bildu basca.

(4) Chi arriva secondo è rilevante per l’attribuzione in seggi: a fronte di una percentuale simile a livello nazionale, nella distribuzione dei seggi risulta penalizzante arrivare terzi in molte circoscrizioni. Per i colori: azzurro = PP, rosso = PSOE, arancione = Cs, viola = Podemos e alleati, verde = PNV, blu = DL, giallo = ERC.

Andrea Piazza

Laureato in Politica, Amministrazione e Organizzazione all'Università di Bologna, lavora al servizio Affari Istituzionali dell'Unione della Romagna Faentina. Si interessa di sistemi partitici e riordino territoriale. Ha una grave dipendenza da cappelletti al ragù.

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