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Gli elettori USA sempre più polarizzati

Gli elettori USA sempre più polarizzati

Obama ha vinto: questo è il messaggio che ha attraversato il mondo la notte tra il 6 e il 7 novembre. Ma a uno sguardo più attento vediamo che ha vinto con un margine decisamente inferiore rispetto al 2008: il 2,8%, contro il 7,2% del 2008. Obama ha avuto il 50,6% contro il 47,8% di Romney, mentre nel 2008 aveva ottenuto il 52,9% contro il 45,9% di McCain. È un risultato di tipo “europeo”, ovvero con il governante uscente che si conferma con un risultato inferiore perchè, nonostante abbia deluso alcuni elettori, ha recuperato infine quelli necessari a strappare una nuova vittoria, mentre finora negli USA il presidente “incumbent” aveva sempre perso oppure vinto ma con un vantaggio maggiore, sull’onda del successo della propria presidenza. Inoltre, come da noi in Europa, man mano si è affermata una stabilità territoriale: sempre meno Stati passano da una parte all’altra. Questa volta sono stati solo 2, un record negativo, soprattutto nei casi di presidente uscente candidato, mentre un tempo vi erano vere e propri rovesciamenti di fronte da una elezione all’altra, dovuti anche al fattore “home state” ovvero lo Stato di provenienza del candidato: ormai dai tempi di Bush junior questo fenomeno è sempre meno rilevante.

Vogliamo tuttavia osservare più da vicino chi ha votato Obama e chi Romeny. Ormai da qualche elezione è chiaro come in USA, come altrove:

–  i democratici basano il proprio consenso su minoranze etniche, giovani, donne, residenti nelle aree urbane, i più poveri, chi ha un livello di istruzione bassa oppure altissima (postgraduate), poco o per nulla religiosi. In realtà questo elettorato è a sua volta composto da realtà diverse che convergono al momento del voto perchè convivono bianchi ad alto reddito, progressisti e molto istruiti (gli studenti universitari per esempio) e le minoranze di neri e ispanici con basso reddito, magari più conservatori sui temi etici ma che votano in base alla protezione che Obama e i democratici possono dare alla lor posizione di minoranza etnica e di svantaggio economico; senza contare la classe operaia bianca, un tempo molto diffusa e ora rilevante ancora nel midwest tra Michigan, Ohio e Pennsylvania.

– i repubblicani classicamente sono il partito di riferimento di bianchi, residenti di sobborghi, piccoli centri o aree rurali (dove raggiungono maggioranze bulgare), conservatori sui temi sociali, con un reddito più elevato, istruzione media, coppie sposate, più anziani; e coniugano anch’essi tipologie diverse di elettori, ovvero sia bianchi istruiti (imprenditori, liberi professionisti) e dal reddito elevato, a favore della più ampia libertà economica, residenti nei centri urbani e solo moderatamente conservatori sui temi etici, sia elettorato bianco di reddito e istruzione inferiore, di provincia, timoroso dell’immigrazione, molto religioso, avverso alle grandi corporation e a Washington.

Ebbene, negli anni e in particolare in queste elezioni quasi tutte queste tendenze sono andate approfondendosi e radicalizzandosi. Vediamo questi trend dai vari punti di vista:

Geografico: ovvero, come già detto, solo 2 stati hanno cambiato colore, Indiana e North Carolina; inoltre quelli con uno swing maggiore sono quelli che già erano certi per un candidato, in particolare Romney. Nel seguente grafico si osserva bene:

Con poche rilevanti eccezioni (come l’Illinois dove probabilmente nel 2008 c’era stato un surge di Obama, originario di Chicago, un dato molto emozionale e poi rientrato), sono gli stati repubblicani dell’Ovest quelli dove il GOP aumenta di più i voti, più di tutti lo Utah, stato mormone che ha regalato al mormone Romney un 10% in più. Analoga all’Illinois l’eccezione repubblicana che vede un forte calo in Alaska, dovuto all’assenza della candidata VP Sarah Palin, che aveva trascinato nel 2008.

