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Malaysia: come perdere col 50,1% dei voti

Malaysia: come perdere col 50,1% dei voti

Alle elezioni Malaysiane del 5 Maggio il Barisan Nasional (Fronte Nazionale) ha perso per la prima volta dal 1974 la maggioranza assoluta dei voti popolari, scendendo al 46,6%. Il Fronte, guidato dal Primo Ministro uscente Najib Razak, è però riuscito a beffare le opposizioni del Pakatan Rakyat (Alleanza del Popolo) che, pur ottenendo il 50,1% dei voti hanno conquistato solo 89 seggi su 244 alla Camera dei Rappresentanti, lasciandone 133 al Fronte. I nazionalisti hanno ottenuto questo risultato grazie ad una legge elettorale che assegna il numero dei parlamentari eletti in un determinato stato in maniera non proporzionale alla popolazione. Per esempio, nello stato del Sarawak (2,4 milioni di abitanti) ha ottenuto 25 dei 31 seggi disponibili, mentre nello stato del Selangor (con una popolazione di 5,4 milioni di persone) ha ottenuto solo 5 seggi su 23.

comizio barisanLa coalizione del Fronte Nazionale ha tradizionalmente dominato la politica malaysiana ma è in realtà molto frammentata al suo interno: al partito liberal-islamista United Malays National Organization si affiancano due importanti partiti etnici, che rappresentano indiani e cinesi (Malaysian Chinese Association, MAC), più una serie di partiti minori divisi sia per ideologia che per base etnico-geografica. Nonostante questo, il Fronte ha guidato il paese dagli anni ’60 distanziando i propri oppositori di decine di punti percentuali.

Questo almeno fino alle elezioni del 2008, quando il Barisan è sceso ad “appena” il 50,27%, senza ottenere la maggioranza dei due terzi dei seggi necessaria per modificare la Costituzione. Per la prima volta nel 2008 le opposizioni si sono riunite nell’Alleanza. Una coalizione, per la verità, eterogenea quanto gli avversari del Fronte. L’Alleanza raggruppa, infatti, i liberal-democratici del Democratic Action Party (DAP), i social-democratici del People’s Justice Party e dal Pan Malaysian Islamic Party, favorevoli all’applicazione della Shar’ia per i cittadini islamici.

L’Alleanza ha comunque trovato dei punti comuni sulla richiesta di maggiore protezione sociale, di una gestione dell’immigrazione diversa rispetto a quella giudicata settaria dei partiti etnici del Fronte e di moralizzazione della politica. Alle elezioni del 5 Maggio l’Alleanza sperava di riuscire a compiere il passaggio definitivo verso il governo, contando sugli scandali che hanno colpito il Fronte (dalle più “classiche” tangenti alla diffusione di video erotici), sulla defezione di alcuni partiti minori dalla coalizione conservatrice e sul cambiamento massiccio del voto delle comunità di immigrati, specialmente quella cinese che rappresenta poco meno del 23% dei 28 milioni di malesi. Una comunità che dopo aver votato massicciamente per il Fronte, che in cambio aveva garantito una politica di acquisizione facile della cittadinanza, ora si sente discriminata nella sua vocazione imprenditoriale dalle politiche di discriminazione, a favore degli “etnicamente malesi”, della Nuova Politica Economica attuata dagli anni ’90. Dal 2004 a oggi la MAC è passata dal 15,5% all’8% dei voti mentre nello stesso periodo il DAP, composto principalmente da cinesi, è passato dal 9,9% al 15,47%.

Nonostante tutto questo, il Fronte è riuscito a garantirsi una maggioranza parlamentare abbastanza solida, ma ancora una volta insufficiente per le riforme costituzionali. Inoltre, pur penalizzata dalla legge elettorale, l’opposizione è riuscita a vincere nello stato di Selangor, il più popoloso e il più sviluppato economicamente, dove ha sede un importante distretto dell’auto in cui sono presenti sia aziende locali sia i grandi marchi internazionali come Toyota, Volkswagen, Porsche e altri.

Najib Razak è quindi vincitore ma in posizione debole e non è detto che arrivi a guidare il governo. Sulla sua strada dovrà affrontare sia l’opposizione, che denuncia brogli e promette ricorsi, sia i propri alleati, che potrebbero decidere di silurarlo come già fecero nel 2008 in seguito all’arretramento elettorale, sostituendo l’allora leader Abdullah Ahmad Badawi con lo stesso Najib Razak.

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