Se esaminiamo gli stati in bilico (in grassetto) vediamo che sono stati quasi tutti negli swing minori alla media, e minori degli swing che sarebbero stati necessari (pallino vuoto) per far vincere a Romney quegli Stati.

Nel grafico seguente vediamo come l’abilità di Obama sia stata, oltre che nel limitare lo swing a sfavore a livello nazionale, anche nel limitare soprattutto quello degli Stati in bilico:

Ci sono stati una sfilza di Stati che rimangono sulla soglia del passaggio ai repubblicani, ovvero quella di uno swing negativo per Obama tale da fargli perdere il vantaggio, anche quando nel caso di Virginia, Florida e Ohio bastava poco. Vi è quindi una polarizzazione territoriale con Stati rossi (repubblicani) che diventano più rossi apportando uno swing sostanzialmente inutile per Romney, e altri già blu (democratici) che rimangono blu con uno swing minore della media, e quindi un trend democratico positivo. Da notare un’interessante inversione di tendenza nel Sud, dove lo swing repubblicano è inferiore alla media o negativo in Abama e Mississipi, ma in generale aumenta la distanza tra Stati rossi e blu, e il Paese si spacca ulteriormente. Nel seguente grafico per completezza si osserva il trend, ovvero la variazione rispetto allo swing nazionale, in questo caso per i democratici, che conferma quanto detto sopra:

Genere: il gap si allarga, gli USA già rappresentavano un record a livello internazionale per la differenza nelle tendenze di voto tra uomini e donne, ma ora il divario è ancora aumentato: per il New York Times il divario è passato dal 12% (+1% Obama tra gli uomini e + 13% tra le donne) nel 2008 al 18% (+ 7% Romeny tra gli uomini e +11% Obama tra le donne), per Gallup dal 12% addirittura al 20%, un massimo storico, come si vede nel grafico di seguito:

Il New York Times fornisce sondaggi variegati sulle determinanti del voto, e si evince come Romney abbia sfondato tra gli uomini, ovvero tra chi già era più vicino ai repubblicani, ma non tra le donne, e non può non stupire che, laddove la campagna è stata più infuocata (negli stati in bilico di Florida, Ohio e Virginia) addirittura questa tendenza è massima. In Florida per il NYT si passa da un gap dell’1% al 13%, con il voto maschile che ha uno swing di ben il 10% a favore di Romeny e quello femminile del 2% a favore di Obama, mentre a livello nazionale, seppur di poco, anche le donne si sono spostate verso Romney. In Ohio il gap va dal 5% al 18% con Romney che aumenta del 10% tra gli uomini e Obama del 3% tra le donne, che già lo favorivano. In Virginia infine il gap passa dal 3% al 13%, con gli uomini che aumentano il sostegno ai repubblicani dell’8% e le donne che aumentano verso i democratici del 2%. Gli analisti dovranno capire come proprio in questi Stati bombardati di messaggi l’effetto sia stato opposto, e non è da escludere che il focus sul lavoro e sull’economia di Romney abbia pagato per gli uomini e quello sulla sicurezza sociale e sulla sanità per tutti di Obama abbia avuto successo tra le donne. Quindi anche qui un partito repubblicano sempre più maschile e un partito democratico a trend sempre più femminile, per una divisione di genere in aumento.

Etnia: Obama era già nel 2008 il primo presidente a vincere pur perdendo tra i bianchi, ora il gap è aumentato: tra i bianchi perde del 20% rispetto al 12% del 2008, con uno swing dell’8% (+4% per Romney, -4% per Obama) contro un +2,8% di media, e ora rappresenta solo il 39% dei bianchi non ispanici. Tra i neri il rapporto è incommensurabilmente a favore di Obama, che ha il 93% (nel 2008 era il 95%). Ma è tra gli ispanici, sempre più importanti demograficamente, che Obama aumenta i suoi voti e Romney riduce quelli repubblicani: Obama ottiene, sempre per il New York Times, il 71% contro il 67% del 2008, in controtendenza rispetto al calo nazionale medio, e questo contribuisce in maniera importante alla sua vittoria, come vediamo dal dato della Florida ben illustrato nella seguente infografica:

Analogamente, Obama aumenta il proprio vantaggio tra gli asiatici, anch’essi in crescita demografica, passando dal 62% al 73%. Paradossalmente, pare, in base agli stessi exit polls, che non sia stato negli stati in bilico che il voto democratico ispanico è cresciuto di più; anzi, se in Ohio è addirittura calato dell’8%, in Florida (come abbiamo visto) è salito solo del 3%, e in Virginia è rimasto sostanzialmente stabile; solo in Colorado c’è stato un netto aumento del 14%. In questi stati quindi è evidente che è stato più il voto delle donne, soprattutto bianche, ad avere determinato la stabilità elettorale tra le file democratiche, del resto Obama si è guardato bene dal fare propaganda “razziale” ma ha puntato su donne e persone a basso reddito: che poi in queste categorie le minoranza siano sovra-rappresentate è un dato di fatto.

In ogni caso, anche qui si ha una accentuazione di tendenze già spiccate e un allargamento anche del divario di comportamento elettorale tra le etnie degli USA, che nell’ultimo decennio si è accentuato enormemente. Si guardi il seguente prospetto apparso sul settimanale liberalThe new Republic”, che riporta contee quasi esclusivamente bianche del Sud e degli Appalachi, in cui si fa un confronto con il 2004 e si vede come il voto bianco democratico sia molto diminuito, e ciò nonostante Obama abbia avuto più voti di Kerry.

Certamente Obama e i democratici hanno perso, forse definitivamente, il voto degli elettori democratici tradizionali, bianchi e residenti nei piccoli centri e nelle aree rurali del Sud; ma New Republic fa invece notare che rispetto al 2004 i democratici hanno guadagnato più voti – rispetto al divario Kerry-Obama – in Stati bianchi del Nord come il Montana o il Maine; ma in realtà vediamo che rispetto al 2008 il voto bianco democratico è diminuito anche qui, e persino nello Stato di New York per il New York Times il voto bianco è esattamente diviso a metà tra Romney e Obama e vale per Romney aumenti del 6-7% in California, Pennsylvania, New Jersey, stati decisamente democratici, come vediamo anche dalla seguente infografica sul voto bianco:

Se al Sud c’è stato un aumento del voto bianco repubblicano più moderato, questo è stato massiccio proprio in alcuni Stati del midwest e dell’Ovest più colpiti dalla crisi, come vediamo nelle seguenti mappe e grafici:


Sia nella mappa che nella tabella si parla solo di voto bianco, in base agli exit polls ed in blu man mano più scuro sono gli Stati con uno spostamento del voto bianco progressivamente maggiore verso i repubblicani.

Come sottolineato in precedenza, questo spostamento del voto bianco è in massima parte maschile, con il voto femminile anche bianco che ha resistito al richiamo di Romney. Di seguito l’esempio di alcuni exit polls dell’Ohio:

White Men:

2008  Obama 45%            McCain 53%
2012  Obama 36% (-9)     Romney 63%  (+10)

White Women

2008 Obama  47%            McCain  52%
2012 Obama  46% (-1)     Romney 53%  (+1)

Stato di appartenenza, etnia e genere erano i campi in cui maggiormente si possono osservare le accentuazioni dei divarî, ma questi sono riscontrabili, seppure in misura minore, anche in altri campi:

Grandezza dei centri abitati: tradizionalmente i repubblicani sono stati più forti, negli ultimi decenni, nei piccoli centri, quindi nelle aree rurali e nei sobborghi residenziali delle grandi città, mentre i democratici nelle città medio-grandi. Ebbene, c’è stata una leggera accentuazione di questa tendenza, con Romney che aumenta i voti repubblicani del 3% nei piccoli centri (in cui già erano maggioranza) dal 53% al 56% (fonte: New York Times) contro un aumento medio nazionale inferiore al 2%, e di solo l’1% nelle città medio-grandi – per esempio perdendo voti a New York City, dove già i repubblicani erano ai minimi.

Stato civile: Sempre per il New York Times, il divario già enorme tra il voto di sposati e non sposati si allarga dal 37% del 2008 (+ 32% per Obama i non sposati e +5% per McCain gli sposati) al 41% di oggi, con Obama che ha un vantaggio minore ma consistente del 27% tra i non sposati e Romney che raggiunge il +14% tra gli sposati. È una diversità che colpisce tanto più in quanto il gap dovuto all’età è invece diminuito, ovvero Obama ha perso più voti della media tra i giovani nella fascia 18-29 anni, ben il 6% (pur rimanendo maggioritario), quindi questo gap tra sposati e non è dovuto, più che all’età, ad una diversità di voto tra chi ha stili di vita e contesto familiare diverso, più o meno tradizionalista: per esempio, anche tra persone coetanee tra chi è single o convive e chi no, tra chi è etero e chi gay; infatti è interessante notare che il New York Times ha effettuato un exit poll anche in base all’orientamento sessuale e tra i gay Obama vincerebbe 76% a 22% mentre tra gli etero i due candidati sarebbero pari al 49%.

In controtendenza, come già detto, vi è il fattore anagrafico per cui Obama perde il 6% tra i 18-29 enni, dove era (e rimane) largamente maggioritario, e solo l’1% tra gli ultra 65enni, tra cui era nettamente in minoranza, e ha invece la performance migliore, rimanendo stabile, tra i 30-54enni, del resto rispetto alla campagna pop e tutta volta a una rivoluzione pacifica e al sogno del 2008 ora è stato il momento della sicurezza sociale, dell’inclusione, del dare tranquillità, valori poco idealisti e più consoni a coloro (soprattutto le donne) che devono avere a che fare con l’inizio e la ricerca di un lavoro o con la scelta dell’assicurazione sanitaria più che con studenti di un college.

E tuttavia, se guardiamo ai singoli Stati, proprio negli Stati decisivi (come Florida, Virginia, Ohio) dove la campagna è stata più infuocata e si è in parte riprodotto quello scontro anche ideologico e passionale del 2008, il voto giovanile è diventato più democratico, al contrario del dato nazionale, almeno secondo la seguente infografica sul voto giovanile (fonte: New York Times)

Anche nel reddito abbiamo un andamento simile a quello dell’età, nel senso che Obama peggiora leggermente nella fascia più povera sotto i 30 mila $, seguendo la media nazionale, ma migliora del 2% (mentre nella popolazione totale perde il 2,3%) nella fascia medio-bassa, tra i 30 mila e i 50 mila dollari, quella in cui possiamo immaginare stiano adulti single, soprattutto donne, e perde proporzionalmente più tra i medio-ricchi (-4% tra i 50 mila e i 100 mila $) che tra i ricchissimi (oltre i 100 mila $). Quindi anche qui vediamo una accentuazione dei divari ma limitatamente alla fascia media e non alle estreme.

Nel complesso le elezioni vanno nella direzione di una maggiore divisione, a prescindere dalle considerazioni su chi è destinato a prevalere più spesso in futuro in base alle dinamiche etnico-demografiche (elettori sempre più ispanici, urbani, secolarizzati), ovvero i democratici. Si tratta di distanze che spesso superano quelle presenti a livello europeo, che spesso più che altro sono così accentuate a livello geografico (aree di sinistra e di destra) ma meno a livello sociale e soprattutto vi è la componente etnica che è un unicum in Occidente (il Brasile ha mostrato qualcosa del genere e per questo andrà seguito in futuro), e sarà interessante osservare quanto la coesione patriottica tipicamente statunitense, il sentirsi americani prima che ogni altra cosa saprà disinnescare eventuali tensioni provenienti da queste crescenti divisioni.

 

Gianni Balduzzi

Classe 1979, pavese, consulente e laureato in economia, cattolico-liberale, appassionato di politica ed elezioni, affascinato dalla geografia, dai viaggi per il mondo, da sempre alla ricerca di mappe elettorali e analisi statistiche, ha curato la grande mappa elettorale dell'italia di YouTrend, e scrive di elezioni, statistiche elettorali, economia.

